Lezione I: I criteri per la scelta degli eredi
Disc. Quando Fulano muore che ne é dei suoi beni? divengono res nullius, beni che tutti possono occupare e di cui tutti possono impossessarsi?
Doc. Naturalmente, no, dato che, se ciò fosse, nessuno spenderebbe tempo e fatica per utilizzare convenientemente dei beni del cui pacifico possesso non é garantito. E ciò sarebbe contrario all’interesse della Società tutta, dato che questa ha invece interesse che i beni costituenti la ricchezza nazionale siano al massimo utilizzati (se chi possiede un campo non ne raccoglie la frutta, meno frutta arriva nel mercato e sulle tavole dei cittadini).
Disc.E allora? dei beni già di Fulano diventa proprietario lo Stato?
Doc. A tutta prima questa sembrerebbe la soluzione più giusta; e questo per due motivi:
Primo, perché non c’é ragione di attribuire i beni di Fulano, la persona defunta, a una persona, chiamiamola Fortunato, che non ha speso una goccia di sudore per crearli. Secondo (motivo) perché se Fulano ha potuto accumulare dei beni, lo deve alla Società: se non ci fossero state strade, se non ci fosse stato servizio postale ecc.ecc., egli nessun bene avrebbe potuto accumulare e, quindi, sembrerebbe giusto che, lui morto, tutti i suoi beni, alla Società, ritornino.
Disc. Però questi motivi, tu evidentemente non li ritieni dei “buoni motivi”.
Doc. Non io, ma la Costituzione non li ritiene dei “buoni motivi”. Infatti se alla morte di ogni cittadino i suoi beni andassero allo Stato, questo in poco tempo si troverebbe proprietario di tutti i beni costituenti la ricchezza nazionale e la proprietà privata sparirebbe – questo mentre invece, ecco il punto, la Costituzione riconosce a questa un’utile funzione sociale. Leggi il secondo dell’art. 42 della Costituzione, che dice?
Disc. Dice, é vero, quel che hai detto tu; più precisamente recita che “La proprietà privata é riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.
Va bene, ma a questo punto il problema é per lo Stato la scelta dei privati a cui attribuire i beni di Fulano, la persona deceduta. Io penso che il criterio più logico, da seguire in questa scelta, sia quello che porta a nominare erede di Fulano la persona più capace di bene utilizzare il patrimonio di Fulano.
Doc. La soluzione da te prospettata é senza dubbio una soluzione logica, ma purtroppo é di impossibile realizzazione (te lo immagini lo Stato che organizza un concorso alla morte di ogni persona?!).
Disc. Allora un criterio,valido almeno per quel che riguarda un diritto di credito o uno dei c.d. iura in re aliena (diritto di servitù, diritto di usufrutto...) mi pare che potrebbe essere quello di nominare erede di Fulano, la persona per cui quel diritto rappresenta un limite alla sua proprietà (Cornelio il cui diritto di proprietà é limitato dal diritto di usufrutto di Fulano) o un vincolo per la sua attività e il suo patrimonio (Numidio, debitore di Fulano).
Doc. Lasciamo perdere il caso degli iura in re aliena, il cui destino alla morte del loro titolare é meglio riservare allo studio di tale categoria di diritti. Per quel che riguarda i diritti di credito, sì, non si può negare che il criterio da te indicato sia buono, infatti estinguere il diritto di credito (in seguito alla “confusione” della qualità di creditore e di debitore) finisce per liberare energie (nel debitore diventato erede) di cui la Società tutta avrebbe beneficio; senonché tale criterio contrasta con altri criteri che il legislatore ritiene (si può dire dalla notte dei tempi), di esso, migliori.
Disc. E quali sono questi criteri?
Doc. Sono tre: il primo, e il più importante, é quello di attribuire la proprietà dei beni di Fulano in modo che tale attribuzione sia stimolo per l’iniziativa e la laboriosità.
Disc. L’iniziativa e la laboriosità di Fortunato (chiamiamo così l’erede di Fulano)?
Doc. No, di chiunque abbia energie e forze per lavorare ed agire. Questi, come ogni persona moralmente e psicologicamente sana, non pensa solo al suo benessere ma anche, e spesso, soprattutto, al benessere delle persone che ha care; e pertanto é incentivato a lavorare e a darsi da fare per aumentare la ricchezza sua (e di riflesso, della Società tutta) se sa che, di tale ricchezza, ne beneficieranno le persone a cui lo lega l’affetto; mentre sarebbe disincentivato se sapesse che, il patrimonio che ha costruito, va allo Stato o a persone scelte dallo Stato con strani criteri.
Disc. Ho capito, il criterio adottato dalla Legge é di attribuire i beni di una persona alle persone a lui più care; ma come individuare tali persone?
Doc. Semplicissimo: in base alla indicazione da lui stesso fattane in un atto particolarmente solenne.
Disc. Il testamento.
Doc. Sì, il testamento, l’atto più importante di tutto il diritto ereditario il cui studio ci occuperà nelle prossime lezioni.
Disc. E se Fulano non ha pensato di fare testamento?
Doc. Allora i beni di Fulano andranno al coniuge e ai parenti prossimi (secondo un ordine che la legge si preoccupa di minutamente indicare: prima, i figli; se mancano i figli, i genitori e i fratelli ecc.ecc.).
Disc. Questo perché il legislatore presume che il coniuge e i familiari siano le persone più care a Fulano, quelle che presumibilmente avrebbe indicato nel testamento se mai l’avesse fatto.
Doc. Sì e no; dato che, se in molti casi tale presunzione sarebbe valida, in non pochi altri cozzerebbe contro l’evidenza dei fatti (pensa al caso di Fulano che si é separato di brutto dalla moglie o...ha tentato di uccidere il figlio – eppure anche in tali casi il coniuge e il figlio sono,dalle legge, chiamati a succedergli). Diciamo piuttosto che il legislatore finge di credere che sia così: che il coniuge e i parenti più prossimi siano le persone più care al de cuius.....
Disc. ….più care a chi?
Doc. Al de cuius, così si chiama, e d’ora in poi anche noi chiameremo, colui de cuius hereditate agitur, il Fulano dei nostri precedenti esempi.
Disc. Dunque, quando il de cuius muore senza aver fatto testamento, il Legislatore sceglie i suoi eredi, non tanto preoccupandosi di quella che sarebbe stata la sua volontà, ma dell’interesse della sua famiglia.
Doc. Esattamente. E se in certi casi il Legislatore tutela la famiglia fingendo di seguire una volontà presunta del de cuius, in altri addirittura la tutela contro la volontà del de cuius: Fulano II (figlio di Fulano I, il particolare come vedremo ha la sua importanza) ha fatto testamento nominando sua unica erede la servotta compiacente: il Legislatore dice “No, caro Fulano, solo una parte del tuo patrimonio (la c.d. “disponibile”) puoi lasciare alla tua servotta, l’altra la devi lasciare ai tuoi figlioli, Fulano III e Fulano IV, anche se cordialmente li detesti”.
Disc. Ma questo contrasta con quel che hai prima detto: Fulano II non si sentirà per nulla incentivato a lavorare e a produrre, se saprà che il suo patrimonio non andrà alla persona a lui più cara, ma ai figlioli che detesta!
Doc. E’ un contrasto apparente e che svanisce se tu rivolgi la tua attenzioni, non più a Fulano II, ma a a suo padre Fulano I: questi perché si é dato da fare per accumulare, novello mastro Don Gesualdo, un patrimonio?
Disc. Per assicurare il benessere del figlio Fulano II.
Doc. Io direi più precisamente, per assicurare il benessere dei suoi discendenti (del figlio Fulano II, certo, ma anche dei nipoti, Fulano III e Fulano IV e, andando ancora oltre, dei pronipoti, Fulano V e Fulano VI); per cui certamente si sarebbe sentito disincentivato a lavorare e ad operare, se avesse saputo che un figlio pazzo o degenerato avrebbe arricchito, con i beni frutto del suo lavoro, un estraneo, lasciando nella miseria quelli del suo stesso sangue.
Disc. Quindi, se ho compreso bene,il legislatore anche quando sacrifica la volontà testamentaria di Fulano II per tutelare la famiglia, non rinuncia per nulla, nella scelta degli eredi, al criterio di scegliere gli eredi in modo da incentivare l’iniziativa e la laboriosità (dei cittadini).
Doc. A dir il vero non é sempre così: é così nella scelta dei figli come eredi (come eredi, sia “legittimi”, idest “scelti dalla legge”, nel caso che il de cuius non abbia fatto testamento, sia “necessari”, idest imposti dalla legge nel caso che il testamento non li contempli come eredi o li contempli per una quota minore di eredità); non é così nella scelta come eredi (anche qui, sia eredi “legittimi” sia eredi “necessari”) del coniuge e degli ascendenti. Infatti la scelta del coniuge e degli ascendenti come eredi é fatta dal legislatore in base a due criteri, diversi da quello prima enunciato – i due altri criteri di cui ci eravamo riservati di parlare (ti ricordi, vero? che avevamo detto che i criteri con cui il legislatore opera la sua scelta sono tre).
Disc. Certo che me ne ricordo. Dì il criterio che porta il legislatore a scegliere come erede il coniuge.
Doc. Il criterio che porta alla scelta del coniuge come erede, nasce dalla volontà legislativa di incentivare le persone (specie le donne) a sposarsi. Per sposarsi una persona, specie se di sesso femminile, spesso é costretta a fare delle rinunce anche economiche (ad esempio a rinunciare al lavoro fuori casa e ai relativi redditi), ora dire a Caia “Sposati, senza timore, perché, é vero, sposandoti rinunci a quella tal fonte di reddito, ma é anche vero che alla morte di tuo marito avrai una parte della sua eredità, ch’egli lo voglia o no” - ebbene questo é appunto un modo per fare superare a Caia ogni esitazione e spingerla a sposarsi.
Disc. Dì ora il criterio che porta il legislatore a scegliere gli ascendenti (come eredi sia legittimi che necessari).
Doc. Il criterio che porta alla scelta degli ascendenti come eredi, é dato dalla volontà legislativa di incentivare le persone ad allevare, educare, istruire i loro figli e, se del caso, i loro nipoti, pronipoti e, insomma, i loro discendenti. Il legislatore parte dalla considerazione che Fulano si sentirà incentivato a fare ciò, se da ciò potrà sperare un “ritorno” economico - “ritorno” rappresentato, prima di tutto, dagli “alimenti” (“caro figlio, io ti ho nutrito, ora che sono vecchio, pensa tu a nutrire me”), sia, nel caso di premorte del figlio (in genere, del “discendente”) da una parte dell’eredità da lui lasciata.
Disc. Io non penso che le persone siano tanto meschine da fare tali ragionamenti.
Doc. Fortunatamente molte persone effettivamente non li fanno, ma alcune li fanno. E il legislatore, meno sentimentale e più pratico di te, ne tiene conto.
Disc. Concludendo, mi pare che si possano distinguere tre tipi di eredi: un erede testamentario (in quanto indicato come tale dal testamento), un erede legittimo (in quanto scelto come tale dalla legge) e un erede necessario (in quanto, non solo é scelto, ma imposto dalla legge)
Doc. E correlativamente si possono distinguere tre tipi di successione: la successione testamentaria, la successione legittima (o ab intestato) e la successione necessaria.
A questo punto gioverà alla tua preparazione fare una prima conoscenza dei seguenti articoli.
Articolo 457, che recita: ” L’eredità si devolve per legge o per testamento – Non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria. - Le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari”.
Articolo 536: “(Legittimari). Le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o di altri diritti nella successione sono: il coniuge, i figli, gli ascendenti (….)”.
Art.565: (Categorie dei successibili) – Nella successione legittima l’eredità si devolve al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato, nell’ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo”.
Disc..Abbiamo finora visto i criteri in base ai quali vengono attribuiti i beni rientranti nel patrimonio di Fulano, il de cuius.; ma un patrimonio comprende sia dei beni che dei debiti. E siccome non é immaginabile che tali debiti con la morte di Fulano si estinguano, il legislatore, penso, individuerà anche le persone a cui toccherà,tali debiti, pagare.
Doc. Chiaramente, sì. E naturalmente le individua nelle stesse persone che vengono a beneficiare dei beni di Fulano (se non altro perché presumibilmente esse potranno ricavare i soldi per pagare i debiti dalla vendita di tutti o parte dei beni da loro ricevuti ex il patrimonio di Fulano): Caio ha ricevuto in eredità quell’appartamento? Ebbene é giusto che sia Caio a pagare il credito di 100 che Sempronio poteva vantare verso Fulano (un credito, tieni presente, che per l’art. 2740, era garantito anche da tale appartamento)
Disc. Naturalmente Caio (il successore di Fulano) risponderà dei debiti del de cuius nei limiti del valore dei beni di cui ha beneficiato: se il credito di Sempronio é di 100 e l’appartamento ereditato vale solo 50, Caio pagherà solo per metà il credito di Sempronio.
Doc. Non é sempre così, bisogna distinguere. Alcune delle persone che hanno acquisito beni in seguito all’eredità dismessa da Fulano, risponderanno dei debiti de quibus anche oltre il valore di tali beni, ultra vires per usare un termine tecnico,e queste persone sono gli “eredi”; altre, invece, non risponderanno per nulla di tali debiti o, nei casi eccezionali in cui ne risponderanno, ne risponderanno nel limite di valore dei beni ricevuti, infra vires, e queste persone sono i “legatari”.
Disc. Mi spiegherai poi chi sono questi “legatari”. Però debbo dirti subito che trovo ingiusto che Caio, che ha ricevuto in eredità un bene che vale 50, debba rispondere dei debiti del de cuius oltre 50, addirittura con tutto il suo patrimonio. Ciò mi pare che in definitiva comporti un arricchimento ingiustificato di Sempronio: questi, vivente Fulano avrebbe potuto soddisfare il suo credito solo su un appartamento del valore di 50, perché mai dopo la morte di Fulano può soddisfare il suo credito su tutto il patrimonio dell’erede Caio (quindi su beni che potrebbero essere di un valore anche di molto superiore a quello dell’appartamento), perché insomma la morte di Fulano deve tradursi in un miglioramento della posizione creditoria di Sempronio?
Doc. La responsabilità ultra vires dell’erede, che a te sembra tanto ingiusta, invece riposa su una buona ragione: essa infatti costituisce per così dire la contropartita della piena e libera disponibilità, che l’erede Caio acquista sui beni ereditati. Infatti, la piena libertà acquisita da Caio nella gestione di tali beni, comporta il rischio di una mala gestio (chi può escludere che Caio compiendo operazioni economicamente sbagliate sperperi in poco tempo i beni ereditati?): al rischio di tale mala gestio deve esserci una contropartita: questa contropartita é appunto la responsabilità ultra vires dell’erede (“Attento, Caio, se tu sperperi i beni ereditati, poi rispondi dei beni di Fulano con tutto il tuo patrimonio!”). E che questa sia la ratio della responsabilità ultra vires dell’erede é dimostrato dal fatto che, se l’erede, accettando la eredità con “beneficio di inventario”, accetta con ciò stesso (come vedremo studiando tale istituto) dei limiti e dei controlli nelle gestione dei beni ereditari, egli risponde, non più ultra, ma infra vires
Intanto sarà bene che tu ti legga e ben ti fissi nella mente l’articolo 754, che recita. “(Pagamento dei debiti e rivalsa)- Gli eredi sono tenuti verso i creditori al pagamento dei debiti e pesi ereditari personalmente in proporzione della loro quota ereditaria (….)”
Disc. Va bene é giusto che gli eredi rispondano dei debiti ultra vires Però a questo punto devi spiegarmi perché alcuni successori di Fulano, quelli che tu hai chiamato “legatari”, rispondono dei debiti, se ne rispondono, solo infra vires. E prima ancora mi devi spiegare chi sono questi “legatari”.
Doc. Per spiegartelo é bene che cominciamo a leggere l’articolo 588 (l’articolo in cui il Legislatore tenta di definire, senza troppo successo,lo dico subito, i concetti di “erede” e di “legatario”).
Art.588: “(Disposizioni a titolo universale e a titolo particolare) Le disposizioni testamentarie, qualunque sia l’espressione o la denominazione usata dal testatore, sono a titolo universale e attribuiscono la qualità di erede, se comprendono l’universalità o una quota dei beni del testatore. Le altre disposizioni sono a titolo particolare e attribuiscono la qualità di legatario.
L’indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei come quota del patrimonio”.
Disc. Mi par di capire che, quando il testatore indica nella sua disposizione un bene determinato (ad esempio dispone “Lascio l’appartamento di via Cairoli a Cornelio”) ci si trova di fronte a un legato, a meno che risulti che il testatore attribuisca il bene (l’appartamento di via Cairoli) “come quota del patrimonio”.
Ma, mi pare, l’appartamento di via Cairoli inevitabilmente costituirà una quota piccola o grande del patrimonio, e quindi il testatore, se non é scemo, assegnandolo, non può non sapere che sta assegnando una quota del suo patrimonio; per usare le parole delle Legislatore, non può non “aver inteso assegnare quel appartamento come quota del patrimonio”. Insomma, mi pare, che, il criterio stabilito dl legislatore per distinguere tra erede e legatario, in realtà non sia utilizzabile.
Doc. E io la penso come te.
Disc. E allora?
Doc. Allora per stabilire quando una disposizione di beni determinati costituisce una disposizione a titolo universale, la c. d. istitutio ex re certa, e quando invece é una disposizione a titolo particolare (per cui chi ne beneficia va considerato un legatario) bisogna, sì, basarsi sulla volontà del testatore, ma non sulla volontà di attribuire quel dato bene come quota o no - dato che ciò, come tu hai ben notato, sarebbe assurdo: ogni attribuzione di un bene non può non essere attribuzione di una quota - bensì sulla volontà, di attribuire al beneficato i poteri e i diritti di un erede e di gravarlo, degli obblighi di un erede, in primis, dell’obbligo di pagare ultra vires i debiti dell’eredità.
Disc. Ma così, tu fai dipendere il diritto di Sempronio (il creditore del de cuius Fulano) di soddisfarsi su tutto il patrimonio di Caio (il successore nei beni di Fulano) dalla mera volontà di Fulano (il de cuius). E se questi, per mettere al sicuro dall’aggressione dei suoi creditori i beni che morendo dismetterà, usasse il (facile) sistema di distribuire tali beni sempre con disposizioni ex re certa (l’appartamento di via Cairoli lo lascio a mio figlio Sempronio, l’appartamento di via Roma lo lascio a mio figlio Cornelio e così via) e poi nominasse erede, per un piccolo residuo, Pinco Pallino, che é un nullatenente per cui aggredendo il suo patrimonio i creditori resterebbero...a becco asciutto? non sarebbe questo per lui un facile sistema per eludere quella responsabilità ultra vires stabilita nell’articolo 754 da te prima citato?
Doc. Sì, questo pericolo effettivamente c’é; ma il legislatore, come vedremo, dà ai creditori uno strumento per sventare il pericolo, connesso alla mala gestio dei beni ereditari, che per loro si profila come conseguenza del fatto che coloro, che hanno acquisito i beni già di Fulano, non rispondono ultra vires: questo strumento é, come vedremo, la “Separazione dei beni”.
Peraltro devi tenere presente che, stabilire se il beneficiario é un erede o un legatario, é necessario, non solo ai fini di sapere se egli deve rispondere infra o ultra vires, cioé per sapere sui suoi obblighi verso i creditori, ma anche per sapere dei suoi obblighi e dei limiti dei suoi poteri verso gli altri chiamati all’eredità, dato che, ad esempio, se é erede ha l’obbligo di collazione del donatum, se é legatario non lo ha. E, se ti può sembrare “strano” far dipendere dalla mera volontà di Fulano, il de cuius – debitore, i limiti della responsabilità patrimoniale dei suoi successori verso i creditori, strano di certo non ti può apparire che egli (idest, il de cuius) stabilisca i limiti dei poteri e degli obblighi di un chiamato all’eredità verso gli altri chiamati (io voglio che Sempronio collazioni il donatum, e lo nomino erede, non lo voglio e lo nomino legatario).
Disc. Ma il legatario e l’erede si distinguono per diversi poteri e doveri solo verso i creditori e gli altri chiamati all’eredità?
Doc. No erede e legatario hanno diversi poteri e doveri anche verso terzi (non creditori): ad esempio l’erede può giovarsi della c.d. petitio hereditatis e il legatario, no. Ma tutto questo ci riserviamo di vederlo meglio in seguito. Ora ti inviterei a leggerti e a fissarti bene nella mente il disposto dell’art. 756.
Art. 756: “(Esenzione del legatario del pagamento dei debiti)- Il legatario non é tenuto a pagare i debiti ereditari, salvo ai creditori (….) l’esercizio del diritto di separazione (….)”.