Sezione quarta
La difesa davanti al tribunale
I – L'attività propedeutica alla difesa in udienza -
Alla porta dell'avvocato Cicero bussa il signor Innocenti : ieri mattina l'ufficiale giudiziario gli ha notificato un decreto, che lo convoca davanti al tribunale di Genova, per rispondere del reato di rapina.
“Strano” - dice l'avvocato, esaminando l'atto notificato al cliente , che é il decreto con cui il GIP ( Giudice dell'udienza preliminare ) ha disposto il giudizio ( vedi co. 1 art. 425 e art. 429 ) - “ E la richiesta del pubblico ministero ( p.m., d'ora in poi ) e l'avviso davanti al GIP non le sono mai stati prima notificati ?! (1) Domani andrò in cancelleria per vedere come stanno le cose”. E congeda il cliente, senza null'altro domandargli. Sì, perché é inutile ch'egli si metta a interrogarlo, fino a che non conosce gli elementi dell'accusa ; e questi, da che altro possono risultargli se non dalla attenta lettura dei fascicoli processuali ?
Però, attento avvocato! Quando giunto a Palazzo di Giustizia, domanderai di vedere le carte processuali, la prima cosa che ti sentirai chiedere sarà : “ La sua nomina risulta già agli atti ?”. E sì, perché il dibattimento é pubblico, ma le carte processuali, no, non tutti possono consultarle : il tal dei tali solo perché avvocato non le può, le possono solo consultare il difensore e le parti ( vedi artt. 466 e 431 co.2).(2)
Dunque, carta e penna, e l'avvocato si fa fare dal cliente una bella “nomina a difensore”, ne fa una fotocopia e si mette l'atto e la sua fotocopia in cartella ( insieme al codice! ): egli stesso, l'indomani, consegnerà la “nomina” al cancelliere.(3)
L'indomani il nostro bravo avvocato Cicero se ne va a Palazzo di Giustizia per vedere l'incartamento processuale; anzi, gli “incartamenti processuali”, dato che i fascicoli da vedere sono due : il “fascicolo per il dibattimento”, che si trova presso la cancelleria del tribunale (4), e il fascicolo del pubblico ministero, che si trova presso la segreteria della procura.(5)
Giunto a Palazzo di Giustizia, il nostro bravo avvocato Cicero dove dirigerà i suoi primi passi ? Verso la cancelleria del tribunale. Sì, perché é lì che deve consegnare quella “ nomina a difensore”, che lo legittima a prendere visione degli incartamenti.(6)
Peraltro la sua sosta nella cancelleria del tribunale é molto breve : il tempo di consegnare la nomina al cancelliere (7) e di dare una rapida occhiata al “fascicolo per il dibattimento”. Rapida occhiata, si ripete, in quanto sono molto pochi gli elementi che questo fascicolo gli dà , che non gli possa dare anche quello del p.m.; se non altro perché il p.m. ha di solito cura di farsi fotocopia della documentazione, di cui verrà spogliato al momento della formazione ( v. art. 431 ) del primo fascicolo ( idest, del “fascicolo per il dibattimento” ).(8) Quel che, in fondo, il “fascicolo per il dibattimento” dà al difensore , in più rispetto a quello che già gli dà il fascicolo del pubblico ministero” é la relazione di notifica del decreto di citazione e il corpo del reato.
Tentare di vedere quest'ultimo é, però - a meno che non si tratti di cosa poco voluminosa ( come, ad esempio, una patente falsificata) - un'impresa del tutto improba per il difensore. Infatti di solito esso viene tenuto in una stanza ad hoc – stanza posta, sì, nello stesso Palazzo di Giustizia, ma , spesso e volentieri, lungi da quella in cui si trova il cancelliere, per cui questo ben poca voglia ha di accedervi.
Uscito dalla cancelleria, l'avvocato Cicero volge i suoi passi verso i locali della Procura della Repubblica.
Individuato l'ufficio in cui i fascicoli sono custoditi, dà il giorno dell'udienza e il nome dell'imputato al segretario addetto ( e se questo é persona diffidente che vuol sapere se risulta difensore – ma é raro che ciò sia – gli dà la fotocopia della “nomina”, che si é portata prudentemente dietro ). Ricevuto il fascicolo (9), il bravo avvocato Cicero ( bravo, perché non tutti i difensori, ahimé! si leggono gli atti prima dell'udienza ) cerca di trovare un angolo silenzioso della segreteria in cui sgranocchiarselo ( ma tale angolo silenzioso raramente lo trova : ecco perché i penalisti quando possono si fanno copie almeno degli atti più importanti, nel fascicolo, contenuti ). (10)
Dunque l'avvocato Cicero, solerte e diligente difensore, si é letto il fascicolo processuale, ha parlato col cliente, ha meditato bene sopra quel che ha letto nel fascicolo e ha saputo dal cliente e...ha elaborato il teorema difensivo. A questo punto può permettersi il lusso di disinteressarsi della causa fino al giorno dell'udienza ( in cui comparirà davanti al giudice per sostenere le sue tesi più o meno brillanti ) ? Sì, se non intende produrre nessuna prova o solo prove documentali; no, invece, se intende introdurre prove “ personali” ( cioé prove date dalle dichiarazioni di testi, di “imputati in procedimenti connessi”, di consulenti, ....). In questa seconda ipotesi il codice gli impone ( art. 468) l'onere di dichiarare, un certo numero di giorni prima dell'udienza, le circostanze su cui, tali prove, verteranno.
Si tratta dell'istituto della discovery. Perché il legislatore impone questa dscovery delle prove ? Perché ogni parte in causa ha diritto di contraddire le tesi avversarie, e naturalmente, di contraddirle, non solo con argomentazioni, ma con delle prove. Ora per fare questo le occorre del tempo : se il p.m. sostiene che l'imputato il 3 gennaio era a Genova ( intento a versare della stricnina nel café della moglie ) e io, difensore, voglio provare che invece era ad Acapulco ( a fare i bagni di mare ), dovrò, prima di tutto, guardarmi attorno per vedere se ci sono, di ciò, delle prove ( “Ma chi potrebbe testimoniare che l'imputato era ad Acapulco? quel Rossi con cui egli ebbe a cenare?...”) e, in secondo luogo, trovatele, dovrò portarle nel processo ( contattare il teste Rossi avvisandolo che deve comparire all'udienza tal dei tali, ecc.ecc.) : per tutto questo, ben s'intende, mi occorre del tempo. Tempo che, se un legislatore vuole essere rispettoso del principio del contraddittorio, non può negare; ma che non può neanche concedere nel corso dell'istruttoria dibattimentale, se vuole perseguire lo scopo ( ambizioso ) di concentrarla in un'unica udienza ( evitando i nefasti rinvii delle cause) o almeno ottenere che tutti le prove “personali” ex hinc et inde dedotte su una questione di fatto, tutte insieme siano escusse. Come risolvere il dilemma ? Con l'imposizione della discovery delle prove e particolarmente del thema probandum ( 11 ) prima ancora che il “dibattimento” abbia inizio. Ecco perché il nostro avvocato Cicero, se vuole dedurre delle prove “personali”( 12 ), dovrà presentare la “lista” di cui all'art. 468” e dovrà presentarla almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento ( 13 ). Ma tanto gli basterà ? Sì, se é sicuro che le persone indicate nella lista ( i testi, i consulenti, il perito...) compariranno davanti al giudice spontaneamente, ma, se di ciò ha qualche dubbio, gli converrà chiedere l'ausilio della forza dello Stato ( per costringerle a comparire ) : chiedere, cioé, al presidente – preferibilmente nel contesto stesso della “lista” - l'autorizzazione a citarle ( in nome dello Stato ).
Tutto bene, ma in pratica come deve fare l'avvocato per dare attuazione agli incombenti di cui lo grava l'articolo 468 ?
Prima cosa, deve ( naturalmente ) redigere ( su carta semplice ) la lista ( vedi “formulario” ) Fatto questo deve recarsi nella cancelleria del giudice che procede ( tribunale....) e lì depositare la lista ( facendo bene attenzione che il cancelliere vi apponga il “depositato”, con relativa data). Lasciato passare il presumibile tempo occorrente al giudice per rilasciare la autorizzazione alla citazione ( se, come di solito accade, l'autorizzazione, di cui al comma 2 art.468, ha chiesta ), deve tornare in cancelleria per verificare il suo effettivo rilascio. Se la verifica ha esito positivo deve redigere l'atto di citazione del teste ( del consulente....), farne copie e...decidere se effettuare la sua notifica ai sensi dell'articolo 152 o tramite ufficiale giudiziario.
Fatto tutto questo, all'avvocato Cicero, non resta veramente altro che recarsi all'udienza ( con la prova dell'avvenuta notifica dell'atto di citazione di cui ora si é detto e...il codice ) per partecipare al dibattimento.
2- Premessa ai successivi paragrafi
Nei successivi paragrafi ci serviremo, con la speranza di rendere più efficace e comprensibile il nostro discorso, di sketches.
A ciascuno di essi faremo seguire un breve commento – e lo studioso potrà trovare, leggendo i vari sketches – oltre ai numeri arabi, indicanti le note a pié di pagina – dei numeri romani, rinvianti appunto al commento.
Lo studioso tenga anche presente che, pur di dargli una più viva immagine di come in realtà un processo si svolge nelle aule di giustizia, non abbiamo esitato a far assumere ai personaggi degli sketches anche dei comportamenti non ortodossi ( in udienza non sono pochi i comportamenti “non ortodossi”, degli avvocati e anche dei giudici!); però, nel commento ( o nelle note a piè di pagina, secondo i casi ) abbiamo cercato anche di indicare quale avrebbe dovuto essere il comportamento “in regola” ( col codice, anche se non sempre con l'efficacia della difesa! ).
3 – Controllo della regolare costituzione delle parti.
Nell'aula di udienza ( I ), in cui hanno già preso posto il p.m., i difensori e l'ausiliare, entra il giudice ( nel caso esso sia collegiale :entra prima il consigliere più giovane, poi, quello più anziano, infine, il presidente ) (II ).
Si alzano il p.m., i difensori, l'ausiliario e tutto il pubblico .
Il presidente ( nel presente e nei seguenti sketches ci metteremo nel caso che il tribunale non sia monocratico ma collegiale ), preso posto al centro della cattedra con ai lati i colleghi giudici e alla sua sinistra l'ausiliare : “Dichiaro aperta l'udienza (14). Il pubblico ministero e i difensori hanno richieste di anticipazione, di postergazione nella chiamata della loro causa ? C'é qualche causa “patteggiata” ?
In risposta all'invito, alcuni difensori si avvicinano alla cattedra ( III ) per prospettare loro particolari esigenze : chi chiede di tenere per ultima la sua causa perché ne deve fare prima un'altra in Corte di Appello, chi invece vorrebbe discutere subito la sua per poi correre in un altro tribunale dove altri giudici e un altro cliente lo attendono : la vita dell'avvocato é davvero stressante!
Modificato l'ordine di trattazione dei processi ( 15 ), il giudice ordina all'ufficiale giudiziario di chiamare la causa contro Rossi , Bianchi, Verdi e gli passa il decreto di citazione e le liste-testi.
L'ufficiale giudiziario ( ricavando i nomi dal decreto e dalle liste ): “Rossi, Bianchi, Verdi, Dolores , Rosati” .
Né Dolores, né Verdi, né Rosati rispondo alla chiamata.( 16 ). Compaiono invece gli imputati Rossi e Bianchi.
Il presidente, rivolto all'ausiliare, “Metta a verbale che sono comparsi gli imputati Rossi e Bianchi, mentre non é comparso l'imputato Verdi. Né la parte offesa né i testi sono comparsi”.
Ancora il presidente: “Chi difende gli imputati ?”.
L'avvocato Cicero : “Io difendo l'imputato Bianchi”
L'avvocato Tacito : “ E io difendo l'imputato Rossi”
Presidente : “Nessuno difende l'imputato Verdi? L'avvocato Placido, che mi risulta suo difensore di fiducia é presente?” Nessuno si fa avanti. Allora il presidente:” Ai sensi dell'art. 97 nomina sostituto dell'avvocato Placido, l'avvocato Ortensio”.
Si fa avanti l'avvocato Plinio: “Presidente, la parte offesa, signora Dolores, si costituisce parte civile col mio ministero. Chiedo il permesso di produrre la relativa dichiarazione”
Presidente : “Dia al cancelliere”
L'avvocato Plinio consegna al cancelliere, l'atto di costituzione, su cui già ha affissa la marca dovuta al fisco .(17)
Gli avvocati Cicero, Tacito, Ortensio, Plinio, indossata la toga, ( 18 ) prendono posto nello scranno loro riservato. L'avvocato Cicero fa cenno al suo assistito Bianchi di sedersi accanto a lui.
Il presidente controlla se i decreti di citazione sono stati regolarmente notificati ai due imputati non comparsi ( 19 ). A conclusione di tale controllo : “ Il decreto di rinvio a giuidzio del GIP risulta regolarmente notificato al Rossi. Manca invece la notifica del decreto al Verdi. Il pubblico ministero può depositare il verbale dell'udienza preliminare?”
Il pubblico ministero prende dal suo fascicolo il verbale richiestogli e lo dà al presidente.
Presidente. “Ecco perché non é stato notificato il decreto al Verdi : egli dal verbale risulta comparso all'udienza preliminare. ( 20 ). Tutto a posto quindi per quel che riguarda il Verdi . Vedo invece che il Rossi é detenuto nella casa circondariale di Marassi e non é stato emesso l'ordine di traduzione : quindi vi é un impedimento, chiaramente legittimo, per l'imputato a presenziare e, ai sensi del combinato disposto dell'art.484 co.2bis e del art.420ter si deve rinviare l'udienza, rinnovare la notifica ( 20bis ) e provvedere all'ordine di traduzione per l'udienza di rinvio.
Avvocato Tacito : “Ma, presidente, debbo fare presente che il Rossi mi ha dato mandato per richiedere la “applicazione di pena” di cui all'art.444: la concessione di tale mandato mi pare che implichi una rinuncia ad assistere al dibattimento e quindi ai sensi dell'art.484 e dell'art. 420bis renda possibile procedere in sua assenza.
Presidente : “Sì, questo mi pare vero e, dopo essersi consultato parlottando prima col giudice alla sua destra e poi con quello alla sua sinistra: “Il tribunale dichiara di procedere oltre in assenza dell'imputato Rossi( 21 ) . A questo punto potremmo anche aprire il dibattimento, se le parti non hanno questioni preliminari da porre”
Avv. Tacito : “Io intendo fare la preannunciata richiesta di applicazione pena”(22)
Avv. Cicero :” Ho da fare richieste circa la formazione del fascicolo”
Presidente : “In tal caso procrastiniamo l'apertura del dibattimento e diamo la parola per primo all'avv. Tacito:
Avv. Tacito : “ A ciò legittimato dà mandato che produco, chiedo l'applicazione, per i reati di cui al capo A e al capo B del decreto di rinvio a giudizio, di un anno e nove mesi di reclusione . In base al seguente calcolo : Pena base per il più grave reato di cui al capo B : tre anni; diminuita per la concessione delle attenuanti generiche a due anni; aumentata, per la continuazione a due anni e due mesi ; diminuita per il rito a un anno e nove mesi. Sospensione condizionale della pena” .
Presidente: “Consente il p.m. ?”
Pubblico ministero : “Consentirei se la richiesta non fosse tardiva. Invece lo é, in quanto ai sensi dell'art. 446 co 1. avrebbe dovuto essere proposta prima che fossero prese le conclusioni nell'udienza preliminare.
Presidente: “Sulla questione il tribunale si riserva di decidere in camera di consiglio. Dica ora il difensore dell'imputato Bianchi”
Avv. Cicero : “ La difesa del Bianchi ha due richieste da fare”.
Prima richiesta : sia espulso dal fascicolo per il dibattimento il verbale dell'udienza davanti al giudice civile : il suo giusto inserimento é nel fascicolo del p.m.
Seconda richiesta, se le altre parti vi consentono, sia inserito nel fascicolo per il dibattimento il verbale di interrogatorio di Teresa Leoncavalli attualmente nel fascicolo del p.m. La Leoncavalli é una professionista affermata, che verrebbe gravemente danneggiata da un'assenza dal suo studio. Questo mentre la sincerità e la verità delle risposte da lei già date alla Polizia e risultanti dal relativo verbale non possono lasciar dubbi”.( 23 )
Presidente : “Le altre parti consentono all'inserimento nel fascicolo del verbale delle dichiarazioni rilasciate dalla Leoncavallo ?”
Tutte le altre parti consentono.
Presidente : “ A questo punto invito le parti alla discussione sulle richieste fatte dai difensori del Bianchi e del Rossi”.
Esaurita la discussione, il Collegio si ritira in camera di consiglio, quando ne esce, il presidente legge, da seduto,( 24 ) un ordinanza collegiale, che rigetta la richiesta di applicazione pena e ammette le richieste che riguardano la formazione dei fascicoli processuali ( 25 ).
Presidente : “Dichiaro aperto il dibattimento”.
Commento allo sketch
I- La sala d'udienza tipica si presenta divisa in due parti : l'una, riservata al pubblico ( generico ), l'altra riservata, prima di tutto, a quelli che dovranno essere i “protagonisti” del processo ( giudici, ausiliari, p.m., difensori, imputato e altre parti private ) e, poi, a quelli che possiamo definire il “pubblico qualificato” ( avvocati interessati alla causa ma non parti in causa , giornalisti....).
Ogni “protagonista” ha per legge o per tradizione la sua precisa collocazione : la cattedra dei giudici é posta in fondo alla sala e in modo da dominarla, il seggio dell'ausiliare é posto vicino e alla sinistra della cattedra, i banchi del p.m. e della difesa “ sono posti allo stesso livello di fronte all'organo giudicante” (26).
Nella distribuzione dei posti vigente precedentemente ( sotto l'impero del codice Rocco ) l'art. 146 delle norme di attuazione ( del vigente codice ) ha portata una rivoluzione ( 26 ), che investe un profondo significato simbolico; come risulta dalle seguenti parole del G.P. Voena ( voce Udienza penale, in Enc. Dir., vol, XIV, Milano, 1992, p.506 ): “Per effetto dell'art. 146 disp. att. l'impianto scenografico delle udienze dibattimentali é stato sovvertito. La postura dei banchi riesrvati al pubblico ministero ed ai difensori delle parti allo stesso livello di fronte all'organo giudicante simbolizza il conseguito paritario status processuale. E il fatto che le parti siedano a fianco dei propri difensori, “salvo che esistano ragioni di cautela”, propizia la continuità delle reciproche consultazioni, resa tanto più necessaria dall'adozione della tecnica dell'esame incrociato. La collocazione del seggio delle persone da sottoporre ad esame in modo da consentire che le persone stesse siano agevolmente visibili sia dal giudice che dalle parti esalta, infine, il ruolo protagonista delle parti nell'assunzione della prova”.
II – L'ingresso del p.m. nella sala d'udienza prima di quello del giudice, non é dovuto solo a rispetto verso questo, ma serve anche a permettere al p.m. i necessari contatti con i difensori, al fine della felice conclusione di qualche “patteggiamento” ( art. 444 ). Infatti, appena che il p.m. ( portando con sé i fascicoli di tutte le cause che dovrà trattare all'udienza) ha preso posto nel suo banco, i difensori, che intendono giungere ad un accordo con lui sulla pena ( art. 444 ), gli si avvicinano e gli fanno le proposte del caso (“Giudice sarebbe disposto a patteggiare la causa contro Rossi? quale pena le sembra giusta, tenuto conto” ecc.ecc.ecc. ).
III- “L'udienza é pubblica a pena di nullità” - dichiara il comma 1 dell'art. 471, e la Corte Costituzionale dà rilevanza costituzionale a tale norma ricollegandola indirettamente all'art. 101 comma 1 della Costituzione, che vuole “La giustizia amministrata in nome del popolo” : l'udienza é pubblica per permettere al popolo di controllare come viene in suo nome amministrata la giustizia.
Non si può dire, però, che il codice di rito si preoccupi di porre in grado quivis de populo, il qualsiasi cittadino che assiste all'udienza da dietro le transenne, di controllare la giustezza delle decisioni del giudice, se non altro perché gli tiene celati molti elementi ( relazioni peritali, mote prove documentali dalle parti prodotte.....) su cui tali decisioni vengono a basarsi.
Per cui é da ritenere che il controllo che si vuole permettere al pubblico verta, non tanto sulla giustezza delle decisioni, quanto sulla lealtà e la correttezza del dibattimento.
Però vi é un modo molto semplice per gli avvocati e i giudici di sfuggire a tale controllo : mettersi a parlare a distanza talmente ravvicinata tra di loro, che il pubblico nulla possa udire e capire. Il giudice vuol far sapere all'avvocato che non ha potuto studiare il fascicolo e che quindi dovrà rinviare la causa ? Gli fa cenno di avvicinarsi alla cattedra e gli confessa il suo “peccato”, a bassa voce, come in confessionale. E lo stesso é per gli avvocati : il cliente é un pazzo, che però non vuol sentirsi dare del pazzo e comunque non vuole esporsi ai rigori di una misura di sicurezza? L'avvocato si avvicina alla cattedra e a bassa voce dice “ Giudice non si potrebbe, invece di dichiararlo non imputabile per infermità di mente, condannarlo al minimo della pena, con le attenuanti e col beneficio ecc.ecc. ?” Certo che si può ; ma non sono certamente questi, ragionamenti da far coram populo : a bassa voce, come in confessionale, bisogna parlarne.
IV- Nel verbale si prende nota : dei provvedimenti orali del giudice, delle richieste e delle conclusioni del p.m. e dei difensori, delle dichiarazioni spontanee dell'imputato e, inoltre, di tutti gli altri fatti e circostanze processualmente rilevanti ( costituzione di una parte, persone intervenute o no, luogo dell'udienza – vedi meglio l'art. 136 ).
I provvedimenti del giudice vanno riportati integralmente ( data l'importanza che gioca in essi ogni parola usata ), mentre le richieste e le dichiarazioni delle parti vanno sintetizzate.
Naturalmente si verbalizza anche l'assunzione delle prove. Cosa significa ciò ? significa che si prende nota di ogni parola detta da un testimone o da una parte ? No, di certo : ciò sarebbe possibile solo se chi provvede alla verbalizzazione fosse padrone delle difficili tecniche della stenotipia, il che quasi mai accade. Di conseguenza si redige il verbale in forma riassuntiva, limitandosi cioé a riprodurre il contenuto delle principali dichiarazioni fatte davanti al giudice. Però, per il caso che sorgano contestazioni sull'esatto tenore di una di tali dichiarazioni, si procede anche alla loro registrazione fonografica e alla traduzione del contenuto di tale registrazione fonografica in cartaceo.
Questo, però, solo nei processi di particolare importanza ( quelli davanti al tribunale e alle Corti, dato che la registrazione fonografica e, poi, la sua traduzione su carta, costa allo Stato! ): nei processi davanti al Giudice di Pace ci si accontenta solo della verbalizzazione riassuntiva.
Proprio come avviene nello sketch, il giudice spesso viene in soccorso all'ausiliario con la dettatura di alcune parole, mentre, a rigore, dovrebbe semplicemente limitarsi a vigilare che sia riprodotta “nell'originaria genuina espressione la parte essenziale delle dichiarazioni” ( fatte davanti a lui ) “ con la descrizione delle circostanze nelle quali sono rese se queste possono servire a valutarne la credibilità”.
V- Per ammettere l'avvocato a svolgere la sua difesa all'udienza di solito ci si accontenta della sua semplice dichiarazione di essere difensore della parte tal dei tali : non si pretende cioé, una espressa indicazione del suo cliente, che egli é il suo difensore (così come vorrebbe l'articolo 96 ).Ciò é ovvio quando il cliente é presente alla dichiarazione del difensore : chi tace acconsente. Meno ovvio, quando la dichiarazione del difensore é fatta nell'assenza del cliente. E tuttavia anche in tal caso ci si fida e nulla si oppone a che l'avvocato eserciti la sua attività di difensore ( almeno,di solito, é così, ma sono ben possibili eccezioni, quindi cautela vuole che, se l'avvocato sa che il cliente non comparirà all'udienza, si porti dietro una nomina a difensore in piena regola ). Vero é che, a garanzia che un avvocato non assuma arbitrariamente la qualità di difensore, sta la minaccia, nel caso lo facesse, di sanzioni disciplinari e soprattutto delle sanzioni di cui all'art. 495 C.P.
Così come all'udienza nessuno si preoccupa di controllare che l'avvocato Cicero che si presenta come difensore dell'imputato, come tale sia stato veramente nominato, così nessuno si preoccupa di verificare se chi si presenta come avvocato Cicero, sia veramente..... l'avvocato Cicero.
Ci si fida : non é bello questo ?
Sull'applicabilità dell'art. 495 al ( falso ) difensore, vedi Manzini, Trattato di diritto penale italiano, vol V, 3° edizione, p. 838.
V- Com'é noto nel nostro Ordinamento non é ammesso che un imputato si difenda da solo : quindi o provvede lui a nominarsi un difensore o glielo nomina l'Autorità giudiziaria, l'Ufficio.
Anche il “difensore d'ufficio” ha diritto alla retribuzione delle sue prestazioni professionali, da parte del suo assistito; a differenza, però, del difensore di fiducia che può rifiutarsi a una difesa gratuita, quello d'ufficio deve attivarsi per la difesa, pagato o no che sia.
Quando un avvocato viene nominato “d'ufficio”, la prima cosa che fa é quella di mettersi in contatto ( scrivendogli una lettera ) con l'imputato : lo invita a passare nel suo studio ( se non é sua intenzione nominare un difensore di fiducia ) e, naturalmente, così molte difese di ufficio si trasformano in difese di fiducia o, almeno, in difese retribuite, Questo spiega perché la “nomina d'ufficio” sia da molti avvocati ambita. E questo anche spiega perché , per evitare abusi nella distribuzione delle nomine ( per evitare cioé che quel certo giudice favorisca, dandogli delle nomine, quel certo avvocato, col risultato poi che questi si adatti a delle “difese compiacenti” ) il Legislatore voglia che la “individuazione” del avvocato ( che l'Ufficio deve nominare ) avvenga nell'ambito di apposite “liste” di avvocati ( che hanno in tali liste richiesta l'iscrizione ) in base a criteri predeterminati, la cui applicazione avvenga automaticamente.
E veniamo alla nomina a “difensore d'ufficio” dell'avvocato Ortensio, di cui si parla nello sketch. Questa non é propriamente una nomina a difensore, ma una nomina a “sostituto” del difensore ( poco importa se di fiducia o d'ufficio ) non comparso all'udienza – vedi l'art. 97 co.2. L'avvocato nominato d'ufficio come sostituto, acquisisce tutti i poteri e di doveri attribuiti a un “sostituto” dall'art. 102 ; poteri e doveri, che sono poi quelli stessi che competono al difensore , solo che sono limitati nel tempo : appena che il difensore non comparso si attiva nella difesa, tali poteri e doveri decadono Quindi, attenzione! tali poteri e doveri non vengono meno automaticamente con la fine dell'udienza; per cui, se il difensore non comparso non si attiva ( in primo luogo, avvisando il “sostituto”, che penserà lui a compiere le ulteriori attività difensive ) il sostituto mantiene tutti i poteri e doveri derivantigli dall'art. 102. In particolare quello di recarsi alla ( eventuale ) udienza di rinvio. E la prassi, nelle nostre aule di giustizia, é che, se dopo tre udienze il difensore sostituito non si é attivato ( come appare dimostrato dalla sua mancata comparizione alla terza udienza di rinvio ) il giudice nomina, come difensore, quell'avvocato, che prima era stato nominato solo come sostituto-difensore.
4 - Richiesta prove – Istruttoria dibattimentale.
IL presidente, dopo aver aperto il dibattimento : “Passiamo ora alla richiesta di prove”( 27 ).
Pubblico ministero : “ Esame dei testi di cui alla lista presentata dal mio Ufficio. Controesame dei testi di cui alle liste delle parti private. Esame dell'imputato”.
Avvocato Plinio ( per la parte civile ) “ Controesame dei testi e degli imputati”
Avvocato del Verdi : “Controesame”
Avvocato del Bianchi : “Esame dei testi di cui alla lista. Controesame degli imputati e dei testi di cui alle altre liste.
Avvocato Tacito : “ Controesame dei testi e degli imputati. Produco lettera del coimputato Bianchi da cui risulta che la sua convivente Dolores é stata risarcita dei danni”.
Detto ciò, l'avvocato Tacito dà fotocopia della lettera al p.m e agli altri difensori ( 28 ) e consegna l'originale al presidente, che lo inserisce nel “fascicolo per il dibattimento”.
Il presidente : “Nessuna obiezione?”
Nessuna parte fa obiezioni. Il Presidente rivolto al p.m.( 29 ) “In che ordine vuol sentire i suoi testi ?”.
Il p.m. “Per primo la P.A. intende esaminare il teste Bianchi”.
L'avvocato Cicero, difensore del Bianchi : “Ma, presidente, il Bianchi non é un teste, può essere sentito, sì, ma solo come”imputato di reato connesso”.
Il p.m. “Ma la pubblica accusa non intende porre al Bianchi nessuna domanda sul reato di favoreggiamento : le domande verteranno solo sul reato di rapina”.
Avvocato Cicero : “Non importa : anche in tal caso il Bianchi non può assumere la veste e gli obblighi del teste : non gli può essere deferita la impegnativa e non può essere obbligato a rispondere contro la sua volontà”.
( A questo punto, per permettere a chi legge di comprendere chi dei due....litiganti ha ragione, occorre dire qualche cosa sui fatti di causa, che sono questi (30) : un certo giorno e in una certa strada una certa Dolores accetta di prostituirsi con l'imputato Rossi : sale in auto con lui e questi, alla fine del rapporto, le sottrae una catenina d'oro. La malcapitata Dolores, una volta recuperato il marciapiede, chiama in aiuto il Bianchi, il suo convivente, che, vedi caso, si trovava sul posto. Questi interviene, recupera la catenina dal Rossi e si busca.... un'accusa per favoreggiamento della prostituzione. A questo punto proseguiamo nell'esposizione della vicenda processuale, in cui, con tutta evidenza, é in gioco l'interpretazione dell'art. 210 ).
Il presidente ( consultatosi con i giudici a latere ) ritiene fondate le obiezioni ( 31 ). Il Bianchi rifiuta l'esame e il pm, continua con l'esame di altri testi, fino a che si mette a interrogare il teste Filomena B.
P.M. : “Lei é proprietaria dell'appartamento in cui vivono il Bianchi e la Dolores ?”.
Teste Filomena : “ Sì, però non so nulla....”.
P.M. : “Risponda solo alle mie domande e guardi verso di me.(32). Dunque lei ha dato in locazione il suo appartamento a Bianchi e a Dolores : chi pagava il canone?”
Teste Filomena : “Il Bianchi”.
P.M. : “ Ma come, tutti i testi finora sentiti hanno detto che tutte le spese erano sostenute dalla Dolores e lei ora ci viene a dire che il fitto era pagato dal Bianchi?!”.
Teste: “E' la verità”.
P.M. : “ A questo punto chiedo al presidente di contestare alla teste il contrasto tra quanto da lei ora detto e quanto detto dai precedenti testi”.(33)
Difensore del Bianchi : “Non direi che esiste il contrasto che pretende il p.m. : il teste Carli infatti...”
P.M. “Quel che disse il teste Carli risulta a verbale. Chiedo al presidente di farne dare lettura”.
Il presidente dà ordine all'ausiliario di leggere il verbale.
Dopo tale lettura, il presidente : “Teste Filomena sono costretto a rinnovarvi l'ammonimento a dire la verità e a ricordarvi le sanzioni previste dalla legge penale per i testi falsi o reticenti. Il pubblico ministero giustamente fa rilevare la patente contraddizione tra la sua testimonianza e le precedenti : vuole persistere nelle sue precedenti dichiarazioni ?”
Teste. “Sì”.
P.M. : “ A questo punto chiedo che copia del verbale sia trasmessa alla procura della Repubblica ai fini di un eventuale procedimento per falso”
Il presidente provvede ( negativamente! ) (34 ) sull'istanza così proposta dal p.m., e il processo prosegue. A un certo punto.
Difensore del Rossi : “Presidente, l'imputato Rossi intenderebbe fare delle dichiarazioni”
Presidente : “Non ora : prima finiamo l'escussione del teste”. (…..)
Portato a termine l'esame del teste Filomena, il presidente assume le dichiarazioni dell'imputato Rossi.
Viene poi chiamato a deporre il teste Rosati.
Avvocato Plinio ( difensore della parte civile ): “Presidente, mi viene detto che il Rosati era in aula durante l'escussione della teste Filomena : non può essere sentito come teste”.
Presidente: “E perché mai ?! Forse che l'inosservanza dell'articolo 149 disposizioni di attuazione determina una nullità?!”(35 )
Avvocato Plinio: “Chiedo almeno che venga dato atto a verbale che il teste era presente in aula prima della sua escussione”.
Presidente: “ Ma chi lo dice questo?! Lo dice lei!”
Avvocato Plinio : “E allora si metta a verbale che il difensore della parte civile dichiara che il teste era in aula”.
Presidente : “Ma che valore ha tale dichiarazione?! Non l'ammetto!”.
Avvocato Plinio: “E allora, presidente, ponga a verbale il suo rifiuto della verbalizzazione da me richiesta ai sensi dell'art. 482”.
Presidente ( non dandosela per inteso ) : “Ma per amor del Cielo, lasciamo perdere, avvocato....”(36 ). Poi, rivolto al teste : “ Consapevole della responsabilità morale e giuridica...legga questa formula....” ( v. art.497 ).
Il teste assume l'impegno e dà le sue generalità.
Avvocato Cicero ( difensore dell'imputato Bianchi ) : “Lei era presente in via Sestri il tre maggio del anno scorso ?”
Teste : “Sì, stavo aspettando l'autobus 33”.
Avvocato Cicero : “ Vide salire la Dolores in una auto?”
Teste : “Sì”.
Avvocato Cicero : “La borsetta che la Dolores portava a tracolla era aperta o chiusa?”
Avvocato Plinio : “Mi oppongo: la domanda é suggestiva”.
Presidente : “La domanda é ammessa : il teste risponda”.
Teste : “La borsetta a me pare che fosse chiusa”.
Giudice a latere : “ La donna portava i pantaloni o la gonna?”
Avvocato Cicero : “Chiedo al giudice di scusarmi : ma vorrei finire il mio interrogatorio”.(37)
Presidente : “Va bene, continui”.
Esaurite le domande delle parti, il presidente ripropone la domanda del giudice a latere. Dopo che il teste vi ha risposto.
Presidente: “Altre domande?” - e, poi, rivolto al teste “ Non essendoci altre domande, lei é licenziato”.
Teste: “Posso tornare a casa?”
Presidente : “Certo, può andare dove vuole”.(38)
Avvocato Plinio : “Vi chiedo invece, presidente, di far ritirare il teste fuori dell'aula, ma a disposizione per ulteriori domande”.
Presidente ( rivolto all'ufficiale giudiziario ): “ Faccia accomodare il teste nella stanza accanto”.
A questo punto viene chiamato l'imputato Bianchi.
Avvocato Cicero ( suo difensore) : “Presidente, vorrei che fosse mostrata all'imputato la planimetria presente nel fascicolo del p.m. , in quanto intendo proporre delle domande con riguardo ad essa”.
Il p.m. dà all'avvocato Cicero la planimetria e questi la stende davanti al teste. P.M e gli altri difensori si avvicinano ( 39 )
Avvocato Cicero ( rivolto all'imputato) “Guardando la planimetria, può dire dove si trovava la prostituta quando lei si fermò a parlarle ?”
Imputato : “Presso a poco qui” - e indica col dito un punto della planimetria.
Avvocato Cicero : “ Vorrei che si desse atto a verbale che l'imputato punta il dito proprio là dove é rappresentata la fermata dell'autobus”.
Una volta che il difensore ha esaurito l'esame diretto, il P.M. inizia il controesame.
P.M. : “La donna che lei ha fatta salire nella sua auto aveva una borsetta'”.
Imputato : “Non saprei....”.
P.M. “ Debbo contestarle invece che lei, rispondendo al p.m. in sede di indagini preliminari, fu preciso e inequivocabile nel dire che la donna aveva una borsetta celeste. Lei intende insistere nel dire che non si ricorda?”.
Avvocato Cicero : “Presidente, io ritengo che il p.m. dovrebbe leggere l'esatte parole dell'interrogato, così come verbalizzate”.
Il P.M. legge il verbale, l'imputato insiste nel dire di non ricordare.
P.M. Deposita il verbale letto e poi “ Vorrei ancora contestare all'imputato che rispondendo alla polizia ebbe a dire.....”.
Avvocato Cicero : “Un momento, non sono ammissibili le contestazioni sulla base degli interrogatori resi alla polizia a meno che questa non abbia operato su delega del p.m.....”
P.M. : “ Mi rincresce contraddire l'egregio difensore : anche i verbali degli interrogatori della polizia senza delega del p.m. sono utilizzabili per le contestazioni
( il comma 3 dell'art. 503 parla chiaro! ): unicamente essi non possono essere acquisiti al fascicolo, mentre invece lo possono i verbali degli interrogatori fatti dalla polizia su delega : tutto qui!”.
Esaurito l'esame delle parti e dei testi, il presidente : “A questo punto ritengo chiusa l'istruttoria....”.
Avvocato Plinio : “Presidente mi perdoni, la difesa della parte civile intende ancora chiedere la lettura del verbale del coimputato assente ( art.513 ). Chiede anche che si esibisca in visione la foto numero tre. In questa foto sono chiaramente visibili i segni di percosse”.
Presidente : “Ausiliario, dia lettura del verbale di interrogatorio dell'imputato Rossi”.
Una volta data lettura dell'interrogatorio, ancora il presidente “ Le parti che intendono visionare la foto si avvicinino”.
Una volta che le parti hanno finito di esaminare la foto, il presidente dichiara chiusa l'istruttoria e invita le parti alla discussione. Parla prima il p.m., poi la parte civile, poi parlano i difensori degli imputati. Terminata la discussione il collegio si ritira in camere di consiglio. Quando ne esce il presidente in piedi legge il dispositivo.
Commento allo sketch
I- La conseguenza più importante dell'inserimento di un documento nel fascicolo per il dibattimento é che di tale documento il giudice potrà dare lettura e con ciò stesso con esso potrà motivare la sua sentenza.
Ciò ci dà il criterio adottato ( dal legislatore ) e adottabile ( dall'interprete ) per stabilire l'inseribilità o meno di un documento nel fascicolo per il dibattimento: sono inseribili quei documenti per cui non é ipotizzabile la possibilità di quella prova migliore ( della veridicità del loro contenuto ) data da un esame al dibattimento di chi li ha sottoscritti. Questa prognosi di impossibilità di una prova migliore é di tutta evidenza , addirittura si potrebbe dire lapalissiana, nel caso di documenti inseriti su concorde volontà delle parti : esse sanno che inserendo il documento con ciò stesso non potranno richiedere l'esame del dichiarante, quindi se concordemente chiedono la inserzione, é perché ritengono che tale esame non porti a una prova migliore : e se lo ritengono loro, i più interessati a raggiungere tale prova migliore.(40)
Ma, non solo per i documenti inseriti su concorde richiesta delle parti tale prognosi é fattibile, lo é anche per i documenti a cui il legislatore si riferisce qualificandoli come irripetibili : si pensi a un verbale di arresto, a un verbale di sequestro, a un verbale di ispezione. Ma qui bisogna intenderci e non lasciarsi fuorviare dalla terminologia adottata dal legislatore: per tali atti la prognosi dell'impossibilità di una prova migliore non é fondata sulla loro irripetibiltà. D'accordo un sequestro, un arresto non é ripetibile : ma non sta in ciò la ragione dell'impossibilità di una prova migliore ( di quella ch può dre la loro lettura ). Anche un incidente automobilistico non é ripetibile, però ciò non esclude che si possa ottenere da chi, presente all'incidente, é stato già interrogato dalla polizia, delle dichiarazioni migliori, più chiare , più attendibili di quelle risultanti dal verbale della polizia. Allora perché ritenere la possibilità di una prova migliore ( in un esame al dibattimento ) nel caso del teste che ha assistito all'incidente stradale e non nel caso del pubblico ufficiale che ha proceduto a un sequestro? Ma é semplice : perché il pubblico ufficiale sicuramente, qualora fosse interrogato sulle modalità del sequestro, non ricordandosi e non potendosi ricordare nulla del sequesto da lui compiuto ( e che ? forse che si può pretendere che un p.u si ricordi di tutti gli atti da lui compiuti ? !) chiederà al giudice di consultare il documento che ha sottoscritto ( v. n.5 art. 499) . E il giudice tale consultazione non potrà non concedergliela. Ma allora se le cose stanno così, non é meglio che sia il giudice a dare lettura del verbale redatto dal p.u., così risparmiando a questi il tempo di recarsi all'udienza e al tribunale quello di escutere inutilmente un teste ? Il legislatore risponde di sì e non gli si può dare torto.
II - Non sempre, anzi quasi mai, da ciascuna fonte di prova c'é da aspettarsi tutta quanta la verità su tutti quanti i fatti di causa : il più delle volte da ciascuna di esse si può ricavare solo un ( diverso ) frammento della verità : il teste Verdi può dire che chi collocò la borsa ( con la bomba ) aveva un impermeabile bianco ; il teste Rossi può dire che l'imputato uscì di casa indossando un impermeabile bianco; il teste Viola può dire che l'imputato tornò a casa con un impermeabile bianco macchiato di sangue. Di conseguenza, ogni prova é come la tessera di un mosaico ; ma una tessera diversa dalle altre, con le altre non fungibile e che, pertanto, si valorizza e dà il disegno voluto dal mosaicista ( “Sì, fu l'imputato a piazzare la bomba” ) solo se collocata in un certo ordine.
Ordine che può stabilire solo chi conosce appieno e la verità dei fatti e il frammento di verità che ciascuna prova può apportare : insomma in un processo in cui il giudice viene tenuto con gli occhi bendati fino all'inizio dell'udienza, in un processo ispirato al principio accusatorio, non può essere lui, ma la parte, a indicare l'ordine in cui vanno escusse le prove .
Questo postulato della logica e del buon senso, viene recepito dagli articoli 496 e 497.
Da questi articoli risulta: I) che a ciascuna parte é idealmente riservato un segmento dello spazio istruttorio perché possa escutere una di seguito all'altra le sue prove (41 ); II) che a ciascuna parte é rimessa la scelta dell'ordine in cui escutere le sue prove ( nell'ambito di tale “segmento istruttorio”) (42); III) che é rimesso all'accordo delle parti stabilire l'ordine in cui i vari “segmenti istruttori”, a ciascuna di esse riservati, debbano succedersi (43) : solo in mancanza di un tale accordo si adotterà l'ordine fissato nel primo comma dell'art. 496.
L'art. 497 fa riferimento solo ai testimoni ( “ i testimoni sono esaminati l'uno dopo l'altro nell'ordine prescelto dalle parti ecc.ecc.” ) ; é, però, chiaro che qui il legislatore minus dixit quam voluit : se é vero , infatti, che si vuole permettere a ciscuna parte di definire, in uno spazio ( istruttorio ) a lei riservato, il suo disegno ( difensivo o accusatorio ), diventa assurdo impedirle di escutere in tale spazio quel consulente o quel “imputato di reato connesso” ( art. 210 ), che forse sono le tessere di cui abbisogna per ultimare il suo mosaico ( difensivo o accusatorio ) (44 ).
Noi, anzi, crediamo che pure la lettura dei documenti prodotti da ciascuna parte possa e debba essere fatta nello “spazio” a lei riservato” ( 45 ) ( e nel momento da lei voluto ) ( 46 ).
La legge, invece, non lascia dubbio che l'ordine e il momento in cui vanno esaminate le parti non sia rimesso alla scelta, sia pur concorde, del p.m. e dei loro difensori : l'art. 150 disp. att. é chiarissimo nel disporre che “ l'esame delle parti private, nell'ordine previsto dall'art. 503 comma 1 del codice, ha luogo appena terminata l'assunzione delle prove a carico dell'imputato” (47 ).
Che succede se sono più le parti che hanno chiesto l'escussione della stessa prova personale ( ad esempio, sia il p.m. che la difesa hanno indicato nella loro “lista” il teste Caio ) ?
Nessun problema : l'escussione di quella prova sarà, prima, fatta nello spazio riservato ad una parte e, poi, ripetuta in quello riservato all'altra ( 48) ( nell'esempio : il p.m. procederà all'esame del teste, la difesa al suo eventuale controesame, poi, il p.m. proseguirà nell'escussione delle altre sue prove, poi, ancora, la difesa, quando sarà venuto il suo turno, di nuovo escuterà, nel momento da lei prescelto, il teste – e il p.m. avrà naturalmente la facoltà di “riesaminarlo”).
III - Siccome é giusto che le parti sappiano prima che inizi l'istruttoria dibattimentale quali carte hanno in mano – (fuor di metafora : quali testi potranno escutere e quali no, quali documenti potranno far leggere e quali no: perché, é evidente, se io, difensore, so di poter fare certe domande al teste Bianchi, mi astengo dal porle al teste Rossi, ma se, invece, il Bianchi non lo posso interrogare, allora....cambio tattica) – il nostro legislatore ( con l'art. 495 ) manifesta la volontà che, i provvedimenti in ordine all'ammissione delle prove, siano adottati prima dell'inizio dell'istruttoria ( e subito dopo la “richiesta delle prove” ).
Tutto ciò non significa che le carte ( tanto per continuare nella metafora introdotta ) restino distribuite per tutto il durare del processo, così come lo sono all'inizio dell'istruttoria: nel giudizio di rilevanza di una prova influisce la conoscenza dei fatti di causa, ora questa conoscenza si amplia sempre più quanto più si procede nell'istruttoria e , ampliandosi, può rivelare come errato quel giudizio sull'ammissibilità della prova, che all'inizio dell'istruttoria sembrava ineccepibile (49 ); e sarebbe assurdo impedire al giudice di correggere il suo precedente errore. A evitare tale assurdità il legislatore provvede con l'art. 495 ( vedi il suo comma 4 ) . E non solo la compiuta istruttoria può rivelare errati i provvedimenti dati in ordine all'ammissione delle prova ( in specie quei provvedimenti che ne denegavano una o più), ma può rendere accorte le parti e il giudice ( o solo questo più attento di quelle, invece incapaci o distratte ) che poteva essere disposta l'assunzione di prove ( a cui invece nessuno aveva pensato ) : anche in questo caso sarebbe assurdo impedire al giudice di procedere all'acquisizione delle nuove prove – ben s'intende quando quelle già acquisite si fossero rivelate chiaramente insufficienti ( cosa che con sicurezza potrà dirsi solo quando tutte siano state escusse) e quando l'escussione delle nuove si riveli risolutiva.
E ad eliminare questa assurdità qui provvede l'art. 507.
IV- Il vantaggio della così detta “narrazione continua” del teste esaminato ( cioé di una sua narrazione non interrotta dalle domande dell'esaminatore ) sta in una maggiore rispondenza del narrato al pensiero del narratore (50 ) ( infatti ogni domanda contiene inevitabilmente un elemento di suggestione, che finisce per falsare la narrazione dell'interrogato ), (51 ) lo svantaggio ( duplice) é, invece, dato, da una parte, dal rendere possibili le narrazioni studiate e per così dire preconfezionate per distorcere la verità ( il teste falso si é imparata la lezioncina e la scodella tranquillo e sereno al giudice : la cosa non gli sarebbe possibile o gli sarebbe più difficile, se dovesse rispondere a delle specifiche domande : queste, infatti, finirebbero per fargli “perdere il filo “ della “lezione” prima studiatasi, dall'altra parte ( e stiamo indicando il secondo svantaggio che presenta la c.d. “narrazione continuata” ), dalla possibilità di divagazioni dell'interrogato : questi parla e, parlando a briglia sciolta, finisce per dire tutto un mucchio di cose che non sono “pertinenti” alla causa e che ad ascortarle fanno perdere solo tempo. L'attuale codice di procedura, soppesati i pro e i contro, ha ritenuto di dare l'ostracismo alla “narrazione continua” (52 ) e, nel comma 1 dell'art. 499, ha imposto che “ l'esame testimoniale si svolga mediante domande su fatti specifici” ( 53 ).
V- Alcuni cenni sulle c.d. “contestazioni” ( artt. 500 e 503 co. 3 ). Sotto il vigore del precedente codice spesso accadeva che il giudice ponesse a fondamento della sua sentenza quel che gli risultava da un verbale di interrogatorio, redatto dal p.m. o anche dalla polizia , senza preoccuparsi minimamente di risentire nuovamente l'interrogato. E ciò costituiva un serio pericolo per l'effettivo accertamento della verità : perché un verbalizzante ( anche dando per scontata la sua buona fede ) non é detto che sia sempre capace di riportare fedelmente le dichiarazioni dell'interrogato ( 54), perché, poi, non é detto che tali dichiarazioni , pur riportate fedelmente, rispecchino il pensiero dell'interrogato e che questa discrasia tra il detto e il pensato non possa rivelarsi a un più approfondito e sagace interrogatorio ( come quello che la cross-examination dovrebbe permettere ) ( 55 )
Considerare i verbali dei precedenti interrogatori tamquam non essent ?
Sarebbe assurdo : l'interrogato ( davanti al p.m. o alla polizia ) potrebbe essersi lasciato andare a dire delle verità, che una malizia sopraggiunta gli potrebbe sconsigliare di ripetere ( al giudice ).
La soluzione, che evita i due opposti inconvenienti, é quella che, da un lato, impone di procedere nel dibattimento a un nuovo interrogatorio e, dall'altro lato, consente l'utilizzazione ( come prova) delle precedenti dichiarazioni “difformi”, dopo che su queste sono stati chiesti gli opportuni chiarimenti (56 ) e quando l'inconsistenza di questi, la “professionalità” dell'interrogante ( 57 ), le garanzie che accompagnavano l'interrogatorio ( presenza del difensore....), rendano improbabile che la verbalizzazione sia frutto di fraintendimenti o peggio di malafede.
E questa soluzione, voluta dal buon senso, é accolta ( negli articoli 500 e 503 ) dal nostro legislatore ; sia pure con i seguenti accorgimenti ( che sono senz'altro da approvare ).
Primo accorgimento : l'aver prevista una via di mezzo ( da imboccarsi sostanzialmente nei casi in cui la professionalità del verbalizzante o i modi dell'interrogatorio danno minori garanzia e non sussistono d'altra parte elementi che confortino l'attendibilità della verbalizzazione ) tra la piena efficacia e la nessuna efficacia probatoria delle dichiarazioni verbalizzate : l'aver previsto cioé che queste dichiarazioni, ancorché non possano essere utilizzate ( in alcuni casi ) per provare i fatti della causa, possano però essere “valutate dal giudice per stabilire la credibilità della persona offesa” (58).
Secondo accorgimento : l'aver ammesso l'utilizzazione delle dichiarazioni verbalizzate, anche in assenza di un nuovo interrogatorio al dibattimento ( con possibilità di eventuali chiarimenti su di esse da parte dell'interrogato ), nei casi in cui questo interrogatorio si presenta impossibile o comunque difficile ( 59).
Terzo accorgimento : l'aver ammesso il richiamo, a quanto precedentemente verbalizzato, solo sotto forma di contestazione da farsi dopo che già sul punto é stato deposto ( vedi comma 2 art. 500, comma 2 u.p. art. 503) : un richiamo fatto prima della deposizione ( “ Lei ebbe a dire al p.m. di aver visto ecc.ecc., lo conferma?” )risulterebbe inevitabilmente suggestivo ( 60 ) ( l'interrogato sarebbe tendenzialmente portato a seguire la via più facile per lui : la conferma di quanto risulta a verbale ).
Prima di conlcudere l'argomento delle “contestazioni” dobbiamo sottolineare che queste rendono uitlizzabile ( come prova ) solo quel segmento di verbale che contiene la “dichiarazione contestata”, e non tutto il verbale ( 61 )
Di solito, però, l'acquisizione al fascicolo del dibattimento della dichiarazione si attua mediante la produzione del verbale ( naturalmente, di tutto il verbale) e ciò fa sorgere il pericolo che il giudice legga ( inter se ) e si lasci influenzare anche da quelle parti del verbale che non riguardano la “dichiarazione contestata”.
Per evitare tale pericolo sarebbe opportuno attuare l'acquisizione ( non mediante produzione del verbale, ma ) mediante dettatura a verbale della dichiarazione contestata ( 62 ).
VI – Alcuni cenni sulle “letture” – Con l'art. 526 il legislatore stabilisce che il “giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento”. E con ciò egli non si limita semplicemente a richiedere, per l'utilizzabilità della prova, che essa non sia “acquisita in violazione dei divieti stabiliti dalla legge” - se così fosse l'art. 526 sarebbe superfluo : questo già risulterebbe dal precedente articolo 191 -, ma, in più, pretende ch'essa sia acquisita ritualmente ( secondo la procedura prevista dal codice di rito ).
Fatta questa premessa domandiamoci : qual'é il modo rituale per l'acquisizione di una prova documentale ? La risposta si ricava dalla stessa cura che il legislatore pone ( negli artt. 511 ss, in specie nell'art. 514 ) nello stabilire, quando di un documento ( lato sensu inteso ) sia consentita la lettura e quando basti la sua ficta lectio ( la “specifica indicazione della sua utilizzabilità” di cui al comma 5 art. 511) : é chiaro da ciò che per il legislatore, modo rituale per l'acquisizione di una prova documentale ( di un verbale, di una lettera, di una fotografia....) é la sua “lettura” ( effettiva e integrale oppure riducentesi alla sua “ specifica indicazione”, alla sua ficta lectio ): (63 )le parti hanno diritto di aver conoscenza delle prove documentali ( più in genere, degli “atti”) che possono esercitare un'influenza sulla decisione del giudice ( al fine di eventualmente controbatterla) : e la semplice acquisizione di un documento nel “fascicolo per il dibattimento” non é evidentemente ritenuta dal legislatore sufficiente ad assicurare tale conoscenza. E, in effetti, nella congerie di atti, che possono esservi in un fascicolo, la presenza di uno o più di essi può non risultare avvertita.
Come si é già accennato il legislatore non ritiene sempre necessaria per fornire la suddetta conoscenza, l'effettiva e integrale lettura : in alcuni casi, infatti, il contenuto di un atto é tipico ( si pensi ad un verbale di sequestro), in altri, risulta implicitamente dalle dichiarazioni orali intervenute nell'istruttoria ( si pensi alla relazione peritale: é ben difficile ch'essa dica qualcosa di diverso da quel che ha detto il perito nel corso del suo esame ), in altri ancora, di solito é stato conosciuto in sede di sua acquisizione ( la difesa ha prodotto una lettera e le altre parti già si sono valse della facoltà loro concessa dal comma tre art. 495 per esaminarla). Quando si ricada in tali casi e, quindi, si possa ritenere superflua la lettura effettiva dell'atto e sufficiente la “ specifica indicazione della sua utilizzazione” ( la c.d. ficta lectio ), il legislatore lo rimette alla prudente discrezione del giudice ( il quale nei processi di largo interesse pubblico dovrà tenere presente anche l'esigenza di una completa informazione della pubblica opinione) (64 ); salvo che la lettura sia richiesta da una parte e si tratti di “ verbali di dichiarazione” o esista “ un serio disaccordo sul loro contenuto” ( 65 )
Nell'art. 514 il Legislatore si preoccupa di stabilire che “ fuori dei casi previsti dagli artt. 511, 512 e 513, non può essere data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato e dai testimoni alla polizia giudiziaria, al pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare” ( vedi meglio l'art.514 ). Da ciò si può dedurre che si può dare lettura di una dichiarazione scritta rilasciata da un teste o dall'imputato ( o da qualsiasi altra parte processuale ) ? Noi riteniamo di sì; tanto più che altrimenti si potrebbe venire a sbarrare ogni via per l'utilizzazione di documenti di innegabile valore probatorio ( 66 ) : si tenga presente, infatti, che il recupero del contenuto di documenti del tipo suindicato ( dichiarazioni di testi o di parti non verbalizzate da un pubblico ufficiale ) tramite la tecnica delle contestazioni, non sarebbe possibile nei casi in cui mancasse il loro inserimento nel “fascicolo del p.m.” e che qualora anche tale loro inserimento ci fosse, solo sussistendo le condizioni di cui ai commi 3 e 4 dell'art. 500 ( quelle di cui al comma 5 dell'art. 503 mai naturalmente potrebbero sussistere ), essi acquisirebbero valore di prova positiva dell'esistenza o inesistenza di un fatto.
5- Domanda di oblazione – Remissione di querela
Viene chiamata la causa contro Rossi e Bianchi. La parte offesa si costituisce parte civile.
Avvocato Cicero II - “Nella mia qualità di sostituto dell'avv. Cicero I , difensore del Bianchi, presento domanda di oblazione ai sensi dell'art. 162Bis. Domanda in calce alla quale già risulta parere favorevole del p.m.”.
Dicendo questo l'avvocato Cicero porge la domanda al presidente.
Presidente: “ Ma la sottoscrizione dell'imputato non é autenticata! “.
Avv. Cicero II : “ Se lei permette posso rimediare subito”.
Presidente : Sì, però, lei, avvocato, é un sostituto del difensore, non il difensore, quindi la sua autentica....”.
Avv. Cicero II: “ Capisco, sì, é vero; però non mi pare persidente, che, per la domanda di oblazione occorra l'autentica” ( 67 )
Presidente ( dopo aver consultato i giudici a latere e...il codice ): Giusto. Bene, il p.m. dà parere favorevole ?”.
Il pubblico ministero dà parere favorevole. Il presidente si fa dire dall'ausiliario l'ammontare delle spese, (68 ) calcola la metà della pena, e poi...
Presidente : “Lei, avvocato, é in grado di effettuare il pagamento entro le
undici?” ( 69)
L'avvocato Cicero II risponde affermativamente.
Presidente : “Il tribunale ammette l'imputato Bianchi all'oblazione e rinvia la causa alle ore undici”.
Alle ore undici viene di nuovo chiamata la causa contro Rossi e Bianchi.
Presidente : “La difesa del Bianchi ha effettuato il pagamento dell'oblazione ?”
Avv. Cicero: “Sì, presidente: ecco la ricevuta, che naturalmente produco” ( 70 ).
Presidente ( dopo aver sentito il parere del p.m. ed essersi consultato con i giudici a latere) : “Il tribunale visti gli gli articoli 162bis del codice penale e 469 del codice di procedura penale, dichiara non doversi procedere per il reato di molestie di cui al capo B del decreto di citazione e dispone procedersi oltre per gli altri reati”.
Poi, sempre il presidente , rivolto all'avv. Plinio che difende il Rossi : “Con l'oblazione ci siamo tolti il reato di competenza del Giudice di Pace riguardante il Bianchi, perché non ci togliamo anche l'altro reato di competenza del Giudice di Pace riguardante il Rossi con una bella remissione di querela, di modo che restino solo i reati di competenza del tribunale ?”.
Avv.Plinio : “ Noi abbiamo già tentata la via di un accordo, ma la controparte pretende delle scuse formali e un esorbitante risarcimento dei danni mnorali; e il mio assistito non ritiene giusto fare le prime e pagare il secondo”.
Presidente : ( Rivolgendosi alla parte civile ) : “ Ma non potreste accontentarvi di una semplice “ dichiarazione di stima” e del rimborso delle spese sostenute?”.
Con la mediazione del presidente le parti raggiungono finalmente un accordo.
Presidente ( con aria soddisfatta ) : “Dunque, l'accordo é raggiunto in questo senso : mettiamo a verbale una dichiarazione in cui l'imputato riconosce la correttezza morale e commerciale del querelante e si assume l'obbligo di pagare le spese di remissione di querela (71 ) e quanto dovuto per onorari alla parte civile e questa....rimette la querela. Non resta che procurarsi una bella carta uso-bollo, darla all'ausiliario e firmarla ( 72 )
L'avvocato della parte offesa insieme a questa si avvicina all'ausiliario : la parte offesa firma la carta in bianco. Anche l'imputato firma, per accettazione ( della remissione ).
Presidente: “Bene a questo punto non resta che procedere per il reato di cui al capo C”
Note a sezione prima : La difesa davanti al tribunale.
1 ) E infatti la “richiesta di rinvio a giudizio” ancorché emessa dal p.m. viene notificata dal GIP ( insieme all'avviso della data dell'udienza preliminare ) - co. 1 art. 419. Invece il decreto di rinvio a giudizio, emesso dal GIP ( art. 429 ) al termine dell'udienza preliminare ( co. 1 art. 424 ), non viene notificato all'imputato, a meno che egli non sia comparso all'udienza ( v. meglio co. 4 art. 429 ).
Il decreto di citazione invece verrà sempre notificato in caso di giudizio immediato ( e a ciò provvede il GIP ai sensi co. co.3 art, 456 ) e di giudizio diretto ( e a ciò provvede il p.m. stesso ai sensi del co. 3 art.552)
2) E se un avvocato difende una parte offesa non ancora costituita parte civile ( e si tenga presente che, di solito, le costituzioni si fanno all'udienza ), avrà egli diritto di consultare il fascicolo? Sì, risponde Alfonso Chiliberti ( in, Azione civile e processo penale, Giuffrè, 1993,p.233 ), trovando giusto che sia consentito alla parte offesa di di valutare “ previo esame del fascicolo” “l'opportunità di una costituzione” e rilevando che tale interpretazione ( ancorché estensiva del significato letterale della legge, vedi l'art. 466 ) si armonizza con l'art. 131 disp. att. ( che dà facoltà – non solo alle “parti” - ma anche alla parte offesa e al suo difensore, di consultare il fascicolo processuale “durante il termine per comparire e fino alla conclusione dell'udienza preliminare” ).
E, conforme all'opinione espressa dal Chiliberti, é la prassi formatasi nelle nostre aule di giustizia .
Di più, non é raro il caso che un giudice addirittura autorizzi ( ai sensi dell'art. 468 co.2 ) la citazione di testi da parte della “costituenda parte civile” ( anche se lo strappo alla legge qui é evidente : l'art. 79 nel suo terzo comma stabilisce che “ se la costituzione avviene dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 468 comma 1, la parte civile non può avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici” e da ciò facilmente si argomenta che la p.o. fino a che non si é costituita parte civile non può presentare nessuna “lista” ).
3) E infatti per il co. 2 art. 96 la “nomina”, oltre che essere spedita per raccomandata, può essere “consegnata” dal difensore ; o anche da persona da lui delegata . In questo secondo caso il cancelliere pretende che la delega risulti da atto scritto ? No, se il delegato é un collega di studio, un praticante o , anche, la segretaria del difensore.
4) A farlo pervenire lì avrà pensato il cancelliere del GIP; ciò in ossequio all'art. 432, secondo il quale, appunto, “ il decreto che dispone il giudizio é trasmesso senza ritardo, con il fascicolo previsto dall'art. 431 (….) alla cancelleria del giudice competente per il giudizio”. Sul fascicolo di cui all'art. 431 diremo tra poco. Disposizione analoga a quella dell'art. 432 é contenuta, per il giudizio immediato, nel nell'art. 457 e, per il giudizio diretto, nell'art. 553.
5) Sul contenuto del fascicolo del p.m. vedi l'art. 433 comma 1 e, andando a ritroso ( nella procedura ), l'art. 416 comma 2 e l'art. 373 comma 5.
6) Infatti l'art. 96 ( vedi il suo secondo comma ) vuole che la nomina sia consegnata “all'autorità procedente” e questa, una volta che il GIP ha emesso il decreto di citazione, é il tribunale ( anche, si badi, qualora non gli siano stati ancora spediti gli atti dalla cancelleria del GIP ).
7) Il quale, non é obbligato a rilasciare ricevuta ( arg. a contrario ex art. 582 comma 1, che impone, invece, al cancelliere di rilasciare “ se richiesto, attestazione della ricezione” dell'atto di impugnazione ).
8) I documenti che vengono inseriti nel “fascicolo del dibattimento” risulteranno allo studioso dalla lettura del già citato articolo 431. Stabilire se un dato atto deve essere inserito, o no, nel “fascicolo per il dibattimento” é cosa importante dato che il giudice del dibattimento, mentre può far dare lettura degli atti contenuti nel fascicolo del p.m. solo a richiesta di parte e in presenza di certi presupposti ( vedi artt. 512, 512bis, 513 ), invece, per l'art. 511. co. 1., può “ anche d'ufficio, disporre che sia data lettura, integrale o parziale degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento”. Per tale sua delicatezza la formazione del fascicolo di parte é rimessa al GIP ( solo nel giudizio diretto é rimessa al p.m. ).
Come risulta dal già citato art. 431 nel fascicolo per il dibattimento c'é assai poco. E ciò non é senza ragione : volendo il legislatore impedire che la “ decisione finale del giudice ( possa formarsi) in un momento precedente al dibattimento” gli ha “inibita la preventiva conoscenza degli atti del procedimento già acquisiti nella fase delle indagini preliminari e contenuti nel fascicolo del pubblico ministero” ( così, E. Turel – G. Buonocore, in Il nuovo rito penale, ed. Missio, 1989, p.408 ).
9 ) Ma il fascicolo processuale. Oltre che dal difensore, deve essere letto anche dal “sostituto” che dovrà rappresentare il Procuratore della Repubblica in uidenza. Ora può capitare ( anzi, capita spessissimo ) che il difensore, recatosi nella segreteria della Procura, si senta dire ( specie se per far ciò ha aspettato proprio la vigilia dell'udienza) che il fascicolo se l'é portato via il dottor tal dei tali ( idest, il sostituto). Quid iuris ? Noi crediamo che, tra i due contendenti, il sostituto-procuratore e il difensore, é il secondo che dovrebbe prevalere ed essere posto in grado di consultare il fascicolo : forse che il sostituto non può fare ciò anche fuori dell'orario di segreteria? In tal senso, sotto il vecchio codice, era la Corte di cassazione ( Sez. III, 18 dicembre 1958,in Giust. Pen. 1959,II,col. 222 ). Inutile dire però che nella prassi é tutto il contrario che accade : il facsicolo se l'é preso il p.m.? Pazienza....si tornerà a leggerlo un'altra volta.
10) E infatti il difensore ha diritto a ottenere copia sia degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento sia di quelli contenuti nel fascicolo del p.m. ( fatta eccezione per i documenti oggetto di sequestro – su questo punto vedi l'insegnamento , dato da G. Sabatini, in Il codice di procedura penale illustrato art. per art. sotto la guida di U. Conti, Milano 1937, p.41, sotto il vecchio codice, ma da ritenersi valido anche per il nuovo ).
Lo studioso deve però sapere che richiedere copia di un atto ha un costo ( che va pagato con marche giudiziarie da comprarsi da una rivendita di valori bollati ). Costo diverso, a seconda che le copie si richiedano con “la urgenza” ( cioé si richieda che la copia sia subito rilasciata ) o “senza urgenza” ( cioé accettando che la copia venga rilasciata tre o più giorni dopo la richiesta ). Diverso é ancora il costo, a seconda che la copia la si voglia con la dichiarazione di conformità all'originale oppure “ad uso studio”.
11)Ciò che avviene con il deposito della “lista” previsto dall'art. 468.
Naturalmente perché il deposito della lista consenta effettivamente la contro-prova, occorre che il thema probandum non sia indicato in maniera generica. Sul livello di specificità che deve pretendersi, v. Riviello ( in Liste testimoniali ed indicazione di circostanze per l'esame, in Giust. Pen. 1993,III.c. 178 ss ).
Vero é anche, però, che un eccesso di specificità del thema probandum contrasta con le esigenze della cross-examination, che deve, per la sua efficacia, puntare sull'elemento sorpresa.
Il primo comma dell'art. 468 impone espressamente solo di indicare nella “lista” le circostanze su cui i testi ( i consulenti...) dovranno essere esaminati. In realtà l'indicazione dei testi ( dei consulenti....) é indirettamente resa necessaria dal fatto che per il comma 3 solo “i testimoni e i consulenti tecnici indicati nella liste possono essere presentati direttamente al dibattimento” Cosa per cui, tu, avvocato, se non indichi nella lista quel dato teste, non potrai giovarti della sua testimonianza, in quanto non potrai portarlo direttamente al dibattimento e, ciò che é lapalissiano, non potrai essere autorizzato a citarlo per il dibattimento.
12- Il legislatore non impone la indicazione, nella “lista”, delle prove documentali che la parte intende produrre ; eppure anche sul thema probandum di un documento la controparte potrebbe avere delle prove da produrre e la cui produzione richiede del tempo. Per spiegarsi la cosa si può pensare che il legislatore, per escludere che i documenti debbano essere indicati nella lista, si sia basato, da una parte, sul fatto che la loro controprova di solito ( ma non sempre ! ) é costituita da altri documenti e, dall'altra parte, sulla considerazione che di solito ( ma non sempre! ) tali altri documenti sono nella pronta disponibilità della contro-parte. E che l'idea del legislatore fosse di imporre la indicazione nella lista di tutte le prove la cui controprova si realizza con la deduzione di testi ( più in generale, con la deduzione di prove consistenti nell'esame di persone ) sembrerebbe confermato dal fatto che, alla regola che le prove documentali non vanno indicate nella lista, il legislatore fa eccezione ( nel co. 4bis) per quelle prove documentali che sono costituite dai “verbali di prova di altro procedimento penale” ( probabilmente partendo dal presupposto, a dir il vero erroneo, che tali “verbali di prova” raccolgano sempre prove testimoniali, quindi prove che vanno contrastate con la deduzione di altre prove personali).
13 ) E se la parte non indica le sue prove nel termine imposto dall'articolo 468 ( addirittura le indica solo al momento contemplato dall'articolo 493, non per la indicazione, ma per la richiesta di ammissione delle prove ) ? Niente paura, in tal caso il co.2 art. 493 ammette “ l'acquisizione” di tali prove indicate tardivamente, basta che la parte dimostri ( non di essere stata nell'impossibilità di indicarle nel termine di cui all'art.468, ma semplicemente ) “ di non averle potute indicare tempestivamente” ( il che fa pensare che anche la semplice difficoltà a rispettare il termine di legge – dovuta ad esempio a un viaggio all'estero a cui il difensore sia stato costretto - basti a giustificare e a sanare il ritardo) .
Con tutto ciò l'ammissione della prova ( tardiva ) dipende pur sempre, se non dalla discrezionalità, da una valutazione inevitabilmente soggettiva del giudice, cosa per cui diventa lecita la domanda se sia giusto che anche su chi deduce una controprova penda la spada di Damocle di una valutazione negativa del giudice sulla difficoltà di dedurla, valutazione negativa che impedirebbe l'accettazione della prova ( ancorché , risultasse la sua ammissibilità “ a norma di quegli articoli 190 comma 1 e 190bis” a cui si riferisce il co. 1 art. 195 ). A tale domanda a noi pare che si debba dare risposta negativa : chi vuol dedurre una controprova, potrà farlo anche all'udienza dibattimentale e in quel momento che di per sé, dall'art.493, sarebbe riservato alla richiesta della prova - questo senza necessità di domandare di essere rimesso nei termini ai sensi del co.2 art. 493 ( e nulla rilevando che la lista in cui era indicata la prova avversa fosse depositata sette o settanta giorni prima dell'udienza dibattimentale ). Chiaro però, che inevitabilmente egli ( idest, chi vuole dedurre la controprova ) dovrà chiedere un termine ( per la controdeduzione) , nel caso la prova avversa, fosse dedotta solo all'udienza ( come può ben accadere quando si tratti di prova documentale ).
Ma tale esenzione del termine di cui all'art 468 sussiste anche quando la controprova riguarda “circostanze non indicate nelle liste” ( ad esempio il p.m. tende a provare che l'imputato il 15 febbraio in quel di Milano uccise Pinco Pallino e l'imputato vuole dedurre in controprova che l'imputato il 15 febbraio si trovava, non a Milano, ma a Buenos Aires )? Noi riteniamo che così sia giusto e logico, tuttavia porta a dubitare che il legislatore alla logica si sia conformato il co. 4 art. 468.
La parte offesa é legittimata a depositare una “lista”? Sì, dato che l'art.90 la legittima a indicare elementi di prova. Però non é legittima alla richiesta di prove di cui all'art. 493. La parte civile che si costituisce dopo che é già scaduto il termine di cui all'art. 468 non può depositare la “lista”; però potrebbe chiedere l'ammissione delle prove indicate nella lista che lei avesse depositata nella sua qualità di parte offesa. Questo l'insegnamento della Corte di Cassazione. In base a tale insegnamento la parte offesa, che ha in programma di costituirsi parte civile solo all'udienza dibattimentale, dovrà avere l'avvertenza di depositare la lista in termini.
Un'ultima notazione : quando una parte vuole escutere come teste la parte offesa deve indicare questa come teste nella lista. Non la esime da ciò, il fatto che la parte offesa sia contemplata nel decreto di citazione e che questo sia a lei notificato.
Vedi anche quanto detto nelle successive note 27 e 41.
Note al terzo paragrafo : controllo della regolare costituzione delle parti.
14 -La dichiarazione di apertura dell'uidenza dà a questa un'opportuna solennità , ma non é imposta da nessuna norma ( e n realtà nella pratica quasi sempre viene omessa). Sul fatto che “l'udienza si apre senza formule particolari” con il semplice “ingresso del giudice nella sala”, v. Del Pozzo, Apertura del dibattimento – Diritto processuale penale, in Enc. Diritto, II, 587.
Va tuttavia detto che, per l'art. 21 Reg. C.P.P., l'ufficiale giudiziario ( o chi ne fa le veci, come spesso accade, dato che di solito l'ufficiale ha altro da fare che presenziare alle udienze penali e si fa sostituire) “ quando il giudice entra nell'aula ne dà l'annuncio ad alta voce”.
15) L'ordine in cui le cause saranno chiamate davanti al giudice risulta dal c.d. “ruolo”. Questo é un documento che indica le cause che saranno trattate all'udienza e, appunto, l'ordine in cui saranno chiamate. Nel ruolo , a tutela della privacy, non viene indicato il nome delle parti, ma solo quello dei difensori , oltre al numero di ruolo generale, e il reato addebitato. Per legge e precisamente per il comma 3 art. 20 Regolamento C.P.P., “ il ruolo é affisso a cura della cancelleria all'ingresso dell'aula di udienza un giorno prima di quello dell'udienza”. In realtà molto spesso viene affisso nello stesso giorno dell'udienza ( non raramente qualche minuto prima ).
16 ) Che tutti i testi non si presentino nella prima udienza di compariizone é la regola : infatti tale comparizione sarebbe per loro una inutile perdita di tempo in quanto tale udienza é dedicata alla costituzione delle parti ( in particolare, alla costituzione della parte civile ) , alla verifica della regolarità delle notifiche, ai patteggiamenti, cioé alla trattazione di questioni la cui soluzione potrebbe comportare un rinvio della causa ( e rendere la comparizione dei testi appunto una inutile per loro perdita di tempo ) Cioé nella prassi ci si comporta tacitamente come se il presidente avesse stabilito che i testi dovessero comparire solo alla seconda udienza ( esercitando così il potere, contemplato dal secondo comma art. 468, di “stabilire che la citazione dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'art. 210 sia effettuata per la data fissata per il dibattimento ovvero per altre successive udienze, nelle quali ne sia previsto l'esame”).
17 – A proposito di “parte civile” bisogna distinguere tra “legittimazione a costituirsi in giudizio” e “legittimazione a difendere in giudizio”.
E infatti la costituzione e la difesa in giudizio sono due attività diverse ( a cui in teoria potrebbero essere legittimate persone diverse ). Addirittura, sempre in teoria, Pinco Pallino, la parte che pretende di essere stata danneggiata dal reato, potrebbe proporre l'azione di risarcimento nel processo penale, cioé in questo “costituirsi ( di persona o per delega data al ragionier Parodi ), e...lì fermarsi, senza preoccuparsi ( al momento ) di difendere il suo diritto ( e quindi di nominare a tal fine un avvocato ). In tal caso potrebbe dirsi costituita in giudizio, ma non potrebbe svolgere attività difensiva ( chiedere l'ammissione di testi, discutere la causa ecc. ).Ciò che non significa che la sua costituzione non avrebbe rilievo giuridico ( ad esempio lo avrebbe ai sensi dell'articolo 75 co.3 : se Pinco Pallino, dopo essersi costituito p.c., avesse chiesto il risarcimento davanti al giudice civile, questo dovrebbe sospendere il procedimento civile ).
Stando così le cose nulla in teoria vieterebbe che Pinco Pallino, parte danneggiata, desse procura ( che dovrebbe essere speciale – vedi art.100 co.1 ) all'avvocato Plinio di far valere le sue ragioni davanti al giudice, ma desse procura ( che dovrebbe essere sempre speciale – v. art. 122 ) al ragionier Parodi di costituirsi parte civile.
Di conseguenza , lo diciamo qui ma, per l'importanza della cosa, torneremo a dirlo nel formulario, la parte offesa nella stesura dell'atto di costituzione deve stare bene attenta a chiarire a chi dà la procura a costituirsi e a chi dà la procura a difendere; e se, com'é naturale che sia, all'avv. Cicero dà sia la procura a difendere sia quella a costituirsi é bene che lo dica claris verbis. Per il resto, com'é logico , la sottoscrizione sia della procura a costituirsi che di quella a difendere possono essere autenticate dal difensore ( vedi l'art. 100 e l'art. 122, tenendo presente che questo ha dei “distinguo” che meritano da essere rilevati con una attenta sua lettura ) : di più, entrambe le procure, così com'é ancora logico che sia, possono risultare da un unico documento. Per avere le idee più chiare, lo studioso vada al formulario e si legga un “atto di costituzione”.
Veniamo al nostro sketch. L'avvocato Plinio, se avesse voluto essere un formalista ( ma ha fatto bene a non esserlo ) avrebbe dovuto dire “ Mi costituisco e assumo la difesa della signora Dolores con l'atto che ora deposito”. Deposito in mani di chi ? del cancelliere o del presidente? Io direi del cancelliere, che deve controllare la regolarità fiscale dell'atto ( e infatti chi si costituisce, così come risulta dallo sketch, non deve dimenticare di apporre sull'atto una marca dovuta al fisco). (???????)
Nello sketch , la persona danneggiata, la signora Dolores, risulta presente. Ma é bene chiarire che la presenza della parte danneggiata non é necessaria né al momento della costituzione né in seguito. Anche se tale presenza di solito non mancherà dato che di solito la parte danneggiata viene indicata in una “lista” come teste.
18) La c.d. toga é la “divisa” dei difensori. Il Manzini ( nel suo Trattato di diritto p.p., vol.II, paragrafo 268 ) da una descrizione accurata della toga - o meglio delle toghe, dato che il tipo di toga che l'avvocato deve indossare é diverso a seconda che egli sia iscritto all'albo speciale ( per le giurisdizioni superiori, Corte di Cassazione, Consiglio di Stato...) oppure no.
Il presidente può impedire a un difensore di esercitare il suo ministero solo perché, chiamata la sua causa, compare sprovvisto di toga ? Lo escluderei ( a meno che il comportamento complessivo del difensore non porti turbamento all'udienza, nel qual caso dovrebbe applicarsi l'ultima parte del co. 4 art. 471 ). Il presidente però potrà e dovrà fare rapporto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati che potrà adottare sanzioni disciplinari ( questa mi sembra anche l'opinione del Manzini, vedi Op. loc. cit.).
Sono rari gli avvocati penalisti che si recano all'udienza portandosi dietro una toga personale. Di solito l'avvocato si provvede di toga nello stesso Palazzo di Giustizia andando, prima di entrare nell'aula di udienza, nei locali in cui le toghe sono messe a disposizione ( certe volte a pagamento, certe volte gratuitamente, certe volte dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati, certe volte, se non erriamo, dagli ufficiali giudiziari ).
19 : Vedi art. 484
20 Vedi co.4 art.429.
(20bis) Notifica di che ? Ovviamente del decreto che dispone il giudizio. Ma chi dovrà provvedere alla notifica, il tribunale o il GIP ? Io direi il tribunale. E nel caso il processo avvenisse per “citazione diretta del p.m. , alla notifica del decreto di citazione ( non più, decreto che dispone il giudizio ) dovrà provvedere questi o il tribunale ? Io direi ancora che dovrebbe provvedere il tribunale.
21 – Ma fa una buona applicazione del diritto il tribunale ? C'é da dubitarne : infatti perché il giudice “possa procedere in assenza” dell'imputato occorre una rinuncia “espressa” di questo ad assistere al giudizio.
22- E fa bene l'avvocato Tacito a farne ora la richiesta, infatti per l'art. 446 co.1 la “richiesta di applicazione pena” può essere fatta solo fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento.
23 Giusta senz'altro la prima richiesta, é discutibile invece , se le parti debbano dichiarare la loro concorde volontà di inserire un atto nel fascicolo per il dibattimento al momento dedicato alla richiesta delle prove ( art. 493 ) o al momento dedicato alla discussione delle “questioni preliminari “ (per questa seconda alternativa farebbe propendere il n.4 art 491 ).
24. Da seduto, perché le ordinanze non sono pronunciate “in nome del popolo italiano” - arg.a ocntrario ex n.2 art.125.
25 -Ma al giudice ciò non impedirà ( v. co. 1bis art.507 ) “l'assunzione di mezzi di prova relativi agli atti” così acquisiti al fascicolo. E giustamente : in un processo, in cui domina l'interesse dello Stato all'accertamento della verità, le prove non possono essere lasciate totalmente nella disponibilità delle volontà, ancorché, concorde delle parti.
Il comma 1bis é in perfetta armonia con quello che lo precede che dà la possibilità al giudice di “disporre anche d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova”.
La Corte Costituzionale, con sent. 26 marzo 1993, n.111, Azzani – disattendendo l'interpretazione dell'art. 507 “ secondo la quale il potere del giudice di assumere d'ufficio mezzi di prova sarebbe precluso dalla carenza di attività probatoria delle parti e dalle decadenze in cui queste siano incorse” - rileva come tale ( inamissibile ) interpretazione “muova da una concezione alla stregua della quale il nuovo codice processuale, non tenderebbe alla ricerca della verità ma solo ad una decisione correttamente presa in una contesa dialettica tra le parti, secondo un astratto modello accusatoiro nel quale un esito vale l'altro, purché correttamente ottenuto” . Mentre é invece vero per la Corte che “ fine primario e ineludibile del processo penale non può che rimanere quello della ricerca della verità e che ad un ordinamento improntato al principio di legalità, nonché al connesso principio di obbligazione dell'azione penale, non sono consone norme di metodologia processuale che ostacolino in modo irragionevole il processo di accertamento del fatto storico necessario per pervenire ad una giusta decisione”.
E in realtà – secondo la Corte – il nuovo Codice, nonostante l'accolto principio accusatorio “ ha esattamente considerato – in armonia con l'obiettivo di eliminazione delle diseguaglianze di fatto proposto dall'art. 3,comma 2, della Costituzione – che la parità delle armi delle parti normativamente enunciata può talvolta non trovare concreta verifica nella realtà effettuale, così che il fine della giustizia della decisione può richiedere un intervento riequilibrante del giudice atto a supplire alle carenze di talune di esse; così evitando assoluzioni o condanne immeritate”.
26) – L'art. 146 del D. lg. 28 luglio 1989 ( contenente le norme di attuazione del C.P.P. ) recita : ( Nelle aule di udienza per il dibattimento, i banchi riservati al pubblico ministero e ai difensori sono posti allo stesso livello di fronte all'organo giudicante. Le parti private siedono al fianco dei propri difensori, salvo che sussistano esigenze di cautela. Il seggio delle persone da sottoporre ad esame é collocato in modo da consentire che le persone stesse siano agevolmente visibili sia dal giudice che dalle parti”.
Note a paragrafo quattro : richiesta prove
27) Se una parte vuole che sia assunta una data prova, non basta che depositi tempestivamente la “lista” di cui all'art. 468, occorre anche che di tale prova chieda, al giudice del dibattimento, l'ammissione ( v. art. 493 ).
Ma si dirà : l'ammissibilità di una prova non é già stata passata al vaglio del presidente, ai sensi del co. 2 art. 468 ? No, perché - a prescindere che tale vaglio del presidente, non riguarda tutte le prove, ma solo quelle testimoniali e se negativo comporta solo il rifiuto all'autorizzazione della citazione del teste - esso ( idest, tale vaglio ) viene effettuato con criteri diversi da quelli che il giudice del dibattimento deve adottare. Questi ( idest, il giudice del dibattimento ), per decidere se ammettere o no una prova deve far riferimento ai criteri dati dagli artt, 190 co.1 e 190bis, quello ( idest il presidente del tribunale ) deve far riferimento ai criteri dati dall'art. 468.
Ma il giudice del dibattimento può ( in applicazione dei criteri di cui al co.1 art 190 e 190bis ) ammettere un teste, di cui il presidente ha negato l'autorizzazione alla citazione ? Certamente sì : il giudice del dibattimento, così come può “ ammettere prove già ( da lui ) escluse” ( vedi co. 4 art. 495 ), così può ammettere prove escluse dal presidente ( e a maggior, in quanto, mentre il presidente prende la sua decisione senza sentire le parti , lui queste , prima di prendere la sua decisione, é tenuto a sentirle - vedi l'incipit del co. 1 sempre dell' art. 495 ).
28) – Questo é un modo sbrigativo, ma usuale, di dare alle altre parti quella possibilità, voluta dal co. 3 art. 495 “ di esaminare i documenti di cui é chiesta la ammissione”
29) Come si vede, il tribunale non pronuncia ( come invece vorrebbe il primo comma dell'art. 494 ) ordinanza per ammettere le prove. Dal momento che vi era l'accordo di tutte le parti per la loro ammissione, ciò é un errore veniale e tollerabile.
Il presidente si rivolge per primo al p.m., dato che, per il combinato disposto del co. 1 art 496 e del co. 1 dell'art 493 (comma uno e non due come per errore evidente risulta invece scritto nell'art. 496 ) “l'istruzione dibattimentale inizia con l'assunzione delle prove richieste dal pubblico ministero”.
30). Anche un giudice, che all'inizio del processo fosse assolutamente all'oscuro dei fatti di causa, non potrebbe rettamente giudicare sull'ammissibilità delle prove richieste dalle parti né adeguatamente dirigere il dibattimento.
Proprio per questo nella sua prima redazione il codice aveva dato al p.m. e alle parti il potere di dare al giudice, nel contesto della richiesta delle prove, un'idea sia pure sintetica delle tesi in fatto che intendevano dimostrare. Dopo che tale potere da una successiva “novella” é stato tolto, il giudice cerca di farsi un'idea dei fatti di causa in base al decreto di rinvio a giudizio ( o di citazione....) e agli atti che si trova inseriti nel fascicolo per il dibattimento ( in particolare, la querela, gli “atti irripetibili”....).
(31 ). Giusto ? sbagliato ?. Noi riterremmo, sbagliato. E non perché l'articolo 210 non sia applicabile a due coimputati chiamati a rispondere dei loro reati nello stesso processo ( e non in processi separati ) : se il reato di rapina potesse effettivamente considerarsi come reato “connesso” ( evidentemente ai sensi della lett.c art. 12 ) giustamente le garanzie previste dall'art. 210 co. 3 si applicherebbero al coimputato Bianchi. Solo ci sembra discutibile considerare la rapina un reato connesso con quello di favoreggiamento : a nostro modesto parere il Bianchi avrebbe potuto essere escusso come teste ( se come teste fosse stato indicato nella “lista” ).
( 32) Chi risponde a una domanda, di solito, parla per farsi comprendere da chi lo ha interrogato : é logico, quindi, che si rivolga a lui ( cioé faccia fronte a lui, permettendogli di percepire la mimica del volto e i movimenti delle labbra, che sono preziosi coadiuvatori del suono delle parole per renderle intelligibili ). Ma ciò non vale nelle aule di udienza : qui chi é interrogato deve farsi comprendere soprattutto da chi deciderà la causa : giusto, quindi, ch'egli si rivolga, nel dare le sue risposte, al giudice.
La diffida , fatta nello sketch dal p.m. , a guardare nel rispondere verso di lui, errata giuridicamente, é però valida psicologicamente : é un mezzo per affermare la sua autorità sull'interrogato. E in effetti chi lo interroga ha su di lui l'esercizio di una vera e propria autorità : non solo nel senso ( ovvio ) che può porgli domande a cui questi é obbligato ( salve eccezioni espressamente dalla legge contemplate) a dare una risposta, ma nel senso che può togliergli la parola ( se ad esempio divaga o si attarda su un'espoiszione di circostanze, a suo parere, irrilevanti ).
33)- La lettera dell'art. 207 riserva al presidente o al giudice” la contestazione al teste delle contraddizioni tra quanto da lui detto e quanto emerso dalle prove precedentemente escusse. Nel senso che la parte esaminatrice possa contestare alla persona esaminata solo le sue “precedenti dichiarazioni” ( e non quelle di terzi e comunque quanto risultante da altre prove) é pure la lettera del comma 1 art. 500 e del comma 3 art. 503 .
Ma perchè mai la parte che, durante un interrogatorio rileva una contraddizione, tra la risposta avuta e quanto da altri elementi emerge, non potrebbe contestarlo direttamente ( e non per tramite del giudice ) all'interrogato ? La mancanza di una valida ragione a ciò ci costringe ad interpretare estensivamente la legge. Contra , Illumunati, Libro VII, Giudizio, in AA.VV, Profili del nuovo codice di procedura penale, direzione di Conso-Grevi, Padova, 1990, p.360.
34) Solo nel caso di teste renitente ( di teste cioé che “rifiuta di deporre”) il presidente assume un provvedimento che fa ritenere una sua già raggiunta convinzione sulla responsabilità penale del teste ( per l'art. 366 c.p. ) : cioé la “immediata trasmissione degli atti al pubblico ministero perché proceda a norma di legge” ( v. seconda parte del comma 1 art. 207 ). Nel caso invece del teste che “rende dichiarazioni contraddittorie, incomplete o contrastanti con le prove già acquisite” ( e nella fattispecie dello sketch si rientra con tutta evidenza in quest'ultima ipotesi ) , egli si limita a far rilevare, quel che gli sembra una reticenza o una contraddiizone, al teste e gli rinnova “se del caso, l'avvertimento previsto dall'art. 497 ocmma 2” ( v. comma 1 art. 207) : tutto qui : trasmettere gli atti al p.m. perché proceda ( ovviamente per il reato di cui all'art. 372 cod. pen. ) costituirebbe un pericoloso vulnus all'immagine della sua obiettività ( farebbe insomma, il giudice, qualcosa che verrebbe percepito dalle parti e dal pubblico come una anticipaizone inammissibile della sua sentenza ) e questo senza apprezzabili vantaggi : il teste falso sottoposto allo choc dell'arresto in aula ( così come permetteva di fare il previgente codice Rocco ) può anche decidersi ad una ritrattazione : la semplice trasmissione degli atti al p.m. é un provvedimento troppo “morbido” per condurre a tali ripensamenti.
Se al momento di decidere la causa, sottoponendo ad esame e confronto tutto il materiale raccolto nell'istruttoria dibattimentale, le incompletezze e le contraddizioni del teste si confermeranno come frutto di una sua prava volontà di sviare la Giustizia od occultarle alcunchè, allora, sì, il giudice ( vedi comma 2 del già citato articolo 207 ) trasmetterà gli atti al p.m.
Chi invece farà bene a non “pensarci troppo su”, prima di ritrattare, sarà il teste falso : per il preciso disposto del comma 1 art. 376 cod. pen. un'eventuale ritrattazione – utile a salvarlo dalla pena, se fatta prima della “chiusura del dibattimento” ( art. 524 ) - dopo tale momento non servirebbe ad escludere la sua punibilità.
35 )- Noi riteniamo che il presidente abbia ragione e che sia ancora valido l'insegnamento ( espresso dal Foschini, in Il dibattimento penale, p.81 ) secondo cui può “escutersi un teste che, per errore o altro motivo, sia stato presente allo svolgimento di parte o di tutto il dibattimento, salvo naturalmente l'influenza che ciò potrà esercitare sulla valutazione della testimonianza”.
Giustamente ancora il Foschini rileva ( Op. cit. , p. 81 ) “come questo principio dell'isolamento sia frustrato nella prassi proprio con riferimento ai più gravi processi i quali durano parecchie udienze e sono oggetto di resoconti della stampa quotidiana. La conseguenza é che i testimoni che sono ancora da escutere possono dettagliatamente apprendere nei giornali il contenuto delle deposizioni già rese dagli altri e tutte le particolarità del dibattimento. Pertanto il loro isolamento in una stanzetta per la durata dell'uidenza si risolve in una misura ridicola”.
(36 ) . Come dovrebbe comportarsi un avvocato che vedesse calpestati in modo così evidente e grossolano i diritti della difesa ? Dovrebbe togliersi la toga e andarsene.
Infatti già si insegnava sotto il vigore del Codice Rocco ( G. Bellavista, Difesa, in Enc. Dir, XII, passim ) che l'abbandono della difesa “presuppone comunque l'esistenza di una difesa, sia pure conculcata e violata in qualche specifica esplicazione, se invece trattasi di circostanze tali per cui la difesa nella sua totalità é compromessa al punto di essere solo una parvenza di difesa, ben può il difensore rifiutarsi di simboleggiare ciò che in effetti non é sussistente”.
E tale insegnamento nell'attuale codice é recepito dal comma 3 art. 105 che esclude l'applicazione di ogni sanzione “ nei casi di abbandono o di rifiuto motivati da violazione dei diritti della difesa, quando il consiglio dell'ordine li ritenga comunque giustificati” e questo “ anche se la violazione dei diritti della difesa é esclusa dal giudice”.
( 37 ) - Il valente cross-examiner pone le sue domande, non a casaccio, ma seguendo un certo disegno strategico ( prima la domanda A, poi la B, quindi la domanda C ), in modo che le stesse risposte vengano a costituire una sorta di articolata dimostrazione del suo teorema ( difensivo o accusatorio ).
Non a caso un illustre studioso della procedura, il Vassalli, ha potuto dire che nell'interrogatorio incrociato si “dimostra provando”.
Detto questo si comprende perché non si possa ammettere l'inserimento di domande di terzi ( pure se questo “terzo” sia il giuidce ) durante l'esame che conduce una parte: rischierebbero, tali domande, di strappare l'ordito che l'examiner con pazienza cerca di intessere.
(38 ) - Ma qui il presidente sbaglia : esaurito l'interrogatorio il teste deve rimanere a disposizione della giustizia; a meno che il presidente , sentiti il p.m e le parti private, non lo licenzi.
Ma sul punto é opportuno riferire l'opinione più autorevole ( e ancora valida ancorché espressa sotto il vigore del Codice Rocco ) del Gu. Sabatini ( Op.cit., p. 250 ) :
“ Prima di licenziare il soggetto di prova, il presidente (…..) deve sentire il pubblico ministero e le parti, affinché ogni persona interessata faccia noto se convenga o no trattenerlo ancora per eventuali ulteriori domande. Se chi dirige il dibattimento ritenga di licenziarlo e il pubblico ministero o una delle parti insistano perchè sia trattenuto, il presidente ( deve pronunciare) ordinanza”.
(39 ) Foschini (in, Il dibattimento, cit., p.87 ): “(L'escussione dei documenti ) avviene mediante la loro formale pubblicazione al dibattimento, cioé mediante la formale e pubblica constatazione della loro esistenza e del loro contenuto documentale. La legge parla di lettura perché normalmente si tratta di documenti grafici, ma – a parte che in questi casi gli uffici delle parti hanno diritto alla loro visione – i documenti possono essere anche figurativi ( disegno, fotografia, schizzo ), fonografici o cinematografici. In questi casi la lettura sarà sostituita dalla visione o audizione” . Nella pratica si ammette, accanto alla “produzione” di un documento ( che implica perdita della disponibilità di questo per il “producente”, così come se – mutatis mutandis – fosse stato sequestrato ), la sua “esibizione” ( che si ha quando l'”esibente” sottopone all'osservazione dell'ufficio il documento, riservandosene però la disponibilità : si dà nelle mani del giudice il documento : questi lo esamina, ne fa constatare a verbale le parti essenziali e, poi, lo restituisce a chi glielo ha rimesso).
40) Vedi però il capv. Art. 507.
(41 ) Pertanto non é che l'istruttoria possa essere condotta sentendo, prima, un teste della difesa, poi, un teste dell'accusa, poi, di nuovo, un teste della difesa.
(42) Per cui spetterà al p.m., metti, stabilire se escutere prima il suo consulente tecnico o prima quel dato teste
Frigo Giuseppe ( Commento al nuovo codice di procedura penale, art. 496, p.202 ) :
“ Le regole ( introdotte dal nuovo codice) richiamano alla mente uno scenario ben noto e collaudato nei sistemi di common law, vale a dire la ripartizione dello spazio del trial ( giudizio, dibattimento ) nel prosecutor case ( in Inghilterra : Crown case ), in cui l'accusa presenta e rappresenta le sue prove, e nel defense case, in cui la difesa eventualmente contrappone le proprie”.
Il Frigo giustamente trova ( in, Op. cit,p. 209 ) il fondamento della “libertà della parte di organizzare l'ordine interno del suo caso nel “ comma 1 dell'art. 497, che, pur riferendosi solo all'ordine dei testimoni, altro non é se non l'espressione di una regola generale discendente dalla logica del sistema dei “casi”. Del resto, una volta riconosciuto che questo sistema é tale per cui nel “caso” di una parte rientrano tutte le prove richieste dalla stessa e ammesse, non si vede proprio a chi mai dovrebbe competere, se non ancora alla parte medesima, di stabilire in quale successione esse debbano essere acquisite”.
(43) Se cioé debba essere per primo il p.m. o la difesa dell'imputato ( o la difesa della p.c.....) a escutere le prove.
(44 ) Frigo ( Op. cit, p. 203 ) ritiene che dentro i “casi” ( idest, gli spazi di istruttoria alle parti riservati ) possano stare, non solo “le prove cosiddette orali, quelle che le parti escutono direttamente ( testimonianze (….) esame dei periti e dei consulenti )”, ma qualsiasi altro mezzo di prova “ e così, per esempio, l'esame di prove reali ( oggetti sequestrati ) o la lettura di determinati atti del fascicolo per il dibattimento”. E infatti – nota Frigo ( ivi, p. 204 ) - “ nella strategia del caso (….) può risultare necessario inserire anche una di queste prove ed, anzi, escuterla a un certo punto, solo così potendo essa assumere il “peso” che la parte medesima intende attribuirle e che altrimenti non avrebbe ( ove, ad esempio, fosse assunta in qualsivoglia altro momento). Si pensi, a titolo d'esempio, ad un esperimento giudiziale capace di corroborare immediatamente una affermazione all'apparenza incredibile di un testimonio”.
( 45 ) - Confronta sul punto Frigo ( Op. cit., p. 204 ): “ Né sfuggono alla disciplina dei “casi” i documenti. Vero é che essi, una volta ammessi già prima dell'istruzione dibattimentale ( ai sensi dell'rat. 495 ), sono inseriti nel fascicolo per il dibattimento ( art. 515 ). Ma ciò (….) non significa ancora “acquisizione della prova” : questa deve ancora avvenire e va inserita appunto “nel caso della parte che ha fatto ammettere il documento”.
( 46 ) Potrebbe, però, essere interesse della parte dar rilievo ( con la lettura ) o, addirittura, produrre un documento solo in altro momento, ad esempio nel corso del controesame di un teste indicato dall'avversario.
Nella pratica a ciò non sussistono ostacoli : la parte quatta, quatta aspetta il momento favorevole per tirare fuori il suo asso della manica : nessuno di solito fa eccezione, se la fa, l'art. 507 é ormai interpretato in maniera così lassista da permettere comunque l'acquisizione al processo del documento. A rigore, , i documenti dovrebbero essere prodotti all'inizio del processo ( v. melius l'art. 494 ) e letti nel momento detto nel testo ( naturalmente se la parte ritiene opportuna la lettura del documento prodotto – sulla sufficienza della ficta lectio di cui al comma 5 art. 511 per la utilizzabilità di un documento, vedi avanti sempre in “Commento allo sketch”).
(47 ) Le Osservazioni del governo, sub. art. 150, alle Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale , Doc G, 1990, nn. 2-3, 149, chiariscono che ratio della norma “ é evidentemente quella di evitare che l'imputato “ modelli” le sue dichiarazioni su ciò che hanno affermato i testi a discarico”, sostenendosi che così “ l'imputato sarebbe sottoposto all'esame prima delle prove a difesa”
“Si oblitera, però – nota con il consueto acume il G. Ubertis ( Giudizio di primo grado ( Disciplina del ), nel diritto processuale penale, in Digesto delle discipline penalistiche, vol V, 1991, Torino, p. 531, n. 46 ) - di considerare che il responsabile civile ed il civilmente obbligato per la pena pecuniaria assoggettatisi all'esame renderebbero comunque le proprie dichiarazioni ( verosimilmente a discarico ) prima dell'accusato”
(48 ) “In proposito viene in rilievo l'utilità delle indicazioni delle circostanze su cui deve vertere l'esame nelle liste depositate ex art. 468, comma 1, c.p.p.; proprio questo requisito consente di separare in più momenti dibattimentali ( corrispondenti alla distinta assunzione del complesso probatorio introdotto da ognuna delle parti ) l'escussione di una “comune” fonte probatoria e di discernere su quale oggetto di prova ogni parte si trovi nella posizione dell'esaminatore diretto e su quale in quella del controesaminatore, rispettando per ciascuna i differenti poteri riconosciuti nel corso del procedimento probatorio dall'art. 498 c.p.p” - così Ubertis, (in, Giudizio di primo grado, cit., p.531.).
L'Ubertis si domanda anche come ci si debba comportare “ quando un medesimo soggetto sia presentato a carico e a discarico sulla stessa circostanza”; e ritiene che qui “ la soluzione sembrerebbe essere quella di considerare come introdotto da chi accusa, dato che tutto il sistema é strutturato sul principio che in primo luogo spetta all'accusa provare le sue allegazioni, mentre alla difesa é affidato un compito di rimessa” ( ivi, p. 531)
49 ) Proprio per questo, il legislatore ( nel comb. disp. artt. 495 – 190 ) impone al giudice una particolare prudenza prima di denegare una prova ( per il motivo della sua irrilevanza ) : vanno da lui escluse solo “ le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti”.
Il Chiavario ( Processo e garanzie della persona, II, Milano 1984, 103 ) rileva come
“ di regola, la pertinenza e la rilevanza di una prova possono essere valutate appieno soltanto a posteriori, ossia nel contesto dell'intero potenziale probatorio” e da ciò deduce l'esigenza di non “escludere a priori delle prove” “ in via di principio” “ sol perché possono apparire verosimilmente “ non pertinenti” o “ non rilevanti”.
Per l'Ambrosini ( Op.cit., p. 187 ) sono “manifestamente irrilevanti quelle ( prove ) che non attengono all'oggetto dell'imputazione, cui forse possono aggiungersi quelle che, pur attenendo all'oggetto dell'imputazione, non hanno alcuna possibilità di incidere sulla decisione”.
A noi sembra giusto definire le prove irrilevanti come quelle che non hanno la capacità di incidere sulla decisione ( della causa). Giusto ma incompleto : perché il vero problema é lo stabilire a quali criteri si dovrà attenere il giudice per valutare la possibile incisività del fatto ( che la parte domanda di provare ) sulla sua decisione. E qui – premesso che l'accertamento di un fatto può venire ad incidere sulla decisione ( di una causa ) in base ad una data interpretazione di legge o in base all'accettazione di una data massima di esperienza – noi riteniamo che il giudice debba ritenere rilevante una prova solo che il fatto probandum possa venire ad incidere sulla decisione della causa ( sua o dell'eventuale giudice di appello ) in base ad una massima d'esperienza o ad un'interpretaizone della legge, ragionevole ( ancorché da lui non ritenuta corretta ).
Ambrosini G. (Op.cit.,p.190 ) : “L'ammissione delle prove ( e delle controprove ) nella fase iniziale del dibattimento non pregiudica la possibilità che, in un momento successivo, sorga questione – di carattere incidentale - relativa all'inammissibilità di prove già ammesse, all'ammissibilità di prove già dichiarate inammissibili, o all'ammissibilità di nuove prove .
Per quanto concerne le nuove prove – continua l'Ambrosini - provvede espressamente l'art. 507. Per gli altri casi l'art. 495.4 lascia ampio margine alle parti di proporre eccezioni, senza predisporre una casistica. Si deve , perciò, ritenere che quando nel corso del dibattimento una prova prima ammessa si appalesi manifestamente superflua, cioé tale da non aggiungere alcun elemento ai dati già acquisiti, una parte possa chiederne l'inammissibilità; il che può anche avvenire quando la prova stessa si appalesi manifestamente irrilevante o venga evidenziato un divieto di legge in precedenza non rilevato . All'opposto una prova valutata dal giudice superflua o irrilevante può dimostrarsi, nel prosieguo del dibattimento, utile al fine di decidere ed essere quindi “recuperata” (….) Non vi é limite cronologico – é sempre l'Ambrosini che parla - alla proposizione della questione incidentale in materia di prove. La questione può sorgere od essere proposta fino al momento in cui si dichiari conclusa l'istruttoria dibattimentale, ossia la fase di acquisizione delle prove. Anche oltre tale termine, a norma dell'art. 507, é pur sempre possibile che di ufficio il giudice disponga l'acquisizione di “nuovi” mezzi di prova ; tra questi non si può escludere che siano ricompresi quelli non ammessi in precedenza”.
Nappi ( Guida al nuovo codice di procedura penale, Giuffré, 1992,p.310 ) : “L'art. 507 consente al giudice di ammettere d'ufficio qualsiasi prova nuova, anche quella che le parti avrebbero potuto richiedere tempestivamente. Legittima, così, l'ammissione anche di prove dalle quali le parti siano decadute. E non sarebbe ragionevole distinguere il caso in cui la decadenza riguardi una prova richiesta tardivamente, che non sarebbe ammissibile, e il caso in cui la decadenza riguarda una prova non richiesta affatto, che sarebbe ammissibile ex art. 507”.
Come si é visto in una precedente nota, tale assunto del Nappi ha avuto l'autorevole avallo della Corte Costituzionale.
Al Nappi la disposizione dell'art. 507 però “ non sembra riferibile ai mezzi di ricerca delle prove (….). E' da ritenere che sequestri, ispezioni e perquisizioni potranno essere disposti d'ufficio soltanto quando tendano alla ricerca di una cosa o di un documento la cui acquisizione sia per legge obbligatoria” ( Op. cit., p. 311 ).
(50) Che il racconto spontaneo risulti “più vivo e meno deformato” era l'assunto della maggior parte dei piscologi. Sul punto cfr. E. Mira y Lopez, Manuale di psicologia giuridica, Firenze, 1966,141 ss; L. De Cataldo Neuburger, Psicologia della testimonianza e prova testimoniale, Milano, 1988,171ss.
51) Il Frigo ( Commento al nuovo codice di p.p.,vol. V, 1991, p.229 ), dopo aver ricordato l'assunto di autorevoli psicologi secondo cui “ la testimonianza ottenuta tramite interrogatorio rappresenta il risultato del conflitto tra ciò che il soggetto sa e ciò che le domande tendono a fargli dire” - ne deduce che diviene allora “illusoria o mistificante la consegna dell'interrogatorio all'esclusiva di un solo soggetto “neutrale” mentre appare più utile, a far emergere le conoscenze del teste, l'interrogatorio ad opera dei portatori degli interessi contrapposti. Ma, in questa prospettiva, non può non risultare dannosa o pericolosa ( o, almeno, inutile ed eterogenea) la narrazione “continuata”
52 ) Tutto al contrario l'art. 105 comma 2 c.p.p. 1865 recitava: “ Dopo la deposizione ( del testimone ), l'imputato od accusato, o i suoi difensori potranno interrogarlo (…..)” .
Sul punto nulla di espresso diceva il Codice Rocco, però l'insegnamento prevalente si conformava alla tradizione giudiziaria francese. “ Nell'ambito ( di questa ) - stiamo usando le parole del Frigo ( Opera cit. , p.224 ) - si teneva a sottolineare (….) che, prima d'ogni altra cosa, i testimoni dovessero venire ascoltati e non già interrogati e che soltanto alla fine gli si potessero muovere rilievi e domande, anche su sollecitazione delle parti”.
Ogni interruzione – sosteneva M.F. Hélie ( Traitè de l'instruction criminelle, VIII, Paris, 1858, 1753ss) – può turbare l'ordine delle idee del testimone e inficiare la spontaneità della deposizione; egli é libero di fare le proprie dichiarazioni come crede e questo suo diritto deve essere protetto , sicché il presidente non deve permettere alcuna domanda prima che la deposizione sia finita e lui stesso deve guardarsi accuratamente dall'interporre osservazioni che non siano strettamente necessarie”.
53 ) Pertanto tra “ le più rilevanti regole relative all'esame nella cross-examination” “é da considerare, innanzi tutto, quella del divieto della narrazione continuata, provocata da una domanda generica e generale ( per esempio: “che cosa sa dei fatti addebitati all'imputato?”). Ovvio é che si tratta di un divieto attinente alla direct-examination ( in sede di controesame, invero, esso sarebbe superfluo, poiché a nessun cross examiner verrebbe mai in mente di....offrire una simile opportunità a un teste introdotto dalla controparte). Lo scopo é palesemente di evitare che il teste venga a riferire una lezioncina preparata e imparata” - così Frigo ( Op. cit.,p.229 ).
54 ) Nelle indagini per un reato di “maltrattamenti” ( art. 572 c.p. ) un teste dice che vide l'imputato causare delle lesioni alla moglie con un bastone e la polizia verbalizza “vidi l'imputato bastonare la moglie”.
55 ) Il teste dice “ l'imputato bastonò la moglie”, ma, su domanda della difesa, chiarisce : “ in realtà direttamente vidi solo i lividi che mi mostrò la moglie”.
56 Perché non é detto che l'interrogato non sia in grado di dare convincenti spiegazioni della discrasia tra quel che prima fu verbalizzato e quello che ora al giudice va dicendo.
57 ) Per cui, ad esempio, “le dichiarazioni ( dei testi ) assunte dal giudice a norma dell'articolo 422 costituiscono prova dei fatti affermati” ( v. comma 6 art. 500 ); mentre le dichiarazioni ( sempre dei testi) assunte dal p.m. o dalla polizia non la costituiscono, a meno che sussistano “altri elementi di prova che ne confermino l'attendibilità” ( v. comma 4 sempre art. 500 ) o comunque altri elementi ( vedili indicati nel comma 5 art. 500 ) che riducano l'attendibilità delle testimonianze rese al dibattimento.
Per cui, ad esempio, “le dichiarazioni ( delle parti )” - se ad esse “ il difensore aveva diritto di assistere” e se furono assunte dal “pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero”( vedi comma 5 art. 503) – possono costituire prova dei fatti affermati, mentre non la possono costituire se ad esse non poteva assistere il difensore o comunque furono raccolte dalla polizia senza delega del p.m.
58 ) G. Ubertis ( in, Giudizio di primo grado, cit.,p. 512 ) : “ In linea generale, dunque, coerentemente con la scelta di privilegiare la prova formatasi al dibattimento, la dichiarazione utilizzata per la contestazione, anche se letta dalla parte, non può costituire prova dei fatti in essa affermati. Può essere valutata dal giudice per stabilire la credibilità della persona esaminata ( art. 500, comma 1, e 503, comma 4, c.p.p. ) potendosene fare quindi un uso probatorio soltanto indiretto : nella sentenza il giudice potrà dire che non crede che sul luogo del delitto vi fosse una Fiat Croma perché il teste ha indicato un'altra auto nelle indagini preliminari. Non potrà invece affermare che la macchina coinvolta nell'episodio fosse una Alfa 90”.
59 ) Più precisamente il codice ammette che possa darsi lettura:
a) “ degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero e dal giudice nel corso dell'udienza preliminare quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne é divenuta impossibile la ripetizione” ( art. 512 ) - mentre se invece la ripetizione é divenuta impossibile per fatti o circostanze prevedibili e che pertanto avrebbero dovuto suggerire il ricorso all'incidente probatorio, imputet sibi la parte che non vi ha fatto ricorso ( pur avendo interesse ad un nuovo esame del dichiarant );
b) “ dei verbali di dichiarazioni rese dal cittadino straniero residente all'estero se la persona non é stata citata, ovvero, essendo stata citata, non é comparsa” ( art. 512 bis ) - qui a rigore un nuovo interrogatorio non sarebbe impossibile ( tramite rogatoria estera), però sarebbe troppo complicato senza dare sostanzialmente ( per la mancanza della cross-examination ) migliore affidamento delle dihciarazioni prima verbalizzate;
c) dei “ verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare” se questi é “ assente ovvero si rifiuta di sottoporsi all'esame” - qui la lettura serve a bloccare e a neutralizzare l'escamotage di un imputato che, sapendo di aver fatto dichiarazioni troppo compromettenti ( nei precedenti interrogatori ) non vuole sottoporsi all'esame ( in sede dibattimentale) per impedirne l'utilizzazione ( tramite appunto la tecnica delle “contestazioni” );
d) dei verbali delle dichiarazioni “rese dalle persone indicate nell'art. 210” nei casi in cui non é possibile procedere alla loro escussione ( vedi melius, comma 2, art. 513 come mdificato da Sent. Corte Cosittuizonale 3 giugno 1992 n. 254);
e) “ dei verbali degli atti indicati nell'art. 238” ( vedi art. 511bis ).
60 ) Pier Paolo Riviello ( Letture consentite e vietate, in Digesto delle discipline penalistiche, vol. VII, p.406 ): “La lettura, a norma dei commi 2 e 3, deve essere sempre successiva all'esame del testimone, della parte o del perito, e ciò evidentemente al fine di evitare un automatico “allineamento” da parte di tali soggetti alle dichiarazioni rese in precedenza”-
) Avverte Nobili Massimo ( Preparazione dell'udienza dibattimentale, in Il nuovo rito penale, fascicolo monografico di Difesa penale, p. 109 ) che “nonostante una pericolosa lacunosità delle norme, non ( é) sufficiente qualsiasi contestazione ( di alcune parole soltanto, ad esempio ), per determinare il trasferimento, nel fascicolo, di un intero e più esteso documento della fase preliminare. Giova insistere : l'acquisizione dibattimentale di dichiarazioni anteriori ha una portata più ristretta rispetto alle contestazioni. E queste ultime sono ammesse ( dagli artt. 500 comma 2 e 500 vomma 3 ) solo su “fatti” e su circostanze specifiche. Dobbiamo perciò concludere che non sempre si potrà allegare l'intero documento da cui venne tratta la dichiarazione. L'opinione interpretativa or ora esposta riceve conferma dalle dizioni testuali della legge: secondo gli artt. 500 e 503 sono “ acquisite nel fascicolo dichiarazioni”. Per contro, gli artt. 467, 515 e 431, ad esempio, dispongono in termini significativamente diversi : i “ verbali sono inseriti” ; nel fascicolo “sono raccolti gli atti ( dei ) verbali”.
62) Tale é il consiglio che dà il Nobili ( Op.cit., p.109 ) : “Poichè il nuovo codice ha trascurato di dettare apposite disposizioni operative, forse l'unica soluzione consiste nel realizzare simile peculiare e parziale acquisizione probatoria, proprio per mezzo del verbale di cui all'art. 510, anziché tramite allegazione dell'atto ( documento) integrale. Ma la soluzione risulta innegabilmente complicata ed é realistico nutrire dubbi sulla sua “tenuta” “nella futura prassi applicativa”.
63 ) P. Paolo Rivelli ( Letture consentite, cit. p.406 ) : “ In assenza della lettura e della indicazione di utilizzabilità, gli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento non potranno dirsi “legittimamente acquisiti” ai sensi dell'art. 526 e non saranno dunque valutabili per la deliberazione”
64) Infatti la ficta lectio “certamente preclude ogni possibile rapporto fra gli strumenti uitlizzati e i terzi estranei al processo, e quindi ogni possibile conoscenza di essi da parte dell'opinione pubblica” - così Jolanda Calamandrei ( Immediatezza – principio di - ) in, Digesto delle discipline penalistiche, vol VI, 1992,p.156 ).
65 ) La lettura ( integrale ) sembrerebbe anche necessaria, per l'utilizzazione degli atti di cui agli artt. 511bis, 512, 512bis, 513. A meno di pensare a una imperfezione nella tecnica legislativa di formulazione dei relativi articoli.
66 ) Prima dell'udienza l'imputato ebbe la felice idea di prendere carta e penna e di scrivere “Sono io l'assassino”, ci mise la sua firma e diede il tutto ai parenti dell'ucciso : questi vengono all'udienza con la preziosa carta in mano e di essa non dovrebbe tenersi conto ?!
Note a paragrafo V : domanda di oblazione- remissione di querela
67 ) E giusta la tesi dell'avv. Cicero pare anche a noi. Può sembrare strano che la sottoscrizione dell'imputato in una domanda di “applicazione pena” relativa ad una contravvenzione, debba essere autenticata ( v. art. 446 comma 3 ), e, in una domanda di oblazione per identica contravvenzione, non lo debba essere. Però, nel silenzio della legge, così va ritenuto. E peraltro anche in un atto di opposizione a decreto penale e in un atto di impugnazione la sottoscrizione non va autenticata; ed essi sono senz'altro atti non meno importanti di una domanda di oblazione.
Per un eventuale approfondimento della questione, lo studioso si legga gli articoli 461 ( facendo attenzione al suo comma 3 ), 464 ( facendo attenzione al suo comma 2 ), 582.
Sul punto che la sottoscrizione dell'atto di impugnazione non vada autenticata, vedi la seguente precisazione della Suprema Corte ( sent. Sez. Un. , 21 luglio 1992,n. 8141, Caselli) : “Non occorre l'autenticazione della sottoscrizione ( prevista soltanto per il caso di spedizione a mezzo del servizio postale ) quando l'atto di impugnazione di una parte sia presentato in cancelleria da un incaricato, ai sensi dell'art. 582, comma 1 c.p.p.
68) Infatti chi effettua l'oblazione deve pagare le “ spese del procedimento” ( v. artt. 162 e 162bis nel loro primo comma ) - il cui calcolo richiede la competenza del “cancelliere”.
69) Per l'art. 162bis occorrerebbe depositare, al momento della presentazione della domanda, una “somma corrispondente alla metà del massimo dell'ammenda” ( v. il comma 2 articolo citato).
70). Ma come effettua il pagamento dell'oblazione l'avv. Cicero I ? Molto semplicemente : va in una banca, si procura un modulo F24, lo compila, lo paga e ha fatto tutto.
71) Peraltro anche nel silenzio dell'atto di rimessione le spese di questo incomberebbero al querelato ( v. art 340 co.4 )
72) Sull'atto di remissione ( così come su l'atto di querela ) non occorre pagare nessuna imposta di bollo. Insomma, per fare una “remissione”, non occorre la carta bollata, ma la carta uso bollo o più semplicemente una carta bianca
Presso molti uffici giudiziari, col nuovo codice, si é affermata la prassi di non far risultare la rimessione da separato verbale .