Disc.- Fulano chiamato all'eredità di Pinco Pallino diventa erede automaticamente alla morte di questi ?
Doc.- No; e naturalmente, dato che per Fulano diventare erede di Pinco Pallino significa, sì acquisire i suoi beni, ma anche i suoi debiti; e ben può essere che l'ammontare di questi superi il valore di quelli (hereditas damnosa ).
Questo spiega il disposto dell'articolo, che recita: “ ( Acquisto dell'eredità). L'eredità si acquista con l'accettazione. L'effetto dell'accettazione risale al momento nel quale si é aperta la successione”.
Disc. Quando si apre la successione e perché il legislatore fa risalire gli effetti dell'accettazione da tale momento ?
Doc.- Quando si apre la successione te lo dice l'articolo 456, che recita : “ La successione si apre al momento della morte, nel luogo dell'ultimo domicilio del defunto”.
Disc. Ma é importante stabilire il momento di apertura della successione?
Doc.- Certo. Ad esempio é importante per stabilire se si é , o no, prescritto il diritto di accettare l'eredità, dato che il termine a quo della prescrizione di tale diritto di regola “decorre dal giorno dell'apertura della successione” (co.2 art. 480 ).
Disc.- Spiega ora perché il legislatore “fa risalire gli effetti” dell'accettazione “al momento in cui é aperta la successione”.
Doc.- Non vi é un solo “perché” di questo, ma vi sono tanti “perché” quanti sono i diversi effetti che il principio espresso dall'art. 456 produce.
Ad esempio un effetto consequenziale a tale principio é che “il possesso continua nell'erede con effetto dall'apertura della successione” ( v. anche co.1 art. 1146): Pinco Pallino ( il de cuius ) aveva ( ai fini dell'usucapione ) maturato già un possesso di 15 anni; egli muore nel 2000 ; Fulano ci pensa ben tre anni prima di accettare : a rigore si dovrebbe dire che lui comincia a possedere solo dal 2004 : invece per il principio di retrodatazione dell'accettazione, si ritiene che egli abbia già iniziato a possedere dal 2000 ( per cui solo due anni gli rimangono per usucapire). Il perché di ciò é che il legislatore ritiene giusto tenere conto che vi potrebbero essere particolari circostanze che ostacolano e ritardano l'accettazione dell'eredità, per cui può non essere giusto far pesare sul l'erede il ritardo nell'esercizio del possesso facendo incominciare i suoi effetti solo dall'accettazione.
Mettiamoci invece nel caso che, la prescrizione di un diritto di credito di Pinco Pallino verso Sempronio, al momento della sua morte fosse già trascorsa per sette anni; nel 200 Pinco pallino muore ; Fulano ci pensa quattro anni per decidere se accettare o no, in tal caso ( se il tempo necessario alla prescrizione é di dieci anni ), quando Fulano finalmente nel 2004 si decide ad accettare, il credito é bello che prescritto : egli non può dire richiamandosi all'art. 2935 “Ma io sono diventato titolare di tale diritto solo dal 2004 e quindi potevo farlo valere solo dal 2004”, non lo può dire perché glielo impedisce appunto il principio di retrodatazione dell'accettazione. E perché é giusto che glielo impedisca? Perché, come vedremo, il chiamato all'eredità può in realtà, ancor prima di diventare erede con l'accettazione, tutelare i diritti dell'eredità ( nel caso interrompendo la prescrizione con una richiesta di pagamento ).
Disc.- Vale per il legatario quel che ora si é visto per l'erede? Cioé Fulano, a cui Pinco Pallino ha legato il fondo corneliano, ne diventa proprietario solo e nel momento in cui accetta il legato ?
Doc.- No; e su questo punto é esplicito l'articolo 649 , che recita : “Il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunziare”.
E il perché di questa diversità di soluzione per l'erede e per il legatario, é facile a indovinare : l'erede risponde dei debiti ereditari ultra vires, invece il legatario ( ti ricordi quel che dice l'articolo 756 ? ) é “esentato dal pagamento dei debiti” ( anche se, come vedremo, può correre il rischio di vedersi “mangiare” l'oggetto del legato dai creditori dell'eredità, che non trovino nell'asse ereditario beni sufficienti su cui soddisfarsi ).
Disc.- Abbiamo visto la necessità di una accettazione da parte dell'erede, vediamo ora le forme che questa deve assumere.
Doc.- Sul punto ti dicono, l'art. 474 e il co. 1 dell'art. 475. Art. 474: “ L'accettazione può essere espressa o tacita”.
Co.1 art. 475 : “ L'accettazione é espressa quando, in un atto pubblico o in una scrittura privata, il chiamato all'eredità ha dichiarato di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede”.
Disc.- Quindi se Fulano scrive alla zia Beppa “ Cara zia dopo lunga meditazione ho deciso di accettare l'eredità del mio povero fratello”, fa un'accettazione valida o no ?
Doc. No, perché il legislatore, mentre non pretende che l'accettazione sia pubblicizzata ( portata a conoscenza del pubblico ), pretende però che essa sia dotata di quella “serietà”, che risulta dal suo inserimento in un atto pubblico o in una scrittura, privata sì, ma destinata a produrre effetti giuridici ( come un contratto, una diffida ad adempiere...) : chiaro che, se Fulano inserisce la dichiarazione di accettazione in un contratto, é perché la ritiene rilevante per la produzione degli effetti giuridici a cui il contratto mira; e che, se la ritiene rilevante per la produzione di effetti giuridici, é presumibile che la faccia meditatamente ( così come meditatamente é da presumere che si facciano tutti i contratti e in genere gli atti giuridici).
Disc.- Ma se Fulano fa la sua dichiarazione di accettazione nel contratto da lui stipulato con Bianchi, che cosa ne può sapere Rossi , che a quel contratto é completamente estraneo, e che ciò nonostante, essendo già debitore del de cuius ( metti perché ne aveva preso in locazione un appartamento), ora in seguito a tale dichiarazione, é diventato debitore di Fulano e deve pagare nelle mani di Fulano ?
Doc. Dire che la dichiarazione di Fulano é valida, non significa dire che é a tutti opponibile : se, nel caso, Rossi, non sapendo a chi pagare, se ne astiene, a lui che contesta un suo obbligo risarcitorio adducendo la sua impossibilità ad adempiere ( vedi l'ultima parte dell'art. 1218 ,vedi anche per casi simili all'esempio fatto e facilmente ipotizzabili, il co. 1 art 1189 ) , Fulano non può certo validamente opporre la dichiarazione di accettazione da lui fatta...nel contratto col Bianchi.
Disc.- Può il chiamato all'eredità subordinare la sua accettazione a una condizione o a un termine ? Può fare un'accettazione parziale ?
Doc. A questa tua domanda rispondono il secondo e terzo comma dell'articolo 475, che recitano : “E' nulla la dichiarazione di accettare sotto condizione o a termine.- Parimenti é nulla la dichiarazione di accettazione parziale dell'eredità”.
Disc.- Perché mai non ammettere l'apposizione di una condizione o di un termine all'accettazione ?
Doc. Ti rispondo con un esempio, relativo all'apposizione di un termine ad quem ma facilmente riferibile anche al caso di una condizione risolutiva.
Metti dunque che Fulano accetti di essere erede ma fino al 15.05.18. Allora i casi sono due : o Fulano, stabilendo tale termine, intende riservarsi la piena disponibilità dei beni ereditari ( quindi anche la possibilità di venderli ) oppure intende autolimitare i suoi poteri al compimento dei soli atti i cui effetti non vadano oltre la data del 15.05.18 . Nel primo caso ci sarebbe il rischio evidente che Fulano prima della scadenza del termine faccia...piazza pulita di tutti i beni dell'eredità, lasciando a chi gli succede solo i debiti ( male per chi gli succede, ma anche per i creditori dell'eredità, che verrebbero privati della loro garanzia ). Nel secondo caso, si avrebbe quell'inconveniente della incompleta utilizzazione e circolazione dei beni ereditari ( con danno della società tutta ), che il legislatore moderno cerca di evitare ponendo, come ci riserviamo di vedere in seguito, limiti al c.d. fedecommesso ( artt.692 ss. ).
Disc. Ma nel caso di un termine a quo o di una condizione sospensiva ( “ Io dichiaro di accettare ma a partire dal 15.12.19” oppure “Dichiaro di accettare se mio figlio prenderà la laurea” ) , tali inconvenienti non si verificano
Doc. No, invece anche in tali casi si verificherà nuovamente il fenomeno della vischiosità nella circolazione e della sottoutilizzazione dei beni ereditari: infatti nell'attesa del maturare del termine o dell'avverarsi della condizione il patrimonio ereditario dovrà pur essere amministrato; e inevitabilmente lo sarà da un curatore, che lo amministrerà, sì, ma senza quella pienezza di poteri che avrebbe l'erede ( se si presenterà l'occasione della permuta o vendita vantaggiosa di un bene ereditario il curatore troverà mille ostacoli a coglierla e...non la coglierà ).
Disc. Dimmi ora, perché il legislatore ritiene inammissibile, tanto da dichiararne la nullità, l'accettazione di Fulano che, chiamato all'eredità per un terzo, dichiara di voler essere erede solo per un sesto o un dodicesimo o un decimo, insomma per una quota minore ( oppure, il che é lo stesso, dichiara di accettare, del patrimonio devolutogli in eredità, solo questo o quel bene, rappresentante naturalmente una quota minore di quella a cui era chiamato ) ?
Doc. Il Legislatore ritiene inammissibile un'accettazione parziale per due buoni motivi :
Primo, perchè l'ammissibilità di accettazioni parziali aprirebbe la porta ad accettazioni “di mero disturbo” : Fulano accetta l'eredita solo per un...centesimo, perché tanto gli basta per : impedire una divisione amichevole e imporre quella giudiziale, per impedire quella vendita a cui sarebbero concordemente disposti gli altri eredi, per pretendere la prelazione sulle alienazioni della sua quota che un coerede voglia fare ( v. art. 732 ), per pretendere di essere informato dell'amministrazione dei beni ereditari ( anche se di tali beni é comproprietario solo in teoria perché i veri comproprietari sono gli altri coeredi) e così via.
Secondo ( motivo ) , perché aumenta il rischio di quella eccessiva parcellazione dei beni ereditari che é tanto più probabile quanto più si rimpiccioliscono le quote.
Disc.- L'articolo 474, che abbiamo poco fa letto, diceva che l'accettazione può essere anche tacita : quando é che si verifica tale forma di accettazione ?
Doc.- Il legislatore te lo dice, o almeno cerca di dirtelo, con l'articolo 476 che recita :”(Accettazione tacita). L'accettazione é tacita quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di fare se non nella qualità di erede”.
Quindi, secondo il legislatore, l'atto, che pur non costituendo una manifestazione espressa di accettare, va considerato come un'accettazione dell'eredità, va individuato in base ai due seguenti criteri : primo criterio , tale atto deve “presupporre necessariamente la volontà di accettare”; secondo criterio, deve essere un atto che solo chi ha la qualità di erede può compiere.
Disc.- A me sembra che, se per atto di accettazione tacita si intende effettivamente quello che fa presumere fondatamente la volontà di accettare, i criteri da te ora evidenziati ben poco servano per individuarlo. Infatti il primo sfiora la tautologia : é chiaro che fa fondatamente presumere la volontà di accettare l'atto che.....presuppone necessariamente la volontà di accettare. Si può dire quindi un criterio inservibile. Il secondo, se effettivamente fosse destinato a individuare quale atto fa fondatamente presumere la volontà ecc.ecc., si porrebbe in palese contraddizione con l'esperienza comune ; infatti, in base all'id quod plerumque accidit, non si può per nulla dire che il chiamato all'eredità, che compie un atto che solo chi ha la qualità di erede può compiere, lo compie perché ha la volontà di accettare l'eredità : purtroppo non sono per nulla poche le persone chiamate ad un'eredità che usano o addirittura dispongono di questa o quella cosa dell'asse ereditario ( cioé compiono un atto che solo come eredi potrebbero compiere ) senza aver per nulla la volontà di diventare eredi.
Doc.- Il tuo ragionamento non fa una grinza, e la logica conclusione che se ne può trarre é che l'articolo 476 é basato, non su una presunzione, ma su una finzione; e che esso, non mira a individuare gli atti che, sia pur tacitamente, rivelano nel chiamato all'eredità la volontà di accettare, ma vuole dissuadere semplicemente i chiamati all'eredità dal compiere atti, che solo nella qualità di eredi potrebbero compiere, fino a che non abbiano maturata la reale volontà di diventare eredi : “Bada Fulano, se tu pensi di usare dei beni del de cuius ( usare della sua auto, abitare gratis nella sua casa....) o, peggio, di disporre di tali beni ( ad esempio vendendoli ) e poi di evitare di pagare i creditori dell'eredità , tu ti illudi : io appena che compi un atto, che solo nella qualità di erede potresti compiere, fingo che tu abbia accettato l'eredità e ti gravo dei debiti ereditari”.
Disc.- Cosa perfettamente giusta. Se i chiamati all'eredità potessero usare e disporre dei beni ereditari senza accettare l'eredità ( e quindi assumersi l'obbligo di pagare i debiti ereditari ) , i poveri creditori, dopo pochi anni dall'apertura della successione, si troverebbero ad...addentare un osso completamente spolpato. E tuttavia, far coattivamente diventare erede un chiamato all'eredità, solo che compia un atto che, unicamente nella qualità di erede, potrebbe compiere, a me sembra soluzione in certi casi troppo severa. Pensa al caso di Fulano, che coabita con Pinco Pallino ; questo muore; Fulano , chiamato alla sua eredità, continua ad abitare nella casa di Pinco Pallino , ma non perché vuole accettarne l'eredità ( che sa gravata da numerosissimi debiti ), bensì perché dall'oggi al domani non é in grado di trovare altro alloggio e altra sistemazione : certamente così facendo ( idest, continuando ad usare dell'abitazione del de cuius) compie un atto che solo nella qualità di erede potrebbe compiere, ma solo per questo vogliamo caricarlo dei debiti di un'eredità da lui non voluta?!
Doc. Effettivamente questo sarebbe un rigore eccessivo. Per cui io ritengo che l'articolo 476 vada interpretato , un po' forzando la sua lettera, nel senso che vi é accettazione tacita tutte le volte che il chiamato all'eredità compie un atto che potrebbe compiere solo nella qualità di erede, a meno che tale atto trovi una chiara e plausibile spiegazione in una volontà, diversa da quella di accettare l'eredità e che la coscienza sociale approva o tollera.
A questo punto per mettere bene a fuoco l'argomento in questione ti sarà utile leggere anche l'articolo 527, che recita: “( Sottrazione di beni ereditari). I chiamati all'eredità che hanno sottratto o nascosto beni spettanti all'eredità stessa, decadono dalla facoltà di rinunziarvi e si considerano eredi puri e semplici nonostante la loro rinuncia”.
Sempre per meglio inquadrare la ratio dell'articolo 476, dovrai tenere presente che il legislatore, fa forzatamente diventare erede, non solo il chiamato all'eredità che ha sottratto o nascosto beni di questa, ma anche il chiamato alla eredità che si é messo in una situazione, che fa sorgere il sospetto che egli sottragga od occulti beni dell'eredità ( ad esempio, il chiamato all'eredità che si trova nel possesso di beni ereditari e che non compie l'inventario nei termini prescritti – sul punto v. melius il secondo comma dell'articolo 485 ).
Disc. La vendita che Fulano faccia a Rossi dei suoi diritti ereditari comporta accettazione tacita dell'eredità ?
Doc.- Alla risposta a tale tua domanda é opportuno premettere un chiarimento della fattispecie. Infatti, anche escluso che, parlando di vendita di diritti ereditari, tu intenda riferirti alla vendita che Fulano faccia di questo o quel bene rientrante nell'asse ereditario, ancora due ipotesi si possono fare.
Prima ipotesi, vendendo i suoi diritti ereditari Fulano intende, non solo cedere a Rossi tutti i beni rientranti nella sua quota ( o in una quota della sua quota ) di eredità ( “Io Fulano cedo a te Rossi i beni rientranti nella mia quota quali che essi siano : si riducano agli appartamenti A e B , finora inventariati, oppure si arricchiscano di un terzo appartamento C, che in un domani venga scoperto rientrare nell'eredità, o si riducano al solo appartamento A, essendo l'appartamento B risultato non appartenere al de cuius), ma intende trasferire a Rossi i debiti ereditari sulla quota gravanti ( “ Tu, Rossi, diventerai l'unico obbligato verso i creditori dell'eredità, che pertanto solo nei tuoi confronti potranno avanzare le loro pretese (creditorie)”.
Seconda ipotesi; vendendo i diritti ereditari Fulano intende,sì, cedere tutti i beni nella sua quota rientranti, ma rimanendo sempre personalmente obbligato verso i creditori dell'eredità”.
Tanto premesso, va detto che il contratto ipotizzato sub I certamente dovrebbe considerarsi nullo, in base all'elementare principio del diritto che non permette a un debitore di liberarsi dei suoi obblighi verso il creditore delegando altri ad adempiere il debito ( v. melius co. 1 art. 1268 ). Ciò nonostante per le ragioni che vedremo studiando l'articolo 478, il legislatore, da una parte ritiene valido tale contratto, dall'altra, partendo dal presupposto che esso implichi un'accettazione dell'eredità, evita di liberare con ciò stesso, il cedente la quota, dei suoi debiti verso i creditori.
Il contratto ipotizzato sub II potrebbe invece considerarsi valido anche secondo i principi, ma non può, inevitabilmente, non comportare accettazione dell'eredità, se non altro perché altrimenti, il permanere dei debiti in capo a Fulano, mancherebbe di ragion sufficiente : se Fulano non risponde di tali debiti a titolo di erede, a che titolo ne risponde?
La risposta che così ti ho dato, corrisponde alla migliore interpretazione dell'articolo 477, che recita : “ (Donazione, vendita e cessione dei diritti di successione ). La donazione, la vendita o la cessione, che il chiamato alla eredità faccia dei suoi diritti di successione a un estraneo o a tutti gli altri chiamati o ad alcuno di questi, importa accettazione dell'eredità”.
Disc. Allora, in termini sostanzialmente eguali va risolta la questione, se vada ravvisata un'accettazione dell'eredità nella rinunzia, che Fulano faccia, dei suoi diritti ereditari a favore di un coerede.
Doc. E invece rispetto alla fattispecie da te proposta il legislatore fa dei “distinguo”, come ti risulterà dalla lettura dell'articolo 478, che recita : “ ( Rinunzia che importa accettazione ). La rinunzia ai diritti di successione,qualora sia fatta verso corrispettivo o a favore di alcuni soltanto dei chiamati, importa accettazione”.
Disc. Quindi il legislatore delinea nell'articolo 478 due ipotesi:
Ipotesi A : il chiamato all'eredità rinuncia a favore di solo alcuni chiamati all'eredità. Penso al caso in cui sono chiamati all'eredità ( tutti per un terzo ) : Bianchi, Rossi e Verdi : Bianchi rinuncia all'eredità, sì, ma a favore del solo Rossi.
Ipotesi B: il chiamato all'eredità rinuncia dietro corrispettivo ( poco importa che rinunci a favore di solo alcuni o indifferentemente di tutti i chiamati ulteriori o in sua sostituzione ).
Ora a me sembra che nell'ipotesi si torni a violare quel principio di diritto a cui tu prima accennavi ( quando si parlava della vendita o della cessione di eredità ) : il principio che non permette al debitore Bianchi di liberarsi del debito che ha verso il creditore Pinco Pallino assegnando a questi , in sua sostituzione, un nuovo debitore.
Doc.- Ed é così. Nessun dubbio che, per riallacciarci all'esempio da te fatto, se Bianchi potesse rinunciare validamente all'eredità a favore di Rossi , Pinco Pallino che era creditore verso il de cuius per 90, e quindi sarebbe stato , come meglio vedremo in seguito, creditore di 30 verso ciascuno dei tre coeredi, in seguito alla rinuncia di Bianchi vedrebbe trasferito il credito che aveva con il Bianchi sulle spalle del Rossi ( che diventerebbe così debitore di 60 ); il che a Pinco Pallino potrebbe anche stare bene se non fosse per il fatto che, prima, a garanzia del pagamento del suo credito c'era il patrimonio del Bianchi ( che metti era di mille ), mentre ora ci sarebbe il patrimonio di Rossi ( che é solo di cento).
Disc.- Quindi il legislatore dovrebbe ritenere la nullità della rinuncia a favore di Rossi.
Doc.- Così dovrebbe; ma egli ( che può fare de rotundo quadratum ) ritiene valida la rinuncia ( per cui il Rossi diventerà erede per 60 e non più per 30 ), ma elimina le ingiuste conseguenze, che tale soluzione comporterebbe per il creditore Pinco Pallino, stabilendo che tale rinuncia comporta per il Bianchi accettazione dell'eredità ( ciò che significa che il creditore continuerà a godere della garanzia del patrimonio del Bianchi ).
Disc. Tutto bene; però allora il Legislatore avrebbe dovuto considerare come un'accettazione anche la rinuncia che fosse fatta indistintamente a favore di tutti i chiamati all'eredità , dato che questi, in forza della rinuncia del Bianchi, vengono ad acquisire, sì i beni che al Bianchi sarebbero toccati, ma anche i debiti di cui sarebbe stato gravato.
Doc. No, questo il legislatore non poteva farlo, perché allora avrebbe dovuto considerare ( assurdamente ! ) ogni rinuncia come un'accettazione. Infatti ogni rinuncia, comportando una modifica degli eredi, può anche comportare una modifica in senso peggiorativo della garanzia offerta dai loro patrimoni ai crediti dell'eredità. Evidentemente il legislatore teme che si nasconda, dietro una rinuncia fatta a favore di soli alcuni chiamati all'eredità, una qualche malizia e vuole neutralizzarla stabilendo che tale rinunzia va considerata un' accettazione ( e quindi comporta per ciò stesso il permanere della responsabilità del rinunziante verso i creditori ).
Disc. Mi dichiaro soddisfatto solo a metà dell a tua risposta. Ma, veniamo alla seconda ipotesi che fa il legislatore : Bianchi rinuncia sic e simpliciter senza scegliere il beneficiario della sua rinuncia ( quindi evidentemente rinuncia a favore di coloro che, non lui, ma la Legge chiamerà a succedergli ) ; però rinuncia dietro corrispettivo : perché il legislatore considera tale rinuncia come un'accettazione (col risultato di continuare a gravare il rinunziante dei debiti ereditari ) ?
Doc.- Qui si va nel difficile. L'unica risposta che so darti é che il legislatore probabilmente si lascia guidare a tale soluzione dal principio cuius commoda eius incommoda : tu, Bianchi, hai tratto un beneficio dall'eredità, quindi é giusto che anche di questa sopporti i pesi.
Dic.- veniamo a parlare della precsrizione del diritto di accettare l'eredità.
Doc. E' prevista dall'articolo 480, che recita:
Art 480 “ ( Prescrizione ) . Il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni.
Il termine decorre dal giorno dell'apertura della successione e, in caso di istituzione condizionale, dal giorno in cui si verifica la condizione.
Il termine non corre per i chiamati ulteriori, se vi é stata accettazione da aprte di precedenti chiamati e successivamente il loro acquisto ereditario é venuto meno