Lezione II : La motivazione.
Doc.- Abbiamo visto nella lezione precedente che la “motivazione” ha una funzione di freno contro possibili arbitri del giudice : gli Studiosi definiscono questa funzione come extra-processuale, in quanto é diretta a permettere a quivis de populo un controllo sull'operato del giudice ( ed é proprio questa funzione che il nostro Legislatore costituzionale si preoccupa di garantire stabilendo, nel sesto comma dell'art.111, che “ Tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati” ). Gli Studiosi però attribuiscono alla “motivazione” anche quattro altre funzioni da loro definite endo-processuali ( perché hanno rilievo soprattutto per chi é stato parte nel processo ); e precisamente : 1) la funzione di permettere una selezione delle questioni da trattare nel grado successivo ( di appello o di cassazione) ; 2) la funzione di aiutare il giudice dell'impugnazione nell'elaborazione della sua decisione ( coll'esporgli i risultati a cui era giunto il giudice del precedente grado nello studio della materia del contendere : la sentenza di questi diventando così una specie di “memoria”, ma non scritta da una parte interessata, bensì da una parte affidabile in quanto presumibilmente disinteressata) ; 3) la funzione di chiarire il contenuto del “dispositivo” ; 4) e,dulcis in fundo, la funzione di dissuadere la parte soccombente da una (inutile ) impugnazione, facendo così risparmiare tempo e fatica alle altre parti e al giudice ( funzione di economia processuale )..
Disc.- Le funzioni sub 2, 3, 4 mi sono sostanzialmente chiare ; spiegami meglio la funzione sub 1.
Doc.- Te la spiego con un esempio. Metti che Tizio abbia domandato al giudice di primo grado di dichiararlo proprietario del fondo Corneliano. Causa petendi ? l'usucapione decennale del fondo di cui all'articolo 1159. Il giudice rigetta la domanda : ora se egli non fosse obbligato a motivare il suo rigetto, Tizio non potrebbe sapere se gli é stato dato torto, perché il contratto da lui stipulato con il non domino é stato ritenuto non idoneo all'acquisto della proprietà o perché non é stato ritenuto regolarmente trascritto o perché non é stata ritenuta la sua buona fede (…). Risultato, egli sarebbe costretto nell'atto di appello a trattare, e di conseguenza il giudice di appello sarebbe costretto ad esaminare, tutte le questioni relative a tali punti ( idest, la questione sull'idoneità del contratto, la questione sulla regolarità della trascrizione ….) . Essendo invece il giudice obbligato a motivare (metti caso, scrivendo “Rigetto la domanda perché non é stata provata la buona fede”), la parte e il giudice d'appello potranno concentrare la loro attenzione e le loro forze in quella o quelle questioni che il giudice a quo ha risolto negativamente ( per il soccombente).
Disc.- Se questo é tutto, non mi pare che la mancanza della motivazione determini poi un grande inconveniente. Tanto più che, immagino, il giudice di appello , anche se risultasse ( dalla motivazione ) che quello di primo grado ha rigettato la rivendica per il difetto di buona fede, potrebbe , ritenuta la buona fede, rigettare la rivendica per la inidoneità del contratto; cosa per cui il rivendicante-appellante dovrà in ogni caso essere preparato a discutere in appello la causa, sia sotto il profilo dell'esistenza della buona fede, sia sotto il profilo dell'idoneità del contratto e così via.
Doc.- Tu immagini bene : é proprio così. E posso essere d'accordo con te anche nel non ritenere la omessa motivazione un grande inconveniente, un inconveniente, per intenderci, tanto grande da giustificare la nullità della sentenza. E vedremo che in effetti é così : contro la omissione della motivazione il legislatore non reagisce statuendo la nullità della decisione. Però la omissione della motivazione un inconveniente realmente lo rappresenta in quanto rende indubbiamente più difficile, e quindi menoma, quel dritto di difesa, che costituzionalmente é garantito. Cosa per cui bene ci sta nel codice l'obbligo di motivare.
Disc.- Quali sono le norme che , tale obbligo, impongono ?
Doc.- Sono le seguenti.
L'articolo 111 , comma sesto, Cost. già citato, che, come ricorderai, recita : “ Tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati”
L'art. 132 C.P.C. che recita ( nel suo secondo comma ) : “ ( La sentenza ) deve contenere: (…..........) (4 ) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”.
L'articolo 134 C.P.C. che, nel suo primo comma, recita : “L'ordinanza é succintamente motivata”.
Disc.- Questo per le sentenze e per le ordinanze; e per i decreti ?
Doc. Per i decreti il legislatore, al vero, non prevede un obbligo generalizzato di motivazione, ma nel quarto comma, si limita a dire : “Il decreto non é motivato, salvo che la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge”.
Disc. A me sembra che vi sia un evidente contrasto tra l'art. 111 della Costituzione e gli articoli del Codice da te riportati. Volendoci limitare a parlare delle sentenze, per semplificare il nostro discorso : un conto é l'obbligo di motivare tout court, imposto dalla Costituzione e un conto é l'obbligo di “concisamente” motivare, disposto dall'art. 132.
Doc.-Indubbiamente tale contrasto c'é. Sarebbe però eccessivo fare discendere da ciò l'incostituzionalità dell'art. 132. Infatti l'assolutezza del dictum contenuto nel sesto comma dell'articolo 111, va temperata in considerazione dell'esigenza, espressa dal secondo comma ( ultima parte ) sempre dello stesso art.111, di “una ragionevole durata” dei processi : se i giudici dovessero diffusamente motivare le loro sentenze, i tempi dei processi si allungherebbero inevitabilmente ( dato che il giudice, capace di fare due sentenze al giorno, se tenuto solo a una concisa motivazione, una volta che fosse obbligato a motivare diffusamente, in un giorno potrebbe farne solo una).
Disc.- Da quel che tu hai prima accennato, non solo la sentenza va succintamente motivata, ma la mancanza di tale ( pur succinta ) motivazione non é colpita dalla sanzione della nullità.
Doc. A dir il vero la cosa é discussa. Io ritengo di no, che la mancanza di motivazione non determini nessuna nullità. Molti però ritengono il contrario.
Disc.-Si baseranno su qualche norma.
Doc.- Sì, si basano sull'articolo 156, che nel suo secondo comma così recita: “ (La nullità ) tuttavia può essere pronunciata quando l'atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo”.
Disc.- Ma lo scopo della sentenza é quello di definire una controversia ; e su tale scopo non influisce per nulla la esistenza o no di una motivazione!
Doc.- Evidentemente, i sostenitori della nullità della sentenza non motivata, partano dal presupposto che la sentenza – dal momento che deve pur avere un senso, uno scopo, l'obbligo di fornirla dei “requisiti formali” di cui all'art.132 ( indicazione del giudice, indicazione delle parti...concisa motivazione...) - abbia, oltre a quello di decidere la controversia, altri scopi, e , tra questi, quelli da noi definiti come scopi extra e endo-processuali della motivazione. E in ciò non hanno torto. Però Essi dimenticano che la nullità di un atto non é determinata dalla frustrazione di ogni e qualsiasi scopo che a tale atto é assegnato : bisogna distinguere tra suoi scopi essenziali e no. E a me sembrerebbe gratuita l'affermazione che facesse rientrare negli scopi essenziali della sentenza : il convincere la parte soccombente dell'inutilità di una sua impugnazione ( se così fosse, il giudice, lungi dal concisamente motivare, dovrebbe diffusamente controbattere le argomentazioni avanzate in corso di causa dal soccombente – cosa che nessuno sostiene, anzi può dirsi pacifico che il giudice non debba perdersi a confutare le tesi avanzate dalle parti ); il facilitare l'opera del giudice superiore ( sarebbe assurdo che per facilitare tale opera si stabilissero quelle nullità il cui esame fatalmente verrebbe ad aggravare il lavoro del giudice superiore ) ; il facilitare la impugnazione del soccombente ( dato che tale facilitazione, l'abbiamo visto, é assai relativa e la sua mancanza non porta a veramente gravi inconvenienti ).
Peraltro va detto che, a togliere molto della sua importanza alla questione, se l'omessa ( o insufficiente ) motivazione determini la nullità della sentenza, interviene il dettato dell'articolo 161.
Disc. Che ci viene a dire questo articolo ?
Doc. Ci viene a dire che “la nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per cassazione può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione”.
Disc.- Abacadabra! Che vuol dirmi il legislatore con una formula così contorta?
Doc.- Vuol dirti questo : che quando tu ti trovi davanti a una decisione che ha risolta una questione senza motivare, che tu la consideri nulla o no, nulla cambia : infatti tu potrai devolvere al giudice superiore il riesame di tale questione ( idest, della questione la cui decisione manca di motivazione), solo se gli potresti devolvere tale riesame nel caso la questione fosse decisa , non immotivatamente ( idest, senza motivazione ), ma erroneamente.
Disc. Sto, continuando a non capirci niente. Forse capirei meglio con un esempio: mettiamoci dunque in questo caso : il tribunale, che ha rigettato la mia domanda in rivendica ( mi sto ricollegando a un esempio già proposto ), ha ritenuto senza un rigo di motivazione che la compravendita, da me stipulata con Caio, falsodominus, fosse “inidonea all'acquisto della proprietà”: posso chiedere il riesame della questione alla Corte di Appello ?
Doc. Per saperlo non hai che da porti la domanda : se il tribunale avesse deciso motivando, sì, ma sbagliando in fatto o in diritto, potrei io devolvere tale questione alla Corte di Appello ? Se rispondi ( come devi rispondere ) di sì, tu puoi devolvere alla Corte la questione ( la cui decisione é mancante di motivazione).
Disc.- Ma come motiverò la mia richiesta di riesame ? con la nullità della decisione del tribunale?
Doc. Ecco il punto : non la motiverai dicendo che la decisione del tribunale non é motivata, ma dicendo che é erronea e naturalmente indicando gli errori in cui il tribunale é caduto ( ad esempio dirai “ appello la sentenza del tribunale perché ha ritenuto l'inidoneità del contratto solo perché annullabile , mentre ai sensi dell'articolo 1159 deve intendersi inidoneo solo il contratto nullo” ).
Disc.- E se io mi limito a motivare l'appello adducendo la nullità della sentenza come conseguenza della sua mancanza di motivazione ( con ciò seguendo la tesi da te contestata, ma maggioritaria )?
Doc. A mio modesto parere il tuo appello dovrebbe essere dichiarato inammissibile perché non motivato ( vedi art. 342 ). Ma,debbo aggiungere, tale soluzione, non trova tutti i consensi; anche se, stranamente, é sostanzialmente pacifico che, se il giudice di appello avesse decisa a tuo sfavore una questione di diritto senza minimamente motivare, tu non potresti ricorrere in Cassazione ( art. 36o ) semplicemente lamentando la nullità della sentenza per omessa motivazione : dovresti indicare l'errore di diritto in cui é caduto il giudice di merito ( ad esempio dovresti dire : “il giudice di merito ha errato : infatti ha ritenuta ammissibile come teste l'amministratore del condominio in spregio all'articolo 246 c.p.c.”).
Disc. E la questione dell'omessa motivazione ?
Doc.- Tamquam non esset.
Disc.- Ho capito che davanti al giudice di appello potrò riproporre tutte le questioni già proposte al tribunale di prime cure, senza preoccuparmi di vedere se la loro decisione é bene o male motivata. Ma davanti alla Corte di Cassazione?
Doc.- Qui incontrerai i limiti che per le quaestiones facti ti sono posti dal numero cinque dell'articolo 360, che recita : “ Le sentenze (…..) possono essere impugnate con ricorso per cassazione (…...) (5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che é stato oggetto di discussione tra le parti”.
Disc.- Quindi ?
Doc.- Quindi tu potrai ottenere il riesame di una quaestio facti, adendo la Corte Suprema ( però non dalla Corte Suprema : questa si limiterà a cassare la decisione del giudice di merito rinviando, ad altro giudice sempre di merito; per il riesame della questione ) solo se sussistono le seguenti condizioni : 1) se la questione non é stata oggetto nemmeno di esame da parte del giudice di merito; 2) se la questione riguarda un “fatto decisivo”; 3) se tale “fatto decisivo” é stato “oggetto di discussione tra le parti”.
Disc.- E se il giudice di merito ha preso, sì, in considerazione il fatto per dirlo esistente o, al contrario, inesistente, ma senza minimamente motivare ( metti, la sentenza suona “Ritenuta l'inesistenza di ogni fatto interruttivo della usucapione, ritenuto che sono maturati gli anni necessari per usucapire come risulta dalle testimonianze ecc.ecc. “)?
Doc.- In tal caso a mio parere tu dovresti trovare sbarrata la strada della cassazione della sentenza. Questa mia opinione, però, può essere discutibile. Indiscutibile é invece che, la semplice insufficienza, contraddittorietà, illogicità della sua motivazione, non può più giustificare la cassazione di una decisione ( lo poteva fino all'anno di grazia 2006, quando ancora il numero cinque ammetteva il ricorso in caso di “ omessa, insufficiente, o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio” - ora tale troppo liberale disposizione fortunatamente é stata abrogata ).
Disc. Ma cosa si deve intendere per “fatto decisivo” ?
Doc.- Si deve intendere un “fatto giuridico”.
Disc.- Quindi, un fatto costitutivo, estintivo, modificativo ai sensi dell'articolo 2697 Cod. Civ.
Doc. Direi più latamente : un fatto che una norma dichiara rilevante : quindi, ad esempio, anche l'adulterio della moglie, a cui il numero tre dell'articolo 235 condiziona l'ammissione della prova di altri fatti da cui si può escludere la paternità del marito.
Peraltro non manca chi addirittura sostiene che possa intendersi come “fatto decisivo” anche un “fatto semplice” ( melius, secondario ), se posto a base di una presunzione da cui si inferisce il “fatto giuridico” ( il fatto che la moglie abbia ospitato una notte un uomo, che fa presumere il suo adulterio ).
Disc. Metti che il giudice abbia rigettato una mia istanza, diretta ad ottenere la ammissione di una prova, senza minimamente motivare , potrò io ricorrere alla Corte Suprema al fine di ottenere, da Essa, la cassazione della decisione di rigetto, e, dal giudice a cui Essa rinvierà, l'ammissione della prova ?
Doc. Potrai, se sarai in grado di far valere la violazione di una norma : in tal caso potrai introdurre il tuo ricorso col mezzo offertoti dal numero tre dell'art. 360.
Disc. E se io non fossi in grado di far valere la violazione di nessuna norma di diritto ?
Doc.- Tu potresti far valere davanti alla Corte Suprema un errore di fatto ?
Disc.- No.
Doc. Allora tu neanche potrai far valere l'omessa motivazione di una sentenza che può nascondere solo un errore di fatto. Infatti la omessa motivazione in definitiva acquista rilievo solo in quanto sintomo di un errore ( il giudice non ha motivato ? evidentemente non ha motivato perchè, commesso un errore, non sapeva raddrizzarlo o nasconderlo in motivazione ! ). Però, torno al discorso prima fatto, il legislatore , per procedere al riesame di una questione, non si accontenta che tu gli indichi un sintomo della erroneità della sua decisione, vuole che tu gli indichi positivamente l'errore i cui il giudice é caduto ( nel prendere tale decisione ). E se tale errore non potrebbe comunque essere preso in considerazione dal giudice ad quem ( così com'é nel caso dell'errore di fatto per la Corte Suprema) ti chiude...le porte in faccia.