Enciclopedia giuridica del praticante

 

Le prove civili

Lezione I: Scienza privata del giudice – Fatti notori – Prova legale.

Disc.- Che cos'é la prova ?

Doc.- E' un fatto ( factum probans )  la cui esistenza rende probabile quella di un altro fatto ( factum probandum ) : il fatto che Caio abbia testimoniato che Sempronio guidava senza tenere la destra é prova ( prova classificata dagli Studiosi  come “prova diretta” ) da cui il giudice può  inferire  che probabilmente Sempronio ebbe a violare il “codice della strada”; il fatto che Sempronio abbia dormito in casa di Carmela é prova ( prova classificata dagli Studiosi come “prova indiretta” ) da cui il giudice può inferire che probabilmente Carmela commise adulterio.

 Disc.- E il giudice accoglierà o respingerà la domanda dell'attore in base a fatti ( le prove ) che rendono solo probabili i fatti rilevanti per la sua decisione ?

Doc.- Sì, la certezza non est de hoc mundo e tanto meno delle aule giudiziarie.

 Disc.- Ma se il fatto A cade sotto i sensi del giudice ( metti, questi si trova sul luogo dell'incidente e può vedere l'auto di Sempronio che, non tenendo la destra, arrota Carmeòa ) ? in tal caso non può il giudice dirsi certo che Sempronio ha violato il codice della strada ?

Doc. A rigore neanche in tal caso il giudice potrebbe dirsi certo del factum probandum ( forse che i sensi non avrebbero potuto tradirlo ?! ). Chiaro però che in tal caso egli avrebbe il massimo di certezza sull'esistenza del factum probandum.

 Disc.- Quindi in tal caso il giudice, anche in mancanza di prove portate dalle parti, potrebbe, in base alla sua scienza privata, ritenere l'esistenza del factum probandum.

Doc.- Assolutamente, no : il divieto per il giudice di far uso della sua scienza privata é uno dei fondamentali principi del nostro diritto processuale.

 Disc. -  Sarà, ma a me sembra un principio assurdo.

Doc.- Al contrario é giustificato da varie e ottime ragioni. La prima é che le parti hanno diritto di conoscere gli elementi di fatto su cui il giudice può essere portato a fondare la sua decisione.

 Disc.- Perché ?

Doc.- Perché solo conoscendo tali elementi le parti potranno discuterne la rilevanza giuridica. Mi spiego meglio, riferendomi all'esempio prima introdotto : il giudice,  in base a quel che i suoi occhi gli hanno detto , condanna Sempronio al risarcimento dei danni : perché ciò sarebbe ingiusto e lesivo dei diritti della difesa del convenuto ? Perché il difensore di questi – che avendo l'attore portato zero prove della colpa del convenuto aveva spese zero parole in difesa di questi – se mai avesse saputo che il giudice con i suoi occhi aveva visto il convenuto non tenere la destra, si sarebbe comportato in maniera ben diversa?

 Disc.- E come ? che avrebbe potuto contrapporre a una prova così irrefutabile come quella data dalla diretta conoscenza dei fatti da parte del giudice ?

Doc.- Avrebbe, metti,  potuto sostenere che, se era pur vero che il convenuto teneva la sinistra, la domanda dell'attore doveva lo stesso essere respinta per mancanza del nesso di causalità ( perché ? metti perché l'incidente si sarebbe verificato lo stesso anche se il convenuto avesse tenuta la destra ).

 Disc.- Se é questo l'inconveniente – voglio dire, l'inconveniente che comporterebbe l'utilizzazione della scienza privata del giudice – facile sarebbe trovargli il rimedio : si permette, sì, al giudice di attingere alla conoscenza diretta che abbia dei fatti di causa, ma solo dopo averla comunicata alle parti : prima che queste decadano dal potere di dedurre delle prove, il giudice dichiara: “io, di persona, ho visto questo e quest'altro”.

Doc.- Certo, in tal caso l'inconveniente prima denunciato, più non sussisterebbe, però ne sorgerebbero altri.

 Disc.- Quali ?

Doc.-  Primo inconveniente : si verrebbero a cumulare nella stessa persona le funzioni di giudice e di teste; dato che, é chiaro, non si potrebbe negare alle parti il diritto di porre delle domande al giudice, se non altro per saggiare l'attendibilità del suo dictum (“ a che distanza dal luogo dell'incidente era, quando vide?”....).
Secondo inconveniente: il giudice, facendo una dichiarazione inevitabilmente favorevole a questa o a quella parte, perderebbe quella “imparzialità”, che invece deve essere il suo principale attributo.

 Disc. Ma quanto tu hai detto ha un riscontro nel diritto positivo ?

Doc.- Sì, ce l'ha: Che il giudice non possa porre a base della sua decisione la propria, personale conoscenza dei fatti, che non abbia manifestata alle parti, risulta dall'incipit del secondo comma dell'art. 111 Cost. : “ Ogni processo si svolge nel contraddittorio ecc.”.
Che il giudice non possa indossare le vesti del testimone, risulta, ancora dal secondo comma art.111, là dove recita:  “ Ogni processo si svolge.....davanti a giudice terzo e imparziale”. 
Che in genere il giudice non possa porre a base della sua decisione la sua personale scienza dei fatti, risulta pure dall'art. 115 del codice, che recita: “ ( Salvi i casi previsti dalla legge) il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti e dal pubblico ministero”.

 Disc.- Dunque vi é nel nostro Ordinamento il divieto di utilizzare la scienza privata del giudice. Ma tale divieto non ha delle eccezioni ?

Doc.- Sì, e la principale di tali eccezioni é data dai cc.dd. fatti notori e dalle cc.dd. massime d'esperienza: quelli e queste possono essere posti a base di una sentenza senza bisogno di prova e solo in quanto dal giudice conosciuti. Tale eccezione é prevista nel secondo comma dell'articolo 115, che recita : “ Il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza”.

 Disc.- Su che cosa si fonda tale eccezione ?

Doc.- Si fonda sul principio di economia processuale : i costi e i tempi già pesanti dei nostri processi aumenterebbero a dismisura se il giudice dovesse porre sul tappeto processuale un fatto o una massima d'esperienza ( sia pure solo per domandare alle parti se ritengono di contestare, di tale fatto, la esistenza, e , di tale massima, la fondatezza ) anche quando può dare per scontato che nessuna parte penserebbe di contestare l'esistenza di tale fatto o la  fondatezza di tale massima.

 Disc.- Dato che se una parte contestasse...

Doc.- In tal caso é ovvio la “nozione di fatto” non potrebbe più dirsi rientrare nella “comune esperienza”.

 Disc.- Un esempio di fatto notorio.

Doc.- Pensa all'esistenza di una grave crisi edilizia nei tempi ( brutti ) in cui viviamo; pensa all'esistenza di una persistente svalutazione della moneta e, quindi, di un persistente fenomeno inflattivo.
Quelli ora menzionati sono senza dubbio fatti di “comune esperienza”. Va però detto che la nostra Corte Suprema, nell'ansia di ottenere una semplificazione e un acceleramento dell'attività processuale, finisce per ritenere di “comune esperienza” anche fatti che a rigore tali non possono dirsi. E così, ad esempio, ritiene “notori” gli indici ISTAT : il giudice può calcolare la svalutazione di una somma in base a tali indici anche se nessuna delle parti ha prodotto in giudizio le “tabelle” che, tali indici, riportano.

 Disc.- Fai ora qualche esempio di massima d'esperienza ( di comune conoscenza ).

Doc.- La massima che dice che il fumo delle sigarette provoca il cancro ; la massima che dice che lo spazio di frenatura di un veicolo che va a sessanta chilometri é X.

 Disc.- Ma, a dir il vero, mi pare eccessivo dire di comune conoscenza la seconda massima da te citata : io ad esempio non la conosco.

Doc.- E neanch'io. Però, le esigenze di economia processuale a cui ho accennato, spingono i nostri giudici a ritenere di “comune conoscenza” anche le massime la cui conoscenza é limitata agli avvocati ( e ai giudici) specializzati in un dato tipo di cause ( nell'ipotesi, cause di infortunistica stradale ).

 Disc.- E se la parte ha scelto come difensore un avvocato non specializzato nella materia su cui vertere la sua causa (metti, la causa é d'infortunistica e lei ha scelto un avvocato matrimonialista)?

Doc.- Peggio per lei : sconterà la scelta errata con la perdita della causa ( così come sconta con la perdita della vita chi si fa curare un mal di fegato da....un cardiologo ).

 Disc.- Cambiamo ora completamente d'argomento : che cosa si intende per “prova legale” ?

Doc.- Si intende quella prova la cui valutazione é sottratta alla discrezionalità del giudice ed é operata direttamente dal legislatore.
Gli Ordinamenti in cui la valutazione della prova é prevalentemente rimessa al giudice si dicono ispirati al principio del libero convincimento: quelli in cui la valutazione della prova é prevalentemente riservata al legislatore, si dicono ispirati al principio della prova legale.

 Disc.- Il nostro Ordinamento a quale principio é ispirato ?

Doc.- Al principio del libero convincimento; come risulta dal primo comma dell'articolo 116, che recita : “ (Valutazione delle prove ). Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti”.

 Disc.- Mi puoi dare alcuni esempi in cui la Legge deroga al principio del libero convincimento ?

Doc.-  Pensa alla presunzione stabilita dal comma primo dell'articolo 232 Cod. Civ. - presunzione che vuole concepito durante il matrimonio, il figlio nato quando sono trascorsi 180 giorni da questo e non sono ancora trascorsi 300 giorni dal suo scioglimento.
Pensa alla presunzione stabilita dall'articolo 2700 Cod. Civ. che vuole effettivamente fatte quelle dichiarazioni che, il pubblico ufficiale rogante un atto, afferma avvenute alla sua presenza.

 Disc. Quali sono i motivi che possono spingere un legislatore ad adottare il principio del libero convincimento ?

Doc.- La sfiducia nella propria capacità di prevedere tutte le possibili situazioni che possono presentarsi a un giudice e la volontà di evitare quei casi dolorosi in cui la valutazione legislativa della prova, rivelandosi imperfetta e lacunosa, porterebbe all'accoglimento di una domanda sicuramente infondata o al rigetto di una domanda sicuramente fondata.

 Disc.- E ora , quali i motivi che possono spingere un legislatore ad adottare il sistema della prova legale ?

Doc.- Presto detto : la sfiducia del legislatore nella capacità del giudice di far buon uso  dei poteri discrezionali rimessigli e la volontà di dare agli interessati la possibilità di valutare e, per così dire, di anticipare il futuro esito di una causa:; dall'atto pubblico risulta che il compratore ha detto A e B? Inutile che egli inizi una causa per sostenere che ebbe a dire in realtà C e D ( dato che per l'articolo 2700 Cod. Civ “ l'atto pubblico fa piena prova ….delle dichiarazioni delle parti...che il pubblico ufficiale attesta avvenute in sua presenza”).

 Disc.- Chiaramente l'adozione del principio del libero convincimento, concedendo al giudice un potere discrezionale, comporta il pericolo che, di tale potere, egli abusi maliziosamente od usi superficialmente : contro tale pericolo il legislatore non  appresta nessuna difesa ?

Doc. Certo che l'appresta ! Precisamente , come ostacolo a eventuali abusi, il legislatore  impone al giudice l'obbligo di indicare i motivi della sua decisione.

 

Disc.- A dir il vero questo mi pare un ostacolo facilmente eludibile : il giudice che avesse data ragione alla parte attrice in considerazione solo dei begli occhi con cui lo guardava, si guarderebbe bene dal dire in sentenza il vero motivo della sua decisione ( sicuro dell'impunità per la sua menzogna :  Solo deus est scrutator cordium ).

Doc. Ma il legislatore ben sa ciò; e non pretende che il giudice indichi i motivi reali della sua decisione, ma solo che esponga quelle considerazioni in diritto e in fatto che costituirebbero “buoni motivi” per prendere tale decisione. E anche così l'obbligo della motivazione viene a costituire un freno contro eventuali abusi; se non altro perché é più facile motivare una decisione giusta che una decisione ingiusta ( non sarà facile al giudice, che si é lasciato affascinare dagli occhi azzurri della bella signora, motivare perché, nonostante l'attore avesse maturati i venti anni di possesso eccetera eccetera, egli.. respinse la domanda di rivendica!)