Doc. La “petizione di eredità” é un'azione sconosciuta a molti Ordinamenti giuridici. Accolta nel nostro dopo molte perplessità, non pochi Studiosi la ritengono pleonastica, in quanto i poteri, che pretenderebbe attribuire all'erede, già da altre norme o dai principi gli sarebbero conferiti.
Disc. Io penso però che nell'interpretare una norma si debba partire dal presupposto che , chi l'ha scritta, sano di mente, non si sia sobbarcato alla fatica assurda di dire cose inutili e superflue.
Doc. Così la penso anch'io. E in base a tale presupposto interpreteremo l'articolo 533, che tale azione istituisce recitando :
“ L'erede può chiedere il riconoscimento della sua qualità ereditaria contro chiunque possiede tutti o parte dei beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, allo scopo di ottenere la restituzione dei beni medesimi.
L'azione é imprescrittibile, salvi gli effetti della usucapione rispetto ai singoli beni.”
Disc, Quindi,sussistendo alcuni “elementi”, l'erede può ottenere la restituzione dei beni ereditari ( da chi li possegga ).
Ma quali sono tali “elementi”.
Doc. Due di essi sono chiari : la “qualità di erede”, del richiedente la restituzione; la qualità di beni ereditari, che debbono avere i beni di cui si chiede la restituzione.
Altri due elementi , si possono ricavare indirettamente, da certi termini che appaiono nella formula legislativa . E così, dal termine “restituzione” ( l'erede può chiedere la restituzione ecc ), si può ricavare, che deve trattarsi di beni, che precedentemente il convenuto aveva “presi” dal patrimonio del de cuius (si restituisce infatti quel che si é prima preso ); e dal termine “possiede” ( l'erede può agire “contro chiunque possiede ), si può ricavare ( salva la possibilità di un'interpretazione estensiva, di cui diremo in seguito ), che i beni di cui si chiede la restituzione debbono essere suscettibili di possesso.
Disc.Che cosa si intende per “beni ereditari” ?
Doc.- Questo é un busillis. I nostri Giudici ritengono di scioglierlo dicendo che, per ottenere la “restituzione dei beni”, chi agisce deve provare, non solo la sua “qualità di erede”, ma anche che i beni richiesti rientravano nel “compendio ereditario”. Ma quand'é che si può dire che un bene “rientra nel compendio ereditario” ? Si tratta chiaramente di formula vaga, che inutilmente cerca di colmare una lacuna legislativa.
Disc. Non si potrebbe dire che, rientra nel “compendio ereditario”, ogni bene che sia stato in possesso del defunto ?
Doc. Si può dire, ma il busillis resta. Fulano é morto nel 2013, e nel 1999 era nel possesso del fondo Corneliano : il suo erede può basarsi su questo possesso lontanissimo per chiedere a Rossi, che ora é nel possesso di tale fondo, di fargliene consegna ? Direi proprio di no!
Disc. Si potrebbe meglio precisare il concetto, dicendo che il bene, a che possa essere ritenuto rientrante nel “compendio ereditario”, deve essere stato in possesso del defunto al momento della sua morte.
Doc. A prescindere che ciò non é scritto nella norma - ( ma ,bada, non ti sto facendo per questo un appunto : anch'io , lo vedrai, mi permetterò delle “interpretazioni eccessive”: queste sono inevitabili, quando la norma é eccessivamente lacunosa, come lo é l'art. 533 ! ) - ciò porterebbe a soluzioni assurde : Fulano é morto il 15 Agosto 2013; egli fino al 15 marzo 2013 ( cioé a fino a cinque mesi prima della sua morte ) era stato nel possesso del fondo Corneliano , e poi ne era stato spogliato da certo Rossi : vuoi negare al suo erede, Bianchi, il potere di chiedere la restituzione di tale bene ( perché più non risultava nel possesso del de cuius alla sua morte ) ? Sarebbe assurdo!
E bada, la questione, del momento in cui deve essere esistito il possesso del bene da parte del defunto, non é la sola che l'articolo 533 lascia insoluta. Altre, e non poche, ne vedremo nel proseguo del nostro studio.
Orbene, io ritengo che, a tutte queste questioni, l'interprete debba dare una risposta ispirata alla considerazione, che il legislatore, con l'art. 533, si propone, non certo di ostacolare, ma di agevolare l'erede nella difesa del patrimonio ereditario.
Disc. Perché il legislatore dovrebbe far questo ?
Doc. Perché il patrimonio di Fulano, il de cuius, alla morte di questi entra in una fase critica, di “minorata difesa”.
Disc. Perché mai ?
Doc, Ma perché, per pochi o tanti giorni , morto Fulano, é probabile che nessuno sia in grado di convenientemente vigilarlo e custodirlo. Sì, lo abbiamo visto, al chiamato all'eredità, non mancano i poteri per vigilare e custodire. Ma per ben vigilare e custodire un patrimonio bisogna sapere quali beni lo compongono, quali i diritti che Fulano aveva su tali beni ( era proprietario, usufruttuario, locatario...?), quali diritti su tali beni Fulano aveva concessi a terzi ( “Il Rossi, che vedo abitare nella casa del povero zio Fulano, é una persona a cui lo Zio aveva dato in locazione l'appartamento o é un abusivo?” ). Ora tutte queste cose, al momento dell'apertura della successione
( al momento della morte di Fulano ), il chiamato all'eredità non le sa : le apprenderà sì, ma a poco a poco consultando le carte del de cuius.
Disc. E allora ?
Doc. Allora, il legislatore viene in soccorso dell'erede in difficoltà con l'art. 533, che, in buona sostanza, potenzia i diritti già previsti dall'Ordinamento a difesa del patrimonio, correggendo o tout court eliminando quegli elementi che li limitano o li condizionano - purchè, ben s'intenda, tali elementi , giusti e opportuni in situazioni normali, divengono ingiusti nelle situazione anomala in cui si trova l'erede.
Disc. Ad esempio ?
Doc. L'esempio classico é dato dalle azioni possessorie. Il termine di un anno concesso per esperire l'azione possessoria é già maturato al momento in cui tu, erede, hai accettato l'eredità ? Poco importa, tu puoi agire, per il recupero del possesso, lo stesso. Il possesso del de cuius non aveva raggiunto l'anno ( quell'anno a cui il comma due dell'art. 1170 subordina l'esercizio dell'azione di manutenzione)? Non importa,tu, erede, puoi agire lo stesso. Di più, dato che Rossi, l'attuale possessore, ha preso possesso del bene dopo la morte del de cuius, mancherebbe per agire il presupposto dello “spoglio”, anche di quello spoglio senza violenza e clandestinità, che é pur sempre necessario per recuperare il bene ai sensi del comma 2 art. 1170? Non importa tu, erede, hai diritto, ciò nonostante, di recuperare, di tale bene, il possesso.
Disc. Capisco il tuo ragionamento; ma, permettimi di aprire una parentesi nel tuo ragionare, perché dici che manca lo spoglio nel caso del Rossi, che prende possesso del bene dopo la morte del de cuius ?
Disc. Perché lo spoglio, anche lo spoglio non violento e clandestino di cui all'art. 1170, richiede pur sempre una presa di possesso da parte del terzo ( lo spoliator )senza soluzione di continuità, senza un iato con un precedente possesso ( quello dello spoliatus). Ora il terzo, che prende possesso del bene A, dopo la morte delde cuius e quando l'erede non ha ancora preso, di tale bene, possesso, non subentra con continuità a nessunissimo possesso : non a quello del de cuius ( da cui lo separa uno iato ) e non a quello dell'erede che....non é mai cominciato ( non a caso l'art. 460 concede, al chiamato all'eredità, l'esercizio delle azioni possessorie “ senza bisogno di materiale apprensione” – e ciò che l'art. 460 concede al “chiamato” , l'art. 533 lo concede all'erede ).
Disc. Ma fino a che punto giunge, la benevolenza, diciamo così, del legislatore verso l'erede? Metti, , Fulano ha subito lo spoglio nel marzo 2013 ed é morto nel 2015 senza esercitare l'azione di reintegra ( per cui al momento della sua morte ne era decaduto ), può Bianchi, il suo erede, esercitarla ? O, per fare un altro esempio, Rossi ha maturati i venti anni previsti, dall'art. 1158, per l'usucapione, senza che Fulano provvedesse a interromperla : può il Bianchi interromperla ?
Doc. Certamente, no. In tal casi, infatti, alla morte di Fulano, il patrimonio ereditario aveva già perduto, nel primo, il potere di esercitare l'azione di reintegra, nel secondo, la proprietà del bene : concedere all'erede di agire, per la reintegra o per la interruzione, non comporterebbe un'agevolazione dell'erede nella “difesa” del patrimonio ereditario, cioé in un'attività diretta a impedirne l'impoverimento, bensì un'agevolazione in un'attività diretta ad attuarne un arricchimento (con i beni già perduti ).
Disc. Portando alle estreme conseguenze logiche la tua affermazione – l'affermazione, cioé, che l'art. 533 si innesta su diritti già previsti dall'Ordinamento e solo per privarli degli elementi, che verrebbero ad ostacolare la difesa del patrimonio ereditario ( in quanto non giustificati, beninteso, dalla situazione anomala ecc. ecc. ) - mi pare che si dovrebbe concludere che, come nelle azioni possessorie, anche nella petitio hereditatis, il giudice deve far applicazione del principio spoliatus ante omenia restituendus ( che non ostacola, ma agevola l'erede ) : il convenuto eccepisce che é nel possesso del bene in quanto titolare di un diritto reale sullo stesso ( o perché l'ha ricevuto in comodato, in locazione....) ? Tu, giudice, non devi esaminare la fondatezza di tale eccezione : essa é irrilevante : prima, il bene va restituito all'erede,e, poi , tu, convenuto, potrai agire per far valere il tuo ( preteso ) diritto. Ho capito bene ?
Doc. Tu hai capito bene. Ma sono i nostri Giudici che non hanno capito la natura e la funzione dell'art. 533. Essi, infatti, nel caso il convenuto ( in una petitio hereditatis) sollevi, metti, la eccezione di aver usucapito il bene ereditario, ritengono di dover scendere all'esame della fondatezza di tale eccezione, col risultato che, se risulta loro fondata, respingono la domanda, condannando naturalmente l'attore alle spese. E ciò, é ovvio, rappresenta una remora e un ostacolo all'azione, per l'erede, dato che questi – che non é in grado di ricostruire la “storia” di ciascun bene ereditario ( i suoi fatti costitutivi, impeditivi, estintivi...) - ha da temere di fare, iniziando la petitio...un salto nel buio : egli, infatti, non é in grado di prevedere le eccezioni, che il convenuto potrebbe opporgli e, quindi, il rischio di soccombenza.
Disc. Da come tu interpreti la funzione dell'articolo 533, si dovrebbe dedurre che l'erede possa agire con la petitio hereditatis anche per far valere un credito, che, in base agli artt. 2946 e segg, dovrebbe invece ritenersi ( dopo la morte del de cuius ) estinto.
Doc. Ed é così : io ( e non solo io : ti vengo ad esporre un'opinione, che ha larghi consensi e che era accettata anche nel diritto romano ) non vedo perché l'erede possa agire, per richiedere la reintegra, anche se é passato un anno dallo spoglio, e non possa, invece, agire, per chiedere il pagamento di una somma dovuta al de cuius, se sono passati gli anni di prescrizione previsti dagli articoli 2946 e segg.
Disc. Ma non é ingiusto esporre il debitore al rischio dell'esercizio di un diritto, che non si prescrive mai. Infatti, dal secondo comma dell'art. 533, risulta chiaramente che l'azione di petizione di eredità é “imprescrittibile”.
Doc. Sulla imprescrittibilità di tale azione bisogna intendersi : essa é imprescrittibile,sì, ma nello stesso senso che lo é il diritto di proprietà. Tu, proprietario del bene A, puoi rivendicarne la proprietà senza limiti di tempo, se nessuno, tale tuo bene A, ha usucapito ( metti, perché Fulano I, che ne era al possesso, dopo 19 anni che l'ha esercitato, se ne é stufato e se ne é andato, FulanoII, che gli é succeduto nel possesso, anche lui dopo un pò di tempo ha sbaraccato, e così via ). Però, la tua rivendica del diritto di proprietà contro Fulano I, cozza contro un muro, se questi, perseverando nel possesso, ha usucapito il bene. Lo stesso può ripetersi per la petitio hereditatis : tu puoi esercitarla anche dopo cento anni, ma se l'eserciti per far valere un credito contro Fulano I, nei cui riguardi il credito é prescritto, la tua domanda andrà rigettata; e similmente andrà rigettata, se l'eserciti per recuperare il possesso di un bene, da cui il de cuius o tu stesso siete stati spogliati, quando é già maturato il tempo, che porta alla decadenza da tale azione.
Doc. Quindi tu ritieni, per riferirci al secondo degli esempi da te fatti, che vi é un termine di decadenza anche per la petitio volta a recuperare un bene, da cui il de cuius o l'erede stesso sia stato spogliato.
Doc. Certo che lo ritengo . Ingiusto, sì, sarebbe far decorrere il termine di decadenza dal verificarsi dallo spoglio; ma una volta che l'erede ha accettata l'eredità, una volta che si trova in grado di ben informarsi sulla situazione dei beni ereditati, diventa giusto porgli un termine per agire.
Dics. E quale sarebbe tale termine ?
Doc. Qui dovrebbero probabilmente farsi dei “distinguo”, a seconda che si tratti di termine di decadenza o di prescrizione , a seconda che si tratti di prescrizione acquisitiva o estintiva, ma grosso modo possiamo dire, che dovrebbe essere un termine pari a quello stabilito per la prescrizione del credito o la decadenza dall'azione, diciamo così, “di base” ( per l'azione di reintegra per intenderci, per il diritto di credito a quella data somma, per intenderci..); e che tale termine dovrebbe essere fatto decorrere dall'accettazione dell'eredità.
Disc. L'erede é costretto a esercitare la petitio hereditatis, anche se già, in base ad un'altra norma, sia in grado di tutelare soddisfacentemente i suoi diritti sull'eredità? Mi spiego meglio : Fulano, che é stato spogliato di un bene ereditario, é costretto, per recuperarne il possesso, ad esercitare la petitio, anche se egli potrebbe tranquillamente agire, in base all'art. 1168, con una normale azione di reintegra ( dato che vi é stato uno spoglio violento, dato che non é passato un anno da tale spoglio ecc. ecc. )
Doc. Chiaramente, sì : ripeto, con l'articolo 533, il legislatore non ha inteso privare l'erede delle normali difese, ne ha voluto solo aggiungere delle altre.
Disc. Poniamoci, ora, nel caso che un certo signor Rossi , senza essere nel possesso di nessun bene ereditario, reclami per sé la qualità di erede : “Erede di Fulano sono io, Rossi, e non tu, Bianchi”. Può il Bianchi, che ( a torto o a ragione ) si ritiene erede, agire per ottenere una sentenza, che dichiari che il Rossi non é erede, che erede é lui, Bianchi, e non il Rossi ?
Doc. Certamente, può esercitare l'actio negatoria, prevista dall'art. 949, che recita :
“Il proprietario può agire per far dichiarare l'inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio (…)” .
Disc. Però potrebbe darsi il caso che il Rossi, affermi , sì, di essere erede, ma non vanti un diritto di proprietà su nessun preciso bene facente parte del patrimonio ereditario.
Doc. A me sembra, che l'articolo 949 possa senz'altro interpretarsi, nel senso che l'azione negatoria é esercitabile anche quando un terzo indirettamente si afferma proprietario su un bene. E certamente il Rossi, dichiarandosi erede, indirettamente si afferma proprietario dei beni componenti l'asse ereditario ( col risultato, che il legislatore vuole evitare, che i potenziali acquirenti di tali beni potrebbero astenersi dall'acquistarli ).
Disc. Mettiamo allora, per porre più chiaramente la questione, che nell'asse ereditario non esistano beni, che possano essere oggetto di un qualche diritto reale : esistono solo diritti di credito; o, addirittura, non esiste nessun bene :l'eredità é come una scatola vuota.
Doc. Capisco. Ebbene, io riterrei che, anche in questo caso, il Bianchi possa agire per ottenere una sentenza, che dichiari la sua qualità di erede. Questo, però, non in forza dell'art. 533 ( che dà, sì, al Bianchi, il potere di chiedere “il riconoscimento della sua qualità di erede” , ma unicamente “allo scopo di ottenere la restituzione” di beni ereditari ), ma in forza dei principi del diritto processuale civile.
Disc. Però, la questione sulla “qualità di erede” dell'attore, si porrà inevitabilmente, se pure non come questione principale, come “questione pregiudiziale”, anche in una causa di petizione di eredità : il giudice di questa dovrà decidere obbligatoriamente tale questione con efficacia di giudicato ?
Doc. A me sembra che, una giusta interpretazione dell'articolo 34 c.p.c., comporti l'obbligo per il giudice, di decidere con efficacia di giudicato la questione sulla “qualità di erede”, solo quando le parti esplicitamente di ciò lo richiedono.
Disc. A questo punto dobbiamo affrettare il passo e metterci a parlare dell'art. 534, che recita :“ ( Diritti dei terzi) – L'erede può agire anche contro gli aventi causa da chi possiede a titolo di erede o senza titolo.
Sono salvi i diritti acquistati, per effetto di convenzioni a titolo oneroso con l'erede apparente, dai terzi i quali provino di avere contrattato in buona fede.
La disposizione del comma precedente non si applica ai beni immobili e ai beni mobili iscritti nei pubblici registri, se l'acquisto a titolo di erede e l'acquisto dall'erede apparente non sono stati trascritti anteriormente alla trascrizione dell'acquisto da parte dell'erede o del legatario vero, o alla trascrizione della domanda giudiziale contro l'erede apparente”.
Dico subito che a me, il primo comma dell'articolo riportato, sembra veramente inutile . Infatti i casi sono due, o l'avente causa é nel possesso dei beni ereditari, e allora nessuno potrebbe dubitare che la petitio hereditatis contro di lui possa essere promossa, o non lo é, e allora , dal momento che la petitio può essere esercitata solo a fine recuperatorio di tali beni, nessuno può dubitare che essa.... non sia esperibile.
Doc. No, sbagli. Proprio per dare un senso a tale comma, bisogna interpretarlo come se, derogando in parte all'articolo 533, permetta al vero erede di agire, contro l'avente causa dal possessore dei beni a titolo di erede o senza titolo,anche se non chiede la restituzione dei beni ereditari, ma agisce solo per farsi riconoscere il diritto al loro possesso e l'inopponibilità nei suoi confronti dei diritti acquistati su di essi ( dal convenuto ).
Disc. Ma quand'é che il convenuto non può opporre al vero erede i diritti acquistati dal possessore.
Doc. Te lo dicono il secondo e il terzo comma sopra riportati.
Il secondo comma esclude l'opponibilità dei diritti acquistati ( dal convenuto ), quando : 1) l'acquisto é stato fatto dal possessore senza titolo ( possessor pro possessore ); 2) o anche dal possessor pro herede, ma in tale caso é stato fatto in mala fede ( cioé sapendo che il dante causa non era erede, nulla importando che l'acquirente, ciò nonostante, lo ritenesse il vero proprietario dei beni acquistati ) o anche in buona fede, cioé ritenendo per errore il dante causa vero erede, se tale errore é dipeso da colpa grave ( arg ex co.3 art. 535 ).
Ancora dal secondo comma, risulta ( implicitamente ) che per il legislatore deve ritenersi sempre dovuto a colpa grave, l'errore di chi ha acquistato , sì , da unpossessor pro herede, ma non da un “erede apparente” - dovendosi intendere per erede “apparente” chi, non solamente si dichiara erede all'acquirente , ma non ha remore ad “apparire” come tale, spendendo il titolo di erede in pubblico ( e senza che nessuno , sempre in pubblico, apertis verbis, glielo contesti ) .
Disc. Direi che anche il terzo comma si basa su una presunzione (assoluta) di colpa grave : “Tu, Rossi , che hai acquistato quel tale immobile ( o quella tale automobile ), ancorché in buona fede, non puoi opporre il tuo acquisto al vero erede, dal momento che, se prima di effettuarlo avessi fatta una visura dei registri immobiliari, vi avresti visti trascritti degli atti ( l'atto di accettazione dell'eredità, di cui all'art.2648 o la domanda con cui “si contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte”, di cui al n. 7 art.2652 ), che ti avrebbero dovuto mettere sull'avviso che forse stavi comprando da chi, erede vero, non era.
Doc. Il tuo ragionamento sarebbe giusto se il legislatore escludesse, l'opponibilità dell'acquisto, solo qualora questo fosse stato fatto quando già nei registri immobiliari gli atti che tu dici ( l'accettazione dell'eredità da parte di un terzo ecc ) erano trascritti; invece il legislatore esclude tale opponibilità anche quando, al momento dell'acquisto, tali atti ( che avrebbero dovuto porre sull'avviso l'acquirente) non erano ancora trascritti, bastandogli, per la inopponibilità dell'atto di acquisto ( del convenuto ), la sua trascrizione dopo che già era avvenuta quella degli atti de quibus ( idest, dell'atto di accettazione di un terzo ecc. ). Pertanto io riterrei che, l'inopponibilità dell'atto di acquisto ( del convenuto ), si basa sic et simpliciter sui principi che reggono la disciplina delle trascrizioni.
Disc. Quel che dispongono i commi due e tre dell'articolo 534 vale, sia nel caso che Rossi, l'avente causa, non abbia acquisito ( dal suo dante causa ) il possesso del bene sia anche nel caso lo abbia acquisito ?
Doc. Naturalmente,sì.
Disc. Allora, però, non capisco il perché Rossi, che acquista il bene A da Fulano, che non é erede, nè appare erede, però appare proprietario di A, non dovrebbe acquisire la proprietà di A, quando sussistano tutti i requisiti voluti dall'articolo 1153 per un (valido ) acquisto a non domino (possesso, buona fede, titolo idoneo ecc) ; tanto meno capisco, il perché Rossi non acquisti validamente, se Fulano, pur non essendo né l'erede né l'apparente erede, é però il vero proprietario del bene.
Doc. Non é che Rossi non acquista validamente. Semplicemente egli non può opporre il suo acquisto all'erede vero, al fine di rifiutargli il possesso dei beni ereditari. Una volta trasmessogli tale possesso ( in base al principio spoliatus ante omnia restituendus ), nessuno gli impedirà di rivendicare la proprietà del bene acquistato ( da Fulano ). E con ciò veramente chiudiamo sull'argomento.