Enciclopedia giuridica del praticante

 

Lezioni di Diritto ereditario

07 - Lezione VII : Rappresentazione – Accrescimento – Sostituzione.

Disc- Mettiamo che il de cuius abbia disposto col suo testamento per una sola parte del suo patrimonio. L'altra parte con che criteri viene attribuita ?

 Doc - Con i criteri che danno gli articolo 565 e segg., che disciplinano la c.d. “successione legittima”.

 Disc. In tal caso verranno per così dire a coesistere una successione testamentaria e una successione legittima.

 Doc- Cosa prevista dal legislatore nel secondo comma dell'art. 457, che recita : “ Non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria.

Certo prima di ammettere una successione legittima parziale bisogna bene verificare che il testatore abbia disposto solo parzialmente del suo patrimonio. Il che si dovrebbe ritenere nel caso nella scheda testamentaria fosse solo scritto “Lascio un terzo dei miei beni a Fulano I e un terzo dei miei beni a Fulano II” e poi...stop. Mentre invece la cosa sarebbe dubbia, nel caso avesse proceduto a due istituzioni ex re certa : “Lascio, le mie due case di via Roma, a Fulano I, e, le mie due case di via Garibaldi, a Fulano II” - nulla dicendo sugli altri suoi beni. In tal caso infatti si potrebbe pensare, sia che il testatore non abbia voluto attribuire gli altri suoi beni né a Fulano I nè a Fulano II, sia che abbia voluto lasciare tutto il suo patrimonio metà a Fulano I e metà a Fulano II, procedendo poi a una divisione ( quella divisione del testatore di cui parla l'art.734 ) solo parziale.

 Dics. E tale dubbio come andrebbe risolto ?.

 Doc.- Col criterio che , se non risulta “una diversa volontà del testatore” ( e a mio parere questa diversa volontà deve risultare e chiaramente dalla scheda testamentaria ) , i beni non contemplati in questa, vanno attribuiti in base alle norme disciplinanti la successione legittima; giusta il disposto dell'articolo 734, già citato, il quale recita : “Se nella divisione fatta dal testatore non sono compresi tutti i beni lasciati al tempo della morte, i beni in essa non compresi sono attribuiti conformemente alla legge, se non risulta una diversa volontà del testatore”.

 Disc. Quindi, se nella scheda c'è scritto “ Lascio metà del mio patrimonio a Fulano I e l'altra metà a Fulano II”, e poi ancora “ L'appartamento di via Roma lo lascio a Fulano I, quello di via Garibaldi a Fulano II” - che si fa ?

 Doc. Si fa, che si attribuiscono i residui beni metà a Fulano I e metà a Fulano II, cioé si fa una successione testamentaria : forse che non risulta chiaro nel caso la volontà del testatore di non lasciar spazio alla successione legittima ?!

 Disc- Mettiamoci ora nel caso che chiamati all'eredità siano A, B, C. ; e che C non possa accettare l'eredità ( metti perché premorto, o perché “indegno” ai sensi dell'art. 463, o perché si é prescritto il suo diritto di accettare....) oppure semplicemente abbia manifestata ( nelle forme volute dalla legge ) la volontà di non accettarla – poco importa se questa volontà sia revocabile ( come in caso di rinuncia – art.525 ) o no ( come in caso di mancata risposta all'actio interrogatoriadi cui all'art.481 ) : che succede? la porzione ereditaria spettante a C si attribuisce in base alle norme sulla successione legittima ( per cui, in mancanza di coniuge e di ascendenti di Fulano, in prima battuta, saranno chiamati a dividersi tale porzione, i suoi – idest, del de cuius, Fulano - figli, in seconda battuta, i suoi fratelli, in terza i suoi cugini ) ?

 Doc. Può succedere anche questo , ma non é detto che succeda. Prima di tutto va premesso che, nella porzione di C, può accadere che non...succeda nessuno : é il caso questo in cui la “porzione” da attribuire consista “in un legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale” ( é chiaro che se , per legge o per volontà delde cuius, il diritto, oggetto della devoluzione, é destinato a estinguersi alla morte del chiamato all'eredità, ciò implica che se questi premuore al de cuius, il diritto non ...c'é più al momento dell'apertura della successione e quindi é assurda la sua attribuzione a chi che sia – vedi melius, comma due art. 519 e co. 2 art. 678 ).

Tanto premesso, c'é da dire che, la attribuzione della “porzione” di C a coloro che sarebbero chiamati alla successione legittima, é, per il legislatore, un po' come una extrema ratio . Infatti : (I) in prima battuta, il legislatore attribuisce la porzione a colui ( o a coloro ) che il testatore ( qui ci si deve mettere nell'eventualità che la successione sia in tutto o in parte testamentaria) ha chiamato all'eredità, per il caso che C non possa o non voglia accettarla ; (II) in seconda battuta, l'attribuisce a coloro che sarebbero i “rappresentanti” di C in base al fenomeno ( giuridico ) della c.d. “rappresentazione”; (III) in terza battuta, l'attribuisce a coloro che hanno , sussistendo le condizioni che poi vedremo, un “diritto di accrescimento”; (IV)se anche questo non é possibile, l'attribuisce a coloro che sarebbero stati chiamati a una successione legittima ( v. art. 677 )

 

Disc- Quindi, e mi riferisco a quanto detto da te sub I, il de cuius può nominare un “sostituto”?

 Doc Sì, prevede tale possibilità l'articolo 688, che recita: “Casi di sostituzione ordinaria) – Il testatore può sostituire all'erede istituito altra persona per il caso che il primo non possa o non voglia accettare l'eredità”.

Tieni presente che la sostituzione di C con altra persona ( per il caso che C non possa ecc.ecc. ) può avvenire anche indirettamente : il testatore, esclude dall'eredità i “rappresentanti” ( di cui ho detto sub II ) ed é come nominasse sostituto di C i “chiamati” che hanno diritto all'accrescimento ( come ho detto sub III); esclude i primi e i secondi, ed é come nominasse sostituti i chiamati alla successione legittima.

 Dics- Ma questa sostituzione “indiretta” é ammissibile ?

 Doc- Perché no ? Ed é da ritenersi che non a caso il legislatore nel secondo comma dell'art. 467, escluda la “rappresentazione” ( non semplicemente quando il testatore non ha nominato un sostituto, ma ) “quando il testatore...non ha provveduto per il caso in cui l'istituito non possa o non voglia” ecc .

 Disc. Parliamo dunque della “.rappresentazione”

 

Doc. Essa é disciplinata negli artt. 467 e segg.

E' l'articolo 467 ( nel suo primo comma) a darci la nozione di “rappresentazione”

Disc. Quindi riportiamolo ( per comodità dello studioso, nella sua integralità ) :

Art. 467 : “( Nozione )- La rappresentazione fa subentrare i discendenti legittimi o naturali nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l'eredità o il legato.

Si ha rappresentazione nella successione testamentaria quando il testatore non ha provveduto per il caso in cui l'istituito non possa o non voglia accettare l'eredità o il legato, e sempre che non si tratti di legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale”.

Cosa significa che la rappresentazione fa “subentrare” i discendenti “nel luogo e nel grado del loro ascendente” ?

 Doc.- Te lo spiego con un esempio : Fulano chiama all'eredità A,B,C ciascuno per un terzo. C rinuncia : i suoi figli C2, C3, subentrano “nel luogo” del loro padre C, nel senso che anche loro hanno diritto a un terzo dell'eredità. A un terzo e non di più ( idest, non é che ciascuno dei due ha diritto a un terzo: hanno diritto a un terzo tutti e due insieme ).

 Disc. Quindi la successione per rappresentazione non nuoce ad A e a B.

 Doc.- La successione per rappresentazione di C1 e C2, non solo non viene a nuocere ad A e a B nel senso che in seguito a questa essi non vedranno diminuita la quota loro spettante, ma anche nel senso che i subentranti C1 e C2 avranno, sì, diritto di chiedere ad A e a B la divisione dei beni che con questi hanno in comune, ma non possono coinvolgerli nella divisione dei beni a loro esclusivamente spettanti ( come successori di C ) : essi debbono dividere tali beni con una autonoma divisione.

 Disc. In che senso C1 e C2 debbono dividere il terzo loro spettante con “autonoma divisione” ?

 Doc. In un doppio senso : nel senso che le spese relative ricadranno solo su C1 e C2 e nel senso che questa divisione, meglio “suddivisione”, non potrà ritardare e intralciare la divisione dei beni che essi hanno in comune con A e con B. Tanto vuol dire il terzo comma dell'articolo 469, recitando : “ Quando vi é rappresentazione, la divisione si fa per stirpi”.

 Disc. E a che si vuol riferire il legislatore quando parla di “grado” ( i discendenti subentrano “nel luogo e grado ) ?

 Doc. Ai “gradi” della successione legittima; che però nel discorso che stiamo facendo c'entrano....come i cavoli a merenda : puoi dimenticare tale riferimento : é inutile.

 Disc. A conclusione di tutto questo nostro discorso, fammi vedere se ho capito bene: Fulano ha nel suo testamento nominato eredi i suoi due figli, Alberto e Luca, e poi ha legato la sua villa al mare a Mario, il compagno del tempo di guerra, a cui lo legano tanti ricordi; se questi gli premuore, gli subentrerà nel legato Marietto, suo figlio ( idest, figlio di Mario ) e a lui spetterà la villa.

 Doc. No, non é così : nel caso la villa andrà ai successori legittimi del de cuius, Alberto e Luca. Infatti il legislatore, pone dei limiti alla successione per “rappresentazione.

 Disc. Perché questo ?

 Doc. Perché la successione per rappresentazione aumenta il numero dei successibili e quindi aumenta, sia le difficoltà nella gestione della comunione dei beni ereditari e nella loro divisione, sia la frammentazione ( antieconomica ) dei beni ereditari. In considerazione di tali inconvenienti, il legislatore ammette la successione per “rappresentazione” solo nei limitati casi in cui, il subentro del discendente all'ascendente ( che non può o non vuole accettare ), corrisponde con alta probabilità ai desiderata del defunto.

Il che non é certo nel caso da te esemplificato : i “ricordi” che legano Fulano, il decuius, al commilitone Mario, non lo legano ai discendenti di questo ; per cui é ben da pensare che, nella scelta tra questi e persone del suo stesso sangue, avrebbe preferito ( come eredi ) queste ultime. In buona sostanza, nel caso dell'esempio da te fatto, si può dire ( tenendo presente quel che abbiamo detto nella prima lezione, cioé che la scelta dei parenti come successibili é fatta in base a una fictiomascherata da presunzione ), che, negando la rappresentazione, il legislatore vuole operare a tutela della famiglia

 Disc. Ma il limite di cui ora mi hai detto da che articolo risulta ?

 Doc. Dall' 468, che recita : “ (Soggetti ) - La rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli del defunto,e nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.

I discendenti possono succedere per rappresentazione anche se hanno rinunziato all'eredità della persona in luogo della quale subentrano, o sono incapaci o indegni di succedere a questa”.

 Disc. Fai qualche esempio di successione per rappresentazione.

Doc- Esempio di rappresentazione in linea retta: Fulano morendo lascia tre figli : A , B, C. Il figlio C premuore lasciando il figlio C1; che pure lui premuore lasciando i figli CIbis e CIter. In questo caso CIbis e CIter, nipoti del primo chiamato all'eredità impossibilitato ad accettarla, C, gli subentrano ( come “rappresentanti” - questo é il termine tecnico con cui si designano i discendenti che subentrano all'ascendente , il c.d. “rappresentato” ).

Esempio di “rappresentazione” in linea collaterale: Fulano , scapolo e senza figli, morendo lascia due fratelli A e B. Questi sono chiamati all'eredità ciascuno per la metà ( non é detto che sia sempre così in base alle norme sulla successione legittima, ma fingiamo che nel caso sia così ). Sia il fratello A sia il fratello B premuoiono a Fulano: A lascia, i figli A1, A2; B lascia, il figlio B1. Anche questi premuore lasciando i figli , BIIbis e BIIter. In questo caso i nipoti ex fratre A1 e A2 subentrano ad A ( fratello del de cuius ), che non ha potuto accettare.

 Disc. Debbo dire che i risultati a cui sei giunto sia nel primo esempio che nel secondo mi lasciano perplesso.

 Doc. Comincia a dire perché ti lasciano perplessi i risultati del primo esempio.

 Disc. Io mi sarei aspettato che il legislatore escludesse dalla successione i pronipoti ex filio CIbis e CIter, e attribuisse la “porzione” di eredità devoluta a C ( figlio del de cuius ) agli altri due figli, A e B. Infatti, il superamento del limite all'applicabilità della rappresentazione, non sarebbe qui giustificato per nulla, dalla tutela della famiglia : A e B, i figli del de cuius , non solo sono suoi parenti, ma sono suoi parenti più stretti che i pronipoti ex filio CIbis e CIter.

 Doc- La tua osservazione é giusta e mi costringe, per spiegarti la soluzione legislativa, a un ragionamento più articolato di quello fatto prima. Ragionamento che si sviluppa nei seguenti “passi”.

(I) Primo “passo” : si parte dalla considerazione che il legislatore scelga come erede CIbis e CIter in quanto “presuma ( o finga di presumere ) che Fulano, come eredi, li avrebbe scelti.

( II ) Secondo ( passo ) : il legislatore presume in Fulano la volontà di tale scelta in quanto presume che Fulano non sia mosso, nella scelta dei suoi eredi, da un generico “sentimento della famiglia” ( dato che in tal caso i prescelti sarebbero dovuti essere gli altri due figli di Fulano, con cui questi ha più sangue in comune che con i pronipoti e anche più ricordi e più esperienze, insomma più “familiarità” ), ma dal desiderio ( e qui, più che di un “desiderio”, si dovrebbe parlare di un istinto atavico ) a che la sua weltanschauung ( la sua visione del mondo, se vogliamo, il suo modo di vivere la vita ) si perpetui nel tempo.

 Disc. Ma anche così, tu non spieghi perché Fulano avrebbe scelto come eredi i pronipoti anziché i figli: forse che i figli non sono buoni trasmettitori della weltanschauung di Fulano, come i pronipoti?

 Doc. Certo che lo sono, ma come le varie specie animali, spinte dall'istinto di trasmettere le proprie caratteristiche razziali, cercano di far più figli che possono ( in base al calcolo istintivo che, più portatori di tali caratteristiche vi sono , più é facile che tali caratteristiche siano trasmesse nel futuro ), così si deve presumere ( e il legislatore evidentemente presume) che Fulano voglia ( istintivamente ) che siano suoi eredi, oltre ai figli A e B, anche i pronipoti, perché, più aumentano i trasmettitori della sua weltanschauung, più aumentano le probabilità che essa sia effettivamente trasmessa.

 Disc. Il tuo ragionamento é un po' laborioso, ma in fondo giusto ; d'altronde come spiegare diversamente la successione per rappresentazione riconosciuta ai pronipoti ?

Passo ora alle perplessità che in me ha originato il tuo secondo esempio : perché , mentre nel primo esempio, fai succedere per rappresentazione i pronipoti, nel secondo, ammetti alla successione solo i nipoti ex fratre A1 e A2 ed escludi i pronipoti BIbis e BIter ?

 Doc. In effetti questa soluzione é assai discussa : molti Studiosi ( e molti Ordinamenti giuridici stranieri ) non la ammettono. La nostra Corte Suprema di Cassazione, con giurisprudenza ormai costante da lunghissimo tempo, ritiene però che,sì, i nipoti ex fratre possano succedere per rappresentazione, ma non i pronipoti ex fratre. E secondo me questa soluzione é saggia. Per comprenderne la saggezza, bisogna riflettere che la weltanschauung ( la visione della vita ) che anima dei fratelli ( nel caso, Fulano, da una parte, e A e B , dall'altra) può essere affine ma non sempre é la stessa ( quanti fratelli hanno una visione della vita diversa ! ). Quindi l'interesse di una persona, del nostro Fulano, a che sia trasmessa la weltanschauung del fratello, certamente é inferiore a quello che sia trasmessa ( dai propri figli, da chi cioé da lui é stato educato ) la propria weltanschauung. E si può ritenere giusto, che, tale interesse “minore”, sia sopraffatto dall'interesse della Società, a che si ponga un limite alla proliferazione dei successibili e alla frammentazione dei patrimoni. Del resto il diritto romano non ammetteva la rappresentazione per linea collaterale. Questa fu introdotta solo nel diritto giustinianeo.

 Disc. Sarà così, é senz'altro così : ma se é così, bisogna dire che l'istituto della rappresentazione, nella nostra civiltà materialistica e democratica, é decisamente un corpo estraneo.

 Doc. Sì, un residuo di quando l'uomo non si era ancora degradato al livello di oggi. Tuttavia per ultimare il discorso, é doveroso riconoscere, che, la soluzione adottata dalla Corte, ancorché condivisibile, urta contro un grosso ostacolo.

 Disc. E cioé, quale ostacolo ?

 Doc. Quello rappresentato dal disposto del primo comma dell'art. 469, che recita : “La rappresentazione ha luogo in infinito, siano uguali o disuguali il grado dei discendenti e il loro numero in ciacsuna stirpe”.

 Disc. Si può sostenere che il legislatore dettando tale comma si riferisse solo alla rappresentazione per linea diretta.

 Doc. Sì, si può sostenere. Ma ritorniamo alla nostra porzione di patrimonio ereditario, che, colui che é stato chiamato a diventarne erede o legatario, non può o non vuole accettare : il de cuius non ha nominato nessun sostituto e mancano i presupposti per una successione per “rappresentazione” : bisogna ora vedere se vi sono i presupposti per assegnare , tale porzione, in “ accrescimento” di altra porzione già devoluta ad altro chiamato all'eredità : Tizio, Caio e Sempronio sono stati istituiti eredi ( o legatari) ciascuno per una certa quota : Sempronio rinuncia alla sua , dobbiamo ora domandarci se questa può essere assegnata a Tizio e/o a Caio in aggiunta alla quota già loro devoluta. Le norme, che ci debbono dare la risposta a tale domanda, sono racchiuse negli articoli , 674, se la quota vacante é stata devoluta in eredità, 675, se é stata data in legato.

 Disc. Comincio a leggere l'articolo 674, che recita:

“ ( Accrescimento fra coeredi) - Quando più eredi sono stati istituiti con uno stesso testamento nell'universalità dei beni, senza determinazione di parti o in parti uguali, anche se determinate, qualora uno di essi non possa o non voglia accettare, la sua parte si accresce agli altri.

Se più eredi sono stati istituiti in una stessa quota, l'accrescimento ha luogo a favore degli altri istituiti nella quota medesima.

L'accrescimento non ha luogo quando dal testamento risulta una diversa volontà del testatore.

E' salvo in ogni caso il diritto di rappresentazione”.

 Doc. Dunque i presupposti a che, la quota devoluta a Sempronio, vada ad accrescere le quote devolute a Tizio e a Caio sono tre :

I- Primo presupposto : Sempronio deve essere stato istituito erede in quello stesso testamento, che ha istituito Tizio e Caio ( secondo la formula tradizionale, Sempronio, Tizio e Caio debbono essere accomunati da una coniunctio verbis et re ). Questo requisito, però, viene inteso da non pochi Studiosi con molta elasticità ; da loro ritenendosi, che la coniunctio verbis vi sia, anche quando il testatore, dopo aver, metti,istituito eredi Tizio e Caio in un primo testamento , abbia istituito erede altra persona, Sempronio, sì, con un secondo testamento, ma in modo da escludere il dubbio, che questo secondo testamento annulli la istituzione di erede fatta nel primo

( e come esempio di un'esclusione di tale dubbio, si porta il caso del de cuius che, dopo aver istituiti eredi Tizio e Caio ciascuno per la quota di un terzo, nella seconda scheda testamentaria scriva “ Per il restante terzo nomino erede Sempronio” ).

 Disc. Quindi tali studiosi partono dall'idea, che il requisito in questione sia stato posto dal legislatore - non già per risolvere la questione di quando un eredesicuramente tale ha diritto di accrescersi con la quota sicuramente devoluta ad altra persona – ma per risolvere la questione ( più a monte ) di quando l'istituzione di un erede debba considerarsi annullata o no ( in altre parole, la questione, per riferirci all'esempio prima introdotto, se Tizio e Caio possono considerarsi veri eredi o no ).

 Doc. E non é detto che abbiano torto ; dato che, un legislatore un po' confusionario, può anche pensare di risolvere in uno stesso articolo questioni così diverse come quelle a cui tu hai accennato. E il sospetto che proprio ciò sia avvenuto – e cioé che il requisito della coniunctio verbis nasca dalla mente di in legislatore “pasticcione” - resta avvalorato dal fatto che rimane difficile comprendere l'utilità di tale requisito, ai fini di risolvere la questione se le quote di Tizio e Caio ( per riferirci sempre all'esempio prima introdotto ) vanno “accresciute” o no della quota di Sempronio, una volta che si sia sicuri che Tizio e Caio sono veri eredi.

 Disc. Pare anche a me. Passa al secondo e terzo presupposto ( necessari per il realizzarsi dell'accrescimento ),

 Doc. II- Secondo presupposto : Tizio ( chiamiamo così l'erede a cui favore opera l'accrescimento ) e Sempronio ( chiamiamo così il chiamato all'eredità che non l'ha accettata ), perché possa aversi accrescimento, o debbono essere chiamati “nell'universalità dei beni senza determinazione di quote” ( “ Nomino eredi Tizio e Sempronio” ) o debbono essere chiamati in tale “universalità dei beni” “in parti uguali” ( “Lascio a Tizio un terzo dei miei beni, lascio a Sempronio un altro terzo” ) o debbono essere chiamati a una stessa quota ( “ Lascio a Caio un terzo e lascio a Tizio e Sempronio l'altro terzo”). Da tenere presente, però, che le quote possono essere anche “determinate” ( co 1 articolo in commento) : ad esempio : “Lascio a Caio l'appartamento di via Garibaldi, lascio a Sempronio l'appartamento di via Roma” - questo ben inteso se l'appartamento di via Garibaldi e quello di via Roma hanno uguale valore; altro esempio “ Lascio a Caio la villa di Quarto e lascio a Tizio e Sempronio gli appartamenti di via Roma e di via Garibaldi”.

III- Terzo presupposto : non deve risultare una volontà contraria del testatore. Volontà che può essere espressa ( come quando il testatore abbia scritto nella scheda “ Tizio non ha diritto all'accrescimento se Sempronio rinuncia” ) oppure anche tacita ( come quando il testatore abbia nominato un sostituto per il caso che Sempronio rinunci ).

Importante é, invece, che la contraria volontà del testatore risulti dal testamento : anche se dieci testi venissero a dire che “ Il testatore escluse chiaramente l'accrescimento in mia presenza”, questo nulla varrebbe : l'accrescimento si dovrebbe lo stesso fare.

 Disc. Abbiamo visto quel che dice l'articolo 674, ora vediamo quel che dice l'articolo 675.

 Doc. L'articolo 675 recita così : “ (Accrescimento tra collegatari ) L'accrescimento ha luogo anche tra più legatari ai quali é stato legato uno stesso oggetto, salvo che dal testamento risulti una diversa volontà e salvo sempre il diritto di rappresentazione” .

Disc. Sembrerebbe, quindi che i presupposti per l'accrescimento tra collegatari siano notevolmente diversi, da quelli richiesti per l'accrescimento tra coeredi : non si richiede in particolare né che i collegatari siano chiamati senza determinazioni di parti o in parti uguali, e non si richiede che il legato sia stato lasciato ( ai due legatari interessati, positivamente o negativamente, all'accrescimento ) in uno stesso testamento.

 Doc. La prima diversità, potrebbe spiegarsi con la rarità, di un legato con quote diverse : caso tanto raro che il legislatore non avrebbe ritenuto di prenderlo esplicitamente in considerazione nella norma, mentre però in considerazione lo dovrebbe prendere chi applica la norma ( per escludere l'accrescimento con un'interpretazione, della norma, restrittiva ) qualora si verificasse.

La seconda diversità, alcuni Studiosi, la spiegano con una volontà del legislatore, che, tra i legatari, a che si operi l'accrescimento, basti solo una coniunctio re ; altri Studiosi,invece, la spiegano con il fatto che l'articolo 675 sarebbe stato formulato dal legislatore nella convinzione, che bastasse, per rendere chiara l'operatività anche tra collegatari dei presupposti di cui all'art. 674, un rinvio implicito ( ma allora perché il legislatore si é invece preoccupato di dire esplicitamente, che l'accrescimento tra collegatari opera “salvo che risulti dal testamento una diversa volontà” ? se il legislatore avesse ritenuto bastante un rinvio implicito, per quel che riguarda il requisito della coniunctio verbis, avrebbe dovuto ritenerlo bastante anche per quel che riguarda il requisito del difetto di una contraria volontà del testatore all'accrescimento )

 Disc. Ma veniamo al punto più importante : qual'é la ratio degli articoli 674 e 675 ? Pongo con più chiarezza la questione : perché il legislatore, dovendo scegliere tra attribuire, la porzione ereditaria non accettata da Sempronio, a Tizio e Caio oppure metti, al fratello del testatore, a cui avrebbe dovuto essere assegnata in applicazione delle norme sulla successione legittima, sceglie di assegnarla ( sussistendo i presupposti voluti dall'art. 674: istituzione per quote eguali, istituzione a una stessa quota....) a Tizio e a Caio ( e non ai successori legittimi – vedi art. 677)?

 Doc. Secondo quella che può considerarsi una communis opinio tra gli Studiosi, il legislatore fa ciò : I- perché si ritiene vincolato a rispettare la volontà del testatore; II- perché deduce - dal fatto che l'istituzione di Tizio, Caio, Sempronio sia stata fatta nei modi previsti dall'articolo 674 ( per quote uguali....) - che la volontà del testatore sarebbe stata, se avesse previsto la non accettazione di Sempronio, quella di attribuire, la quota da lui non accettata, a Tizio e a Caio.

 Disc. Da che cosa deducono, tali Studiosi, che il legislatore si ritiene vincolato a rispettare la volontà del testatore ?

 Doc. Dal fatto che, se il testatore esprime una volontà contraria, il legislatore (vedi terzo comma art. 674 ) non procede all'accrescimento.

 Disc. Ma un legislatore, che si ritiene vincolato a rispettare la volontà del testatore solo se espressa chiaramente ( e solo se espressa nel testamento ! ), può benissimo ritenersi ( anzi, é logico che si ritenga ) non vincolato a rispettare una volontà ( del testatore ) dubbia; e, rinunciando ad arrampicarsi sugli specchi per individuare tale volontà, preferisca assegnare la quota ( non accettata ) con criteri più sicuri e comunque diversi (da quello di una aderenza a una volontà dubbia ).

 Doc. E in effetti é ben difficile, é veramente un “arrampicarsi sugli specchi”, dedurre - dalla istituzione degli eredi Tizio, Caio, Sempronio, per quote eguali - la volontà del testatore di attribuire, la quota non accettata da Sempronio, a Tizio e a a Caio.

 Disc. E tu allora come giustificheresti la scelta legislativa di cui si é detto ?

 Doc. La giustificherei con il timore del legislatore che, fare entrare nel numero degli eredi testamentari ( quando la loro istituzione é avvenuta nei modi di cui all'art. 674 ), persone scelte con i criteri offerti dalle norme sulla successione legittima ( nel caso esemplificato, il fratello del de cuius ), finisca per rendere la gestione della comunione ereditaria e la sua divisione, più difficoltosa ( quindi in buona sostanza attribuisco, naturalmente mutatis mutandis, all'art.674 la stessa ratio dell'art.732, che concede ai coeredi un diritto di prelazione nel caso uno di loro voglia alienare la sua quota a un estraneo ).

 Disc. Non capisco perché ci potrebbe essere il pericolo che, sostituendo la persona del fratello del de cuius a quella di Sempronio, la gestione della comunione e la sua divisione divengano più difficili .

 Doc Perché la buona gestione della comunione ereditaria e una sua rapida e amichevole divisione é possibile solo se tra i coeredi sussiste una buona armonia e affinità ; quella armonia e affinità che sono da presumersi esistenti tra Sempronio, da una parte, e Tizio e Caio , dall'altra.

 Disc. Non capisco ciò che ti fa presumere questa armonia e affinità tra Sempronio, Tizio e Caio.

 Doc. Me la fa presumere lo stesso fatto che il testatore li abbia istituiti eredi nei modi di cui all'articolo 674. Tu, se fossi il testatore, chiameresti all'eredità di una stessa quota ereditaria, metti di quel tal appartamento di via Roma, Tizio, Caio e Sempronio, se sapessi che sono tra di loro come cani e gatti ? Certamente no ( a meno che tu non volessi dar loro il classico ...boccone avvelenato ).

 Disc. Capisco. Ma la ratio da te proposta é accettabile per quel che riguarda la quota attribuita a più eredi ; meno convincente risulta nel caso di una istituzione di Tizio Caio, Sempronio per quote eguali

 Doc Questo lo riconosco. Però anche in tale caso non si può negare che, se il testatore ha riservato un trattamento paritario a Tizio Caio Sempronio, é perché essi hanno qualche cosa che li accomuna (cosa che potrebbe essere ad esempio, l'aver militato nello stesso reggimento o, e più probabilmente, l'essere tutti e tre parenti nello stesso grado e nella stessa linea, metti figli di quel tal fratello ). Ora proprio questo qualcosa di comune, potrebbe far presumere tra di loro quell'armonia, che invece verrebbe a mancare, se insieme a loro fosse istituito erede, chi come tale fosse scelto solo in base alle norme sulla successione legittima

 Disc. Diciamo che la tua spiegazione é..la meno peggio. E andiamo avanti. Cuius commoda eius incommoda : penso che tale principio valga anche in subiecta materia.

 Doc. Certamente. Più precisamente dal secondo comma dell'art. 676 risulta che “ i coeredi o i legatari, a favore dei quali si verifica l'accrescimento, subentrano negli obblighi a cui era sottoposto l'erede o il legatario mancante, salvo che si tratti di obblighi di carattere personale”.

 Disc Ma tali “obblighi” potrebbero essere anche più pesanti di quelli, che Tizio e Caio ( per tornare sempre ai protagonisti dei nostri precedenti esempi ) erano disposti ad assumersi quando accettarono l'eredità : penso quindi che l'accrescimento sarà subordinato all'accettazione dell'erede (la cui quota sarebbe accresciuta ).

 Doc. No, questo é escluso dal primo comma dell'art. 676 che recita : “ L'acquisto per accrescimento ha luogo di diritto”.

 Disc. Non trovo la cosa giusta.

 Doc. Io, invece,sì : chi accetta un eredità sa di fare un salto nel vuoto, se vuole un paracadute deve accettarla con beneficio di inventario. Non pochi Studiosi però la pensano come te e ritengono che l'accettazione sia, sì, automatica, ma che l'erede “accresciuto” abbia sempre la possibilità di rinunciare ( così come é per il legato ,che “si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunciare” - v- art. 649 ).

 Disc. Parlando del fenomeno dello “accrescimento” ci siamo sempre riferiti a una successione testamentaria : devo capire che tale fenomeno non si può verificare in una successione legittima ?

 Doc. Capiresti male, perché la possibilità che la quota di un chiamato all'eredità, nel caso che egli non possa o non voglia accettarla, si accresca alle quote di altri “chiamati”, al contrario di lui, accettanti, é espressamente contemplata dall'art. 522, che recita : “ ( Devoluzione nelle successioni legittime )- Nelle successioni legittime la parte di colui che rinunzia si accresce a coloro che avrebbero concorso col rinunziante, salvo il diritto di rappresentazione e salvo il disposto dell'ultimo comma dell'art. 571. Se il rinunziante é solo, l'eredità si devolve a coloro ai quali spetterebbe nel caso egli mancasse.”

 Disc. Quindi se Pinco Pallino, chiamato all'eredità, vi rinunzia, qualora egli sia figlio o fratello del defunto, non si farà luogo ad accrescimento a favore di coloro che con lui concorrono, se e in quanto i suoi discendenti legittimi accetteranno di subentrargli. Questo é logico ; voglio dire che, il prevalere, sul “accrescimento”, della successione per rappresentazione dei discendenti dei figli e dei fratelli del de cuius, é previsto per la successione testamentaria ed é, quindi, logico che sia previsto anche per quella legittima. Però mi pare che, dall'articolo in esame, anche risulti il prevalere, sullo “accrescimento”, di una sorta di successione per rappresentazione, dell'ascendente remoto rispetto ai genitori del de cuius, che nelle successioni testamentarie non é contemplata.

 Doc. Sì, dal riferimento fatto dall'art. 522 all'art. 571 deriva, che “se entrambi i genitori del de cuius, concorrenti alla successione con i fratelli del medesimo, rinunciano ( o non possono succedere per premorienza,indegnità, decadenza o percsrizione del diritto di accettare), non c'é accrescimento della quota dei fratelli, ma la quota che sarebbe spettata ad uno dei genitori, in mancanza dell'altro, é devoluta agli ascendenti” ( le parole tra virgolette, la stanchezza e l'ora tarda me le fanno copiare dal libro di un Maestro, il Luigi Ferri – il libro é “Successioni in generale” edito da Zanichelli ).

 Disc. Però a prescindere di questi casi di successione per rappresentazione, la quota del rinunziante verrà ad accrescere quella dei coeredi nello stesso grado : in buona sostanza, quindi, si può concludere, che, in caso di rinunzia, viene adottata dal legislatore quella stessa soluzione da lui adottata per il caso che il rinunziante non fosse mai venuto ad esistenza.

 Doc La conclusione a cui giungi é giusta. Non é però corretto che la quota del rinunziante ( più in genere, di chi non ha voluto o potuto accettare l'eredità ) venga ad accrescere quella degli altri coeredi, chiamati a succedere con lui nello stesso grado : in realtà viene ad accrescere le quote solo di quei coeredi, che con lui concorrono.

Disc. Non vedo la differenza.

 Doc. La vedrai se pensi al seguente caso : Fulano muore e lascia il coniuge e i tre figli, Mario, Giuseppe, Luca. Quindi va fatta applicazione del secondo comma dell'articolo 542 , che recita : “Quando i figli sono più di uno, ad essi é complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto (...)”. Luca, uno dei figli, rinuncia : la quota derelitta non si aggiunge alla quota del coniuge, che pure é coerede nello stesso grado di Luca, bensì si aggiunge alle quote dei fratelli, dato che solo loro avrebbero “concorso” con lui.

 Disc. Dalla pagina del Ferri da te citata, sembrerebbe che il disposto dell'articolo 522

 si applichi, non solo in ipotesi di rinuncia, ma in ogni caso in cui il chiamato non voglia o non possa accettare.

 Doc. Così é : il riferimento al solo caso della rinuncia, dipende solo da una fisima del legislatore , che ora mi sarebbe troppo lungo spiegarti. Ora é tempo di chiudere la lezione.

 Disc.Tu hai precedentemente accennato al fatto che nel caso non si faccia luogo all'accrecsimento, la quota derelitta va ai successori elgittimi, ma non hai mai irportato l'articolo da cui questo risulta : bisogna riportarlo.

 Doc. Giusto, é l'articolo 677, che recita : “ ( Mancanza di accrescimento) – Se non ha luogo l'accrescimento la porzione dell'erede mancante si devolve agli eredi legittimi e la porzione del legatario mancante va a profitto dell'onerato”.