Disc.- Il chiamato per poter decidere saviamente sull'opportunità o meno di un'accettazione dell'eredità deve essere in grado di calcolare il valore del patrimonio ereditario e quindi, in primis, di conoscere quali sono i beni che lo compongono : la Legge tutela tale interesse ?
Doc.- Sì, lo tutela concedendo al “chiamato” il diritto all'inventario ( vedi comb. disposto degli artt. 769-763 c.p.c. ).
Disc.- Ma che il “chiamato” abbia diritto a fare un inventario, dei beni ereditari a sua conoscenza, io, di certo, non ne dubitavo. Io volevo sapere se la legge gli dà il mezzo per superare gli impedimenti che terzi gli potrebbero frapporre alla conoscibilità di tali beni (penso a Pinco Pallino che, locatario di un appartamento ammobiliato del de cuius, impedisce al “chiamato” di entrarvi per fare l'elenco dei mobili, o anche al direttore della banca, che fa divieto al chiamato di prendere visione del contenuto della cassetta di sicurezza locata al de cuius) e all'ottenimento così di una prova sicura dell'esistenza di tali beni ( e di chi li detiene e di dove si trovano ).
Doc.- Ma “diritto all'inventario”, nel contesto della nostra legge processuale, non significa semplicisticamente diritto a inventariare, ma significa diritto a che l'Autorità Giudiziaria dia incarico a un pubblico ufficiale ( il cancelliere o il notaio ) di :1) prendere nota dei beni che, per il luogo in cui si trovano e la persona che li detiene, potrebbero ( a detta del richiedente l'inventario ) rientrare nell'asse ereditario ; 2) prenderne nota in un documento ( che per essere stato formato da un pubblico ufficiale ) verrà, fino a querela di falso, a far prova ( non della proprietà del de cuius su tali beni, ma ) dell'esistenza di tali beni, della loro detenzione da parte di Pinco Pallino , del luogo in cui si trovano; 3) prenderne nota superando, se del caso con la forza, eventuali resistenze che a ciò si pongano.
Disc.- Il diritto di cui tu fai parola da quali articoli é contemplato ?
Doc. Dagli articoli 769 e segg. c.p.c. Peraltro il “chiamato”, non solo ha diritto ad ottenere l'inventario ( dei beni ereditari ), ma , se é nel possesso di qualche bene ereditario, ha anche l'oneredi chiederlo e di promuoverne il compimento.
Disc. Da che risulta tale onere ?
Doc. Risulta dall'art. 485 che impone al “chiamato” che é nel possesso di qualche bene - bada anche di un solo bene ( che, però, sia naturalmente di apprezzabile valore) - di”fare l'inventario” ( bada, non semplicemente di chiederlo!) entro un (piuttosto breve ) termine.
Evidentemente il legislatore di fronte la rischio che Fulano, il chiamato all'eredità che é nel possesso di beni ereditari, li ...faccia sparire, vuole che di questi sia al più presto accertata la consistenza in un atto facente pubblica fede.
Disc.- Ciò senza dubbio spiega perché Fulano, che, metti, abita in un appartamento rientrante nell'eredità , abbia l'onere di fare l'inventario dei beni in tale appartamento esistenti; ma perché imporgli l'onere di fare l'inventario di tutti i beni ereditari, anche di quelli situati in luoghi in cui lui non ha accesso ?
Doc.- Evidentemente il legislatore ritiene di profittare del fatto, che il pubblico ufficiale incaricato deve “muoversi” per fare l'inventario nell'abitazione di Fulano, per ottenere l'inventario di tutti i beni. Del resto le spese dell'inventario saranno a carico dell'eredità ( quindi, se Fulano non diventa erede, potrà chiederne il rimborso agli eredi - forse che l'inventario non é un atto “conservativo” ? forse che il co.2 dell'art.460 non dà diritto al chiamato, che compie atti conservativi del patrimonio ereditario, al rimborso delle relative spese? Vedi per completezza anche l'art. 511).
Disc. Penso che la conseguenza dell'inadempimento dell'onere sarà che Fulano, in quanto gravato dal sospetto di aver sottratto beni all'eredità, sarà da questa escluso.
Doc. Per nulla. La migliore punizione del “chiamato”, che ha sottratta all'eredità la collana di perle, é quello di costringerlo bon grè mal grè a diventare erede ( vedi art. 527 ). Perché in tal caso l'obbligo di rimborsarne il valore, che naturalmente verrebbe a gravarlo, sarebbe garantito, non solo dai beni dell'eredità, ma anche dai suoi beni personali ( cosa di non poca importanza qualora la collana fosse...l'unico o quasi l'unico bene lasciato dal de cuius in eredità). E ciò che vale nel caso che vi sia la prova che Fulano abbia rubato, vale, mutatis mutandis, anche nel caso in cui Fulano dia adito a sospetti di aver rubato - il caso contemplato dall'art. 485 .
Disc. L'articolo 485 é inserito in una “ sezione” dedicata al “beneficio di inventario”, ma non mi pare che, i commi di tale articolo da noi presi in esame, dicano qualcosa rispetto a....una “accettazione con beneficio di inventario”.
Doc. E in effetti l'articolo 485 con l'istituto della “accettazione beneficiata” c'entra solo a metà. E la metà che abbiamo esaminata, meglio sarebbe stata collocata in un articolo 476bis ( cioé dopo l'articolo 476, che parla dell'accettazione, tacita o coatta, come più piace chiamarla ).
Disc. Parliamo allora di questa accettazione con beneficio di inventario, a cui il legislatore ritiene di dedicare quasi trenta articoli. A te la parola.
Doc. L'istituto della “accettazione con beneficio d'inventario” é stato creato dal legislatore per vincere le titubanze, che un chiamato all'eredità può avere ad accettarla: la Società ha interesse che Fulano accetti ( perché ci vuole qualcuno che paghi i creditori del de cuius, che conservi e gestisca i beni ,dal de cuius, lasciati...) e quindi vuole far superare a Fulano le titubanze, che possono nascere in lui dal timore di adire ad una hereditas damnosa.
Disc. Ma non basta a tale scopo concedere a Fulano il diritto di inventario ?
Doc. No, perché l'inventario permette di conoscere in buona sostanza solo l'attivo dell'eredità, i beni che la compongono; ma un'eredità che ha beni per un milione può essere damnosa perché ha un passivo di due milioni.
Disc. Capisco, si tratta di far venire allo scoperto i creditori del de cuius.
Doc. In buona sostanza é così. E l'istituto de quo , l'accettazione con beneficio di inventario, é il marchingegno ideato dal legislatore allo scopo.
Dics. Ma se Fulano accetta l'eredità , deve poi pagarne i debiti attingendo anche al suo patrimonio.
Doc. Lo dovrebbe secondo la regola, però il legislatore propone a Fulano di fare a tale regola un'eccezione: tu, Fulano, accetti e io, legislatore, limito il diritto a soddisfarsi dei legatari e dei creditori , solo ai beni ereditari ( esclusi quindi i beni del tuo patrimonio personale ).
Disc. Naturalmente, attribuendo il potere di amministrare i beni ereditari ai creditori e ai legatari, così come avviene nella contrattuale “cessione dei beni ai creditori” prevista dall'art. 1977, in cui , com'é noto, “l'amministrazione dei beni ceduti spetta ai creditori cessionari” ( art. 1979) ; é evidente, infatti, che non sarebbe giusto attribuire il potere di amministrazione a chi ( l'erede ), non verrebbe a subire le conseguenze negative del cattivo esercizio di tale potere.
Doc. No, attribuire ai creditori il potere di amministrare non si può, per due ragioni : prima ragione, perché ciò presupporrebbe che, come appunto avviene nel contratto di “cessione”, essi diano a ciò il loro consenso ( dato che l'amministrare é un onere che essi potrebbero ritenere per sè troppo gravoso) – consenso che sarebbe troppo laborioso raccogliere; seconda ragione , perché occorrerebbe il consenso di tutti i creditori, mentre noi partiamo dal presupposto di una situazione in cui l'erede tituba ad accettare , perché non conosce il carico debitorio che grava l'eredità , ciò che, a sua volta, fa pensare che non conosca neanche i nomi dei creditori di questa.
Disc. E allora come risolve, il legislatore, il busillis ?
Doc. Lo risolve dando il potere di amministrare all'erede, ma subordinandone l'esercizio a tutta una serie di cautele ( redazione dell'inventario, rendimento del conto della gestione, cauzione, se così i creditori e i legatari richiedono ) e, inoltre, al controllo dell'autorità giudiziaria.
Disc. Ciò potrebbe bastare a garantire una oculata amministrazione del patrimonio ereditario, ma tale amministrazione é finalizzata al pagamento dei creditori e dei legatari, chi provvede a tale pagamento ?
Doc. L'erede stesso.
Disc. Ma non sorge allora il pericolo che egli commetta favoritismi nei pagamenti ( paghi prima e integralmente il creditore Bianchi così lasciando a becco asciutto il creditore Rossi)?
Doc. Contro tale pericolo il legislatore dà ai creditori ( melius, a ciascun creditore e legatario) il potere di costringere l'erede a una procedura di liquidazione studiata proprio per assicurare la par condicio cerditoris .
Tutto questo ti risulterà meglio dal rapido excursus, che faremo sui principali articoli che disciplinano l'istituto.
Disc. Cominciamo dunque.
Doc. Sì, cominciamo, e naturalmente dall'articolo che ci dice la forma che deve assumere l'accettazione beneficiata: l'articolo 484, che recita : “L'accettazione col beneficio d'inventario si fa mediante dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere (….)”.
Nello stesso articolo 484 ( comma terzo) viene, poi, stabilita la necessità della prima “cautela” di cui ti ho detto : “La dichiarazione deve essere proceduta o seguita dall'inventario, nelle forme prescritte dal codice di procedura civile”.
Naturalmente il legislatore stabilisce precisi termini, sia per il compimento dell'inventario, nel caso che l'accettazione preceda ( vedi il comma due dell'art. 485, per il caso che l'accettante abbia il possesso dei beni, e il comma due dell'art. 487, per il caso che l'accettante non lo abbia ) sia per l'espressione dell'accettazione, per il caso che sia invece l'inventario a precedere ( vedi il comma tre dell'art. 485, per il caso che l'inventariante abbia il possesso dei beni ereditari, e il comma tre dell'articolo 487, per il caso che non lo abbia ).
Disc. Quali le conseguenze che derivano dall'inosservanza dei termini anzidetti ?
Doc. Dall'inosservanza del termine stabilito per fare l'inventario (una volta espressa l'accettazione) deriva sempre l'assunzione bon grè mal grè da aprte del “chiamato” della veste di erede puro e semplice. Dall'inosservanza,invece, del termine stabilito per esprimere l'accettazione (una volta fatto l'inventario ) derivano conseguenze diverse a seconda che il “chiamato” sia in bonis oppure no. Se é in bonis, viene considereato erede puro e semplice ( v. terzo comma art.485 ). Se non lo é, viene considerato “rinunciante” ( vedi terzo comma art. 487 ).
Disc. Capisco perché il legislatore fa derivare dal mancato rispetto dei termini da parte del “chiamato”, che é in bonis, la accettazione pura e semplice : perché il suo permanere “irregolare” nel possesso dei beni ereditari ne fa temere la manomissione : lo stabilire che il chiamato in bonis che non farà l'inventario sarà considerato erede puro e semplice, costituisce, da una parte, una forte pressione a che ciò non avvenga, e, dall'altra, un modo per facilitare, nel caso che manomissioni dei beni ereditari effettivamente si verificassero, un modo per facilitare il diritto al risarcimento ,da tali manomissioni, nascente.
Ma perché considerare erede puro e semplice il “ chiamato” non in bonis,che, espressa la sua volontà di accettare con beneficio di inventario, non esegue questo nei termini? egli infatti, proprio perché non é nel possesso dei beni, non può far temere che li manometta.
Doc. Nel caso del “chiamato” (non in bonis) che non rispetta i termini, il legislatore non vuole sanzionarne il comportamento, cerca solo di interpretarne la volontà. E tu converrai con me, che la cosa più logica é quella di attribuire, al chiamato ( non in bonis) che, espressa la accettazione con beneficio di inventario, poi questo non fa , la volontà di accettare,sì, ma senza il “beneficio” e, al chiamato che, fatto l'inventario, poi non accetta, la volontà di rifiutare l'eredità ( in considerazione proprio di quanto, dall'inventario, risulta)
Dics. Effettivamente non posso negare che questa é la spiegazione più logica. Passiamo all'articolo che delimita la responsabilità del chiamato che nei dovuti termini ha fatta sia l'accettazione che l'inventario : quindi del “chiamato” che é diventato “erede beneficiato”.
Doc. E' l'articolo 490 , che recita:
“ ( Effetti del beneficio d'inventario ) . L'effetto del beneficio d' inventario consiste nel tenere distinto il patrimonio del defunto da quello dell'erede.
Conseguentemente:
1) l'erede conserva verso l'eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte;
2) l'erede non é tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti;
3) i creditori dell'eredità e i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell'erede. Essi però non sono dispensati dal domandare la separazione dei beni, secondo le disposizioni del capo seguente, se vogliono conservare questa preferenza anche nel caso che l'erede decada dal beneficio d'inventario o vi rinunzi”.
Disc. Debbo dire che il contenuto dell'articolo ora riportato mi é tutt'altro che chiaro.
Doc.- Fammi delle domande, io cercherò di rispondervi.
Disc. La mia prima domanda parte da una deduzione, che mi sembra piuttosto logica. E cioé . Dal fatto che “ i creditori dell'eredità e i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell'erede” ( n.3 de comma 2 ) , dal fatto che questo patrimonio il legislatore lo vuole tenuto “distinto” da quello dell'erede ( comma 1), dal fatto infine che l'erede “é tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati” fino al valore di tale patrimonio ( arg. ex n.2 del comma 2 ), mi sembra lecito dedurre che l'erede, fino a che non ha pagato i debiti ereditari, non può gestire l'asse ereditario se non col fine precipuo di pagarli.
Doc. E' una deduzione che in effetti é piuttosto logica. Va avanti, fa la tua domanda.
Disc. Eccola: l'erede come subisce dei vincoli nell'amministrazione del patrimonio ereditario, subisce dei limiti nel suo godimento ? Ad esempio potrebbe prendere alloggio nell'appartamento che era stato del de cuius ?
Doc. Dal fatto che i beni ereditari sono destinati al pagamento dei debiti ereditari, mi pare logico dedurre che l'erede non possa compiere tutti quegli atti di godimento di tali beni che ad essi impediscono di dare quei frutti ( naturali o civili ) che permetterebbero un maggiore soddisfacimento dei legatari e dei creditori stessi.
Disc. Quindi l'erede potrà alloggiare nella casa ricevuta in eredità se non ne é possibile la locazione, non potrà alloggiarvi se ne é possibile la locazione.
Altra domanda: i creditori del de cuius e i legatari senz'altro possono soddisfare i loro crediti sui beni del patrimonio ereditario; però possono soddisfarli anche sui beni del patrimonio personale dell'erede ( purché nei limiti di valore del patrimonio ereditario ) ?
Doc. La cosa é discussa; ma io credo che non lo possano : l'erede é tenuto a soddisfare gli eredi cum viribus hereditatis e non pro viribus hereditatis .E mi pare anche che sia possibile dimostrare ciò chiaramente, solo che si abbia la avvertenza di ragionare su una fattispecie semplificata. Mettiamo, dunque, che l'asse ereditario sia costituito da un unico bene del valore di cento. Mettiamo ancora che il credito di Tizio verso il de cuius fosse di cento. In tal caso Tizio, per realizzare la somma dovutagli, deve chiaramente pignorare e vendere all'asta un bene dell'erede che valga più di cento ( dato che, é notorio, la vendita all'asta dà meno che l'effettivo valore del bene ). Quindi Tizio, se vuole agire esecutivamente sui beni dell'erede, deve impoverirlo più di quanto questi ( idest, l'erede ) si arricchisca con l'acquisizione dell'eredità ( in quanto abbiamo ipotizzato che questa sia data solo da un bene del valore di cento ) - e ciò é proprio quello che un erede vuole evitare accettando con beneficio di inventario.
Con tutto ciò debbo ammettere che la tesi contraria, a tutta prima, appare confortata dal disposto dell'articolo 497. Ma si tratta di una falsa apparenza destinata a cedere ad un approfondimento della ratio di detto articolo. E' vero infatti che tale articolo concede ai creditori il potere di “ di costringere (l'erede ) al pagamento con i propri beni”. Ma questo costituisce solo un mezzo eccezionale di pressione per costringere l'erede a presentare il rendiconto : il legislatore che ritiene sproporzionato ed eccessivo raggiungere tale scopo minacciando la decadenza del beneficio, adotta una mezza-misura : minaccia l'erede “beneficiato” che sia moroso nella presentazione del conto di permettere ai creditori dell'erede di aggredire il suo patrimonio fino a che non rende il conto ( quindi proprio dall'art. 497 si deduce a contrario che il legislatore non permette ai creditori del de cuius di aggredire i patrimoni degli eredi che non siano morosi nella peresntazione del conto !).
Disc. Leggo però nel secondo comma dell'articolo da te ora citato, che l'erede dopo la liquidazione del conto “può essere costretto al pagamento con i propri beni fino alla concorrenza delle somme di cui é debitore”.
Doc. Neanche questo ci deve trarre in inganno : a me sembra chiaro che il legislatore si metta nel caso in cui, presentato ( ai sensi dell'art.263 c.p.c. ) il conto....i conti non tornino (metti risulta che l'erede ha venduto dei preziosi quadri, ma non risulta che il relativo prezzo sia stato impiegato per pagare i creditori, per cui vi é da pensare che sia stato impiegato per soddisfare le esigenze personali dell'erede ) : giusto che in tal caso ( ma solo in tal caso!) l'erede sia costretto a cavare dalle sue tasche quei soldi che mai avrebbe dovuto metterci.
Disc.- A proposito di debiti pagati con soldi cavati dalle tasche dell'erede, che succede se questi paga un debito ereditario con i suoi soldi ?
Doc. Succede che egli viene surrogato nel credito soddisfatto ( arg.ex n.4 art. 1203 ). Però é chiaro che l'erede pagando con soldi propri rischia di rimetterci. Ed é facile verificare ciò con un esempio : metti che il credito (pagato dall'erede ) sia di 100 ed il patrimonio ereditario potesse soddisfarlo solo per la metà, cioé per 50 : anch'egli ( idest, l'erede surrogato ) potrà ottenere solo 50.
Disc. Esaminiamo ora più particolarmente il numero due del secondo comma ( dell'art. 490 ). Quindi , in deroga all'art. 1253, non si ha “confusione” tra i crediti ed i debiti reciproci dell'erede e del de cuius : perché ?
Doc. Ovvio. Se, avendo avuto il de cuius l'obbligo di dare 100 all'erede , si applicasse l'art. 1253, il relativo credito di questi si estinguerebbe e questi perderebbe 100, cioé vedrebbe una diminuzione del suo patrimonio personale - diminuzione che, egli, accettando, sì, ma con beneficio di inventario, voleva evitare. Se, al contrario, l'erede fosse ( non più il creditore, ma ) il debitore, l'applicazione dell'articolo 1253, comportando l'estinzione del correlativo credito già del de cuius, determinerebbe un ingiustificato arricchimento del patrimonio personale dell'erede a scapito di quello ereditario ( mentre abbiamo visto che l'istituto dell'accettazione beneficiata si regge sul principio, che l'erede si può arricchire con il patrimonio ereditario solo dopo che su di questo si sono soddisfatti i legatari e i creditori del de cuius ).
Disc. Passiamo al disposto del n. 3 dell'art. 490. Quindi l'erede non può usare dei beni ereditari ( ad esempio vendendoli ) per pagare i suoi creditori: ho capito bene ?
Doc. Hai capito benissimo: dal principio che l'erede non può arricchirsi a scapito del patrimonio ereditario fino a che non siano soddisfatti i legatari e i creditori del de cuius, deriva l'ulteriore principio che, fino a quando ciò non sia avvenuto, questo patrimonio deve essere gestito dall'erede con l'unico scopo di soddisfare tali creditori e tali legatari, e da questo secondo principio deriva con tutta evidenza il divieto per lui di usare i beni che lo costituiscono per soddisfare un proprio creditore.
Disc. E quindi anche il divieto per i creditori dell'erede di soddisfarsi aggredendo i beni ereditari.
Doc. Mi pare logico: forse che anche in questo caso non si verificherebbe quell'arricchimento del patrimonio dell'erede ( arricchimento dovuto al venir meno di uno dei debiti che lo gravavano ) a scapito di un impoverimento del patrimonio ereditario ( dovuto al venir meno di uno dei beni che lo costituivano ) - cosa che invece il legislatore vuole evitare ?
Disc. Tu prima hai detto che, per evitare la possibilità di abusi dell'erede, il legislatore ne subordina l'amministrazione al controllo dell'autorità giudiziaria : qual'è l'articolo che prevede ciò ?
Doc. E' l'articolo 493, che recita: “ (Alienazione di beni ereditari senza autorizzazione). L'erede decade dal beneficio di inventario, se aliena o sottopone a pegno o ipoteca beni ereditari, o transige relativamente a questi beni senza l'autorizzazione giudiziaria e senza osservare le forme prescritte dal codice di procedura civile.
Per i beni mobili l'autorizzazione non é necessaria trascorsi cinque anni dalla dichiarazione di accettare con beneficio d'inventario”.
Disc. “Alienazione” é sinonimo di vendita ?
Doc. No, é chiaro che il termine “alienazione” va inteso in senso tecnico ( quindi come comprensivo, ad esempio, anche della costituzione di un diritto reale ).